Ascoli - Un'ottima terapia contro l'imperversare del coronavirus è soffermarsi a riflettere sulla bellezza. E quando la bellezza viene offerta dalla tua città che non finisce di stupirti ogni volta che sollevi un velo che cela un nuovo volto, colori, immagini che arrivano dal 1200 e poggiano la loro realtà sulla romanità e addirittura forse su resti amcora precedenti, magari piceni, allora per il tempo che sei a contatto con questa scoperta dimentichi il martellante e mediatico flusso dell'emergenza coronavirus che ti fa diventare giocoforza elemento passivo di una vita che sembra quella di un'altra persona che vive dentro di te.
La cripta di S. Emidio è stata per così dire decriptata. Un progetto di recupero finanziato dalla Fondazione Carisap nell'ambito del Masterplan Terremoto riporta alla luce una cripta dalle volte colorate che il direttore del èrogetto di restauro Rino Altero Angelini ci illustra illuminando immagini recuperate e mura che verranno abbattute tra breve che nascondono altri tesori.
Il vescovo Giovanni D'Ercole ha ringraziato la Fondazione Carisap per l'impegno profuso. Ma le sorprese non sono finite qui. Entro l'ann sarà possibile visitare dopo il recupero anche òa parte detta della catacombe.
In questo intervento Angelo Davide Galeati, presidente della Fondazione Carisap, sintetizza quest'azione che darà altre possibilità alla città nel richiamo di flussi turistici.
Nel Piano pluriennale 2017 – 2019 l’Organo di indirizzo della Fondazione ha deliberato di intervenire per tentare di ovviare alle gravi conseguenze del terremoto che, a più riprese, ha duramente colpito e purtroppo continua a tenere in apprensione la nostra comunità, mettendo a disposizione un importo complessivo di € 6.000.000. La Fondazione si è innanzi tutto messa al lavoro per la difficile identificazione degli interventi più adeguati da mettere in atto, al fine di impiegare le risorse stanziate nel miglior modo possibile. A questo scopo, la Fondazione ha aperto un canale diretto con la comunità ed ha invitato enti, organizzazioni, singoli cittadini, a presentare le proprie idee e priorità di interesse collettivo.
Nella riunione del 28 luglio 2017 l’Organo di indirizzo della Fondazione, tenuto conto di quanto emerso dalle indagini sui fabbisogni, ha approvato il documento “MASTERPLAN – OBIETTIVI STRATEGICI DI CONTRASTO ALLE CONSEGUENZE DETERMINATE DAL SISMA”, dove sono indicati sei obiettivi strategici che la Fondazione deve perseguire, di seguito descritti.
In particolare, l’Obiettivo n. 3 del Masterplan pone alla Fondazione l’obbligo di Sostenere il patrimonio architettonico ed artistico attraverso il recupero degli edifici storici fortemente legati all’identità ed alla storia della comunità anche quale veicolo di promozione turistica.
Per raggiungere tale obiettivo la Fondazione ha deciso di: Individuare beni culturali ed architettonici particolarmente significativi per il loro valore e per la riconoscibilità in termini di importanza.
Nell’ambito del recupero dei beni culturali e architettonici, l’Organo di indirizzo ha anche espresso l’auspicio di un intervento sul Duomo di Ascoli dove è presente un problema di deterioramento degli affreschi, atteso che la Cattedrale di Ascoli è un bene non solo della Diocesi e della città ma di tutto un territorio, anche per l’alto valore simbolico della presenza di Sant’Emidio. Il Consiglio di amministrazione della Fondazione ha pertanto deciso di realizzare, in sinergia con la Diocesi Di Ascoli Piceno, il progetto Restauro e salvaguardia degli impianti pittorici della cattedrale, rendendo disponibile un importo di Euro 400.000.
Una scheda sintetica sul recupero
La scalcinatura degli strati superficiali di intonaco hanno evidenziato su tutte le vele delle campatelle l’esistenza di elementi figurativi di epoche diverse (XIII-XV secolo) che ornavano la tomba del Santo Patrono. Il primo strato pittorico è caratterizzato dalla presenza di stelle ad otto punte di color rosso, identiche per forma e dimensione, ma probabilmente anche per epoca e realizzatore, a quelle recuperate recentemente sulle pareti dell’eremo di San Marco e sulla parete di fondo del Salone Caffarelli, all’interno del Palazzo vescovile. Successivamente le stelle vennero ricoperte da un nuovo strato di intonaco e sovradipinte con figure di Santi, Vescovi, Padri della Chiesa, Apostoli e Profeti contornati da ghiere fitomorfe di grande impatto coloristico e figurativo. Anche se notevolmente manomessa dagli interventi successivi che hanno danneggiato soprattutto i volti, questa straordinaria testimonianza artistica, per la fortunata presenza delle sottostanti sinopie, nella sua complessità compositiva sotto la sorveglianza della Soprintendenza è in fase di avanzato recupero grazie alla pluridecennale esperienza del restauratore Rino Altero Angelini coadiuvato da Dario Di Flavio e da Daniela Lenzi.
L'architetto Michele Picciolo con Rino Altero Angelini e l'architetto Daniele Di Flavio
Restauri nella cripta della cattedrale di Ascoli Piceno importanti testimonianze d'arte medievale
di Michele Picciolo Direttore Scientifico del Museo Diocesano
La costruzione della cripta nella
Cattedrale di Ascoli è da collocare tra i secoli XI e XII quando,
secondo la tradizione, nel cimitero ipogeo di Campo Parignano furono
rinvenuti i resti del primo vescovo Emidio (martirizzato nel 308/309)
che il vescovo Bernardo II (1045/1069) volle traslare in un luogo più
adeguato e degno per la loro venerazione. Da quel momento la
Cattedrale, già consacrata a Santa Maria Madre di Dio, venne
condedicata a Sant'Emidio. La cripta venne realizzata incidendo
profondamente il terreno fino ad arrivare ad una quota nettamente
inferiore a quella delle più antiche fondamenta dell'edificio di
epoca romana preesistente del quale restano in situ, oltre ad alcune
possenti muraglie fondali, basi e fusti di colonne incassate nella
compagine muraria che insieme a frammenti di mosaici pavimentali
segnano ancora oggi la quota originale dell'antico edificio. Più
volte nei secoli è cambiata la posizione del suo accesso, prima
ubicato al centro della navata, poi chiuso e riprogettato da Giuseppe
Giosafatti (1643-1731) che seguendo il gusto barocco tipico
dell'epoca trasformò radicalmente l'antico assetto romanico del
sito.
Eliminò infatti le colonne in travertino di due navatelle
centrali creando una navata centrale più ampia poggiante su colonne
binate in marmo rosso di Verona con basi e capitelli in bianco di
Carrara. Ritengo che questo accostamento, in evidente contrasto tra
la finitezza e la policromia della realizzazione giosafattesca e il
restante ambiente ipogeo romanico rimasto integro nella sua
essenzialità e "rusticità" degli elementi lapidei di
reimpiego abbia trovato il suo senso in questi ultimi mesi in cui la
cripta è stata oggetto di un radicale restauro. Solo ora infatti si
è potuto constatare, da pochi ma eloquenti resti cromatici, che le
colonne in travertino erano originariamente coperte da un sottile
strato di tonachino dipinto di color rosso mattone, probabilmente per
alludere simbolicamente al martirio e al sangue versato dal Santo
Patrono.
Nel sec. XIX il Vescovo Elia Antonio Alberani (1860-1876)
avviò una campagna di restauri della Cattedrale che vennero
realizzati solo dopo la sua mode dal Vescovo Bartolomeo Ortolani
(1877-1908) dal pittore romano Cesare Mariani che affidò all'allora
famosissimo architetto Giuseppe Sacconi (originario di Montalto
Marche che a Roma stava realizzando il grandioso monumento a Vittorio
Emanuele) il progetto di riapertura del varco centrale di accesso
alla Cripta. Il Sacconi concretizzò il vecchio progetto del
Giosafatti realizzando un ingresso centrale "che dalla nave
maggiore conduce direttamente al piano dell'ipogeo". Nel 1967 il
vescovo Marcello Morgante (1957-1991) per ragioni liturgiche fece
chiudere nuovamente l'accesso centrale aprendo due scale ai lati
delle pareti delle navate laterali. Le reliquie del Vescovo Emidio,
insieme a quelle dei compagni di fede Euplo, Germano e Valentino,
furono raccolte in quattro casse di legno e coperte da preziosi
tessuti vennero trasportate in processione da Campo Parignano in
Cattedrale e collocate in un sarcofago di romano di reimpiego che
presenta al centro del fronte principale una porta socchiusa
inquadrata da un portale con timpano sorretto da due lesene. Ai lati
sono scolpite strigilature comprese tra due geni reggi fiaccola che
definiscono gli angoli, mentre sui lati corti del sarcofago sono
scolpiti due scudi sormontati da lance incrociate, elementi
decorativi questi che suggeriscono l'originario uso del sarcofago per
la sepoltura di un soldato di alto rango. Sulla lastra di chiusura è
incisa l'epigrafe +CUM SOCIIS ALMS. EMINDIUS: HIC REQUIESCIT+.
Su questa, nel 1959, in occasione della
Ricognizione Canonica delle reliquie il Vescovo Marcello Morgante ne
fece posizionare una seconda sulla quale fece incidere l'epigrafe
+MARCELLUS MORGANTE EP.US S.S EMIGDII ET SOC. RUM RELIQ. RECOGN.
PRIDIE PERACTA H. ARAM PORT. III JULII MCMLIX CONS+
Sull'altare-sarcofago nel 1618 fu posta una pregevole statua lignea
policroma di S. Emidio benedicente, conservata nel Museo Diocesano,
che venne sostituita nel 1726-30 dal gruppo scultoreo realizzato in
marmo da Lazzaro Giosafatti (1694-1781) con Sant'Emidio che battezza
Polisia. Nel 1948 Lorenzo Sabatucci scriveva: "fu tra l'XI e il
XII secolo che venuto in uso il gusto delle Cripte, quasi a ricordare
le Confessioni delle basiliche romane, si rialzò il piano della
navata trasversa della Cattedrale, si costruirono le due absidine in
corrispondenza delle navi laterali e di sotto, per tutto lo spazio
della stessa navata e dell'abside centrale...su frammenti di antiche
colonne di rude bizzarra fattura, si girarono gli archi e si creò il
magnifico Sotterraneo, che mediante una lunga scalea venne congiunto
alla nave centrale." La cripta attualmente è costituita
longitudinalmente da undici navatelle e trasversalmente da quattro
più altre sei che definiscono la copertura di ognuna delle tre
absidi.
Le quarantaquattro campate sono sorrette da 45 fusti di
colonne di reimpiego in travertino e in marmo, alcuni dei quali di
epoca romana, che poggiano su basi anch'esse antiche e sono
sormontati da capitelli diversi tra loro sia per tipologia che per
fattura. La porzione centrale della Cripta fu demolita nel 1704 da
Giuseppe Giosafatti e ricostruita secondo il gusto scenografico
dell'epoca con 18 campate di maggiore luce con volte a crociera
sorrette da 36 colonne in marmo rosso di Verona con basi e capitelli
in marmo bianco di Carrara. Le nuove volte vennero decorate da Don
Tommaso Nardini (1658-1718) insieme al pittore bolognese Antonio
Colliri, la porzione finale dell'abside, corrispondente all'area dove
è collocato il sepolcro di Sant'Emidio, fu ricoperta da un ciclo di
mosaici realizzati nel 1954 da Pietro Gaudenzi per volontà del
vescovo Ambrogio Squintani. In seguito ad alcuni saggi effettuati nel
1993 sulle vele di alcune campate dei settori laterali, sotto diversi
strati di intonaco sono riemersi importanti affreschi risalenti ai
secoli XIII-XV con figure di Apostoli e di Santi ed elementi
decorativi fitomorfi nei sottarchi la cui importanza ne ha suggerito
il recupero e la valorizzazione. Le volte successivamente vennero
ridipinte dal Nardini che aveva realizzato anche alcune tele con
scene di miracoli del Santo Protettore e come si legge su due archi
della navata centrale successivamente restaurate nel 1892 durante i
lavori di ripristino della Cattedrale eseguiti da Cesare Mariani
(1826-1901) che fece trasferire nella cripta la maggior parte delle
epigrafi, dei sarcofagi e delle memorie funerarie originariamente
collocate sui pilastri e sulle pareti della Cattedrale.
Più volte
abbiamo scritto anche degli interventi decorativi nella cripta, da
quelli più esuberanti realizzati nella navata centrale da Don
Tommaso Nardini coadiuvato da Antonio Collivi, fino ai mosaici fatti
realizzare nel 1954 dal Vescovo Ambrogio Squintani (1937-1957) su
disegno di Pietro Gaudenzi nell'area dove è posta la tomba del Santo
e abbiamo ricordato anche i saggi effettuati negli anni novanta del
secolo scorso sulle volte delle navatelle laterali che avevano
suscitato interesse tra gli studiosi e creato aspettative sulla
natura ed epoca dei dipinti sottostanti. Nel 2019 per volontà del
Vescovo Giovanni D'Ercole e dell'Amministratore della Cattedrale Don
Angelo Ciancotti, che con il suo infaticabile impegno è riuscito ad
ottenere dalla Fondazione Carisap i fondi necessari per realizzare i
lavori, è stato promosso il restauro integrale di questo
straordinario luogo di culto e di arte.
La scalcinatura e il descialbo degli strati superficiali dell'intonaco hanno evidenziato su tutte le vele delle campatelle l'esistenza di elementi figurativi di epoche diverse (XIII-XV secolo) che ornavano la tomba del santo Patrono mai testimoniati prima dagli scrittori di Storia Patria. Il primo strato pittorico risalente alla fine del XIII secolo è caratterizzato dalla presenza di stelle ad otto punte di color rosso, identiche per forma e dimensione, ma probabilmente anche per epoca, a quelle recuperate recentemente sulle pareti dell'eremo di San Marco e sulla parete di fondo del Salone Caffarelli nel Palazzo vescovile. Nei secoli XIV le stelle vennero ricoperte da un nuovo strato di intonaco e sovradipinte con figure di Santi, Vescovi, Padri della Chiesa, Apostoli, Profeti, Serafini con i sottarchi decorati da diffusi elementi geometrici e fitomorfi di grande impatto coloristico e figurativo. Sulla parete sinistra inoltre, dietro un rivestimento murario risalente al 1892, sono riemerse una serie di figure di santi che confermano che l'intero perimetro interno della cripta era affrescato. Anche se notevolmente manomessa dagli interventi successivi che hanno danneggiato soprattutto i volti delle figure questa straordinaria testimonianza artistica, per la fortunata presenza delle sottostanti sinopie, nella sua complessità compositiva e sotto la sorveglianza della Soprintendenza ai Beni Architettonici e Storico-Artistici delle Marche è in fase di avanzato recupero grazie alla lunghissima esperienza professionale del restauratore Rino Altero Angelini coadiuvato da Dario Di Flavio e da Daniela Lenzi.
NOTE TECNICHE
Descialbo di tre strati di intonaci sovrapposti in diverse epoche con l'ausilio di martellina e bisturi -Eliminazione dei finti costoloni in stucco realizzati alla fine del secolo XIX. -Consolidamento delle volte ammalorate con malta di calce e inserimento di perni in acciaio inox. Apposizione nelle riprese di un leggero strato di tonachino di finitura. Scopertura dei diversi strati di affreschi. Consolidamento e ritocco pittorico con leggere integrazioni a velatura sottotono delle figure superstiti usando pigmenti naturali e seguendo le tracce delle sottostanti sinopie. -Pulitura di tutte le colonne, comprese basi e capitelli, con l'apposizione di seppiolite e carbonato di ammonio. -Recupero e consolidamento delle tracce residue di pigmentazione. -Pulitura di cinque epigrafi funerarie e del Sarcofago di Costanzo Malaspina rimossi nel 1892 dalla Cattedrale. _Effettuazione di nuovi saggi stratigrafici sulla parete sinistra con i ritrovamento di importanti affreschi in ottime condizioni di conservazione celati dietro ad un tamponamento in mattoni realizzato nel XIX secolo.
Gli affreschi scoperti coprono un arco temporale che va dal XIII al XV secolo e si ricollegano per fattura, epoca e artisti a quelli ancora superstiti presenti all'interno delle due torri della Cattedrale, nelle chiese di San Venanzio, di San Pietro Martire, di Sant'Agostino, nella Cripta della chiesa di San Vittore e in molte altre.