Ascoli - Sabato 13 Aprile 2019 ore 18, presso la Sala Cola dell’Amatrice -Chiostro Maggiore di San Francesco, verrà inaugurata la mostra "NARRAZIONI" nella quale verranno esposte le opere di pittura e scultura realizzate da Riccardo Ferretti e Mirella Panichi.
Piersandra Dragoni, assessore alla Cultura del Comune di Ascoli Piceno, dice: "Di questa mostra mi ha colpito subito il tema - 'Narrazioni' - perché mi ha spinto a riflettere.
Sono partita dalla considerazione che narrare è altro rispetto al semplice raccontare e io che di mestiere faccio la giornalista lo so bene: so bene, cioè, che la medesima storia può essere raccontata, cosa che è nelle possibilità di tanti, oppure può essere narrata, cosa che invece riesce bene a pochi.
La verità è che narrare non è solo raccontare una storia, narrare è costruire un mondo dentro e intorno alla storia, un mondo credibile anche se di fantasia, che possa essere visitato con gli occhi e con il cuore, con il quale sia possibile interagire.
Narrare, insomma, è un atto creativo di conseguenza si può concludere che il raccontare una storia sta al narrare una storia come il descrivere un mondo sta al creare un mondo.
Così mi sono messa a guardare con attenzione i lavori che i due artisti hanno scelto per la mostra e mi sono posta le prime due domande: le opere di Mirella Panichi e Riccardo Ferretti raccontano o narrano? Descrivono mondi o li creano?
La risposta è stata immediata: narrano storie perché creano mondi.
Per verificarlo basta soffermarsi qualche istante in più davanti a 'Splendida veste' della Panichi o 'Terza A' di Ferretti e ci si rende conto che sono opere che attraggono e coinvolgono con una malìa misteriosa e in questo caso contrapposta, dialogante: la malìa di 'Splendida veste' è fatta di sguardi, di atteggiamenti, di colori e architetture che riempiono la scena lasciando immaginare un prima un durante e un dopo, quella di 'Terza A' è fatta invece di una rappresentazione in apparenza minimalista e svuotata che tuttavia cela nei particolari - il quadro sulla parete in secondo piano, i compagni di scuola diventati altrettanti libri quindi altrettante storie in primo piano e la sedia solitaria sul fondo scena - non uno ma addirittura più mondi da immaginare e in cui immergersi.
Terza domanda: è possibile interagire con i mondi creati dai due artisti? Assolutamente sì. La 'Giuditta' della Panichi, per esempio, appare a detta di molti come serena per il compito appena eseguito mentre ai miei occhi è coperta di sangue, smarrita e se non pentita di certo fortemente provata da ciò che ha appena fatto. E la testa di Oloferne: non si vede ma si sente la sua presenza nell'espressione di lei, occhi che vorrebbero non guardare e labbra serrate, anzi serratissime. In definitiva un esempio palese di interazione con un'opera che narra: a quanto pare non sempre e non a tutti la medesima storia.
Esperienza analoga con 'Il cappello di Nino' di Riccardo Ferretti: scrutato insieme a tre amici ne sono emerse tre storie diverse con emozioni diverse pur se tutte scaturite da valutazioni similari su Nino, il protagonista dell'opera.
Potrei andare avanti ed analizzare dal punto di vista delle storie narrate tutte le opere in mostra, ma vorrei invece concludere richiamando l'attenzione su un'altra narrazione, più sotterranea e con un andamento carsico, che si sviluppa unitamente al rapporto fra due amici che si sono conosciuti quando sedevano sui banchi di scuola e che hanno iniziato contemporaneamente, seppure separatamente, ad avvicinarsi all'arte grazie agli insegnamenti di un professore che ha esercitato su di loro una influenza talmente forte da rimanere impressa in ciascuno, un imprinting così determinante, quello del professore, che li ha riuniti, a distanza di anni, in una mostra che vuole essere un omaggio al suo ricordo. Ecco: questa narrazione mi pare altrettanto bella e immaginifica di quelle delle singole opere esposte. Ed altrettanto emozionante".
Erminia
Tosti Luna, pubblicista e studiosa di Storia locale, scrive:
"Una mostra dal titolo accattivante “Narrazioni” ci immerge già in un clima di emozioni e suggestioni che ci riportano all’infanzia, quando i nostri nonni, grandi affabulatori, ci incantavano con le loro storie impresse nella nostra memoria in aeternum.
Unica differenza l’essenzialità che caratterizza le opere degli artisti Mirella Panichi e Riccardo Ferretti e la mancanza di quegli orpelli che s’inventano nella narrazione delle fiabe e leggende per catturare l’attenzione dei bambini e invogliarli all’ascolto.
L’esposizione, che rende omaggio a due figli della terra picena, è la storia di un’amicizia, di una passione per l’arte, nata sui banchi di scuola ad opera di un Maestro che ha saputo formare al bello le giovani menti dei suoi studenti, attraendoli alle meraviglie di un mondo che permette di liberare la creatività e “scuote dall’anima la polvere accumulata dalla vita di tutti i giorni”, come sosteneva Picasso.
Mirella e Riccardo hanno recepito pienamente questi stimoli che hanno attraversato i loro anni, elaborati con linguaggi, tecniche e materiali diversi ma pregni di una linfa che attinge a valenze interiori, maturata nel tempo, senza studi accademici, l’una respirando un vissuto artistico e religioso in famiglia col padre insegnante e pittore per passione e un antenato artista che ha lasciato memoria di sé nella cattedrale di Ascoli Piceno, l’altro assecondando la spinta di una vocazione, coltivata con una ricca frequentazione di studi d’arte.
Due mondi diversi - Mirella predilige la pittura ad olio su tela, Riccardo dipinge ad olio e a tempera, ed ama anche la scultura in gesso, terracotta e bronzo - ma simili nella comune formazione adolescenziale e nella sensibilità, due anime accomunate anche dalla stessa professione di medico che usano in modo generoso con amore e carità verso il prossimo per un mondo senza frontiere, espresso anche con il linguaggio universale dell’arte.
Riccardo volge il proprio sguardo su soggetti conosciuti, amici e familiari, talvolta reinventandoli simbolicamente alla luce della propria esperienza, mediata dal ricordo e dai forti e mai scissi legami con le radici, che affondano nella terra ascolana e nel travertino, la sua pietra regina, come ci raccontano quelle basi reinterpretate magicamente, su cui egli pone le sculture. Una scelta non casuale quella di Riccardo, perché, come scrive Luca Luna “nell’antico travertino estratto dalle cave picene sin dai tempi più remoti, duro da sfidare l'eterno, brunito e arricchito dalla patina dei secoli, si può leggere il vissuto di tante stagioni”. La storia che intesse l’ordito e la trama della vita.
Deliziosa la serie dedicata a Pinocchio che evoca un desiderio di libertà e di nostalgia per l’infanzia perduta. Il burattino tanto amato si libra alla ricerca di un equilibrio fisico che chiaramente rimanda ad un significato simbolico, il desiderio di un equilibrio interiore, sempre più difficile nell’affannoso vivere quotidiano.
Le sue donne, modellate con maestria, simili a dee, fiere della loro raffinata bellezza, richiamano l’iconografia classica. Serene ma enigmatiche, hanno lo sguardo intenso e i capelli raccolti, qualcuna come l’Incubo rimanda a Modigliani.
Le opere pittoriche nella loro semplicità ed essenzialità hanno grande forza emotiva, evocano affetti, nostalgie, memorie e suscitano persino sensazioni olfattive, come Malagrida con quei palloni di cuoio che “escono” dal noto negozio, regno sognato un tempo dai ragazzi ascolani. Mentre il dipinto della biblioteca, con quei libri-compagni di scuola sistemati in rigoroso ordine alfabetico come nel registro di classe, con il quadretto sulla parete dell’amica Mirella e quella sedia vuota al di là della stanza, ha un sapore malinconico e quasi struggente.
Mirella con le sue storie bibliche, dalle quali si è lasciata avvincere durante gli studi di teologia, ci invita alla riflessione e a compiere insieme a lei un percorso interiore su temi e personaggi dell’Antico e Nuovo Testamento, rielaborati con forme e colori pastello su fondali prevalentemente rosati, di una grande delicatezza, a creare atmosfere quasi rarefatte e confortanti, nonostante la drammaticità di alcuni episodi. Una tecnica raffinata con accenti personali ed originali.
Composizioni essenziali, di pochi elementi, e personaggi dall’aspetto ieratico con una forte carica espressiva che l’artista rivisita secondo la sua ispirazione e le vicende storiche che si portano dietro.
Giuditta, Sara, Mosè, Aronne e Miriam, La regina di Saba sono colti con uno sguardo nel contempo penetrante e impenetrabile, sereno e malinconico, profondo e sfuggente…"
Presentazione di Mirella Panichi
Mirella Panichi è…… Mirella Panichi.
La più grande Artista che abbia mai conosciuto.
Lei è stata il modello di giovane artista che ho avuto la fortuna di incontrare all’inizio della mia vita.
Abbiamo intrapreso insieme le nostre prime esperienze artistiche nella amata Ascoli, nella sezione A della scuola media Luciani, in una classe colma di talenti artistici e sotto la guida sapiente del nostro insegnante
Albino Pagnoni, colui che ha stimolato, guidato, sollecitato tutti noi in un crescendo inesauribile.
Ognuno di noi ha preso poi la propria strada, ma portandosi dentro per sempre quella comune “matrice” impressaci dal nostro illuminato Maestro.
Sono passati molti anni da allora ed oggi ci siamo rincontrati. Abbiamo deciso di segnare i rispettivi percorsi, allestendo questa mostra insieme.
La serie di dipinti da lei presentati in questa occasione, traggono ispirazione dalla propria esperienza di vita ed in particolare dai suoi studi teologici.
I soggetti delle tele sono rielaborazioni visive di temi biblici dell’Antico e del Nuovo Testamento.
Nell’osservare le tele di Mirella, colpiscono soprattutto le atmosfere che ha saputo trasmettere e la profondità emotiva delle forme e dei colori. Ogni elemento del quadro contribuisce elegantemente a suscitare la sensazione estetica che si riceve.
Si avvertono nettamente la carica emotiva che l’artista trasmette e la profondità ideativa che il proprio vissuto ha trasmesso alla tela. Una pittura dotta con il gusto dell’introspezione. Una grande artista.
Per "Giuditta", la narrazione pittorica vuole soffermarsi sulla donna che sconfisse l'avversario Assiro in nome del suo popolo (Libro di Giuditta). Con la sua bellezza invaghì di sé Oloferne, loro generale, il quale la trattenne con sé al banchetto; vistolo ubriaco, Giuditta gli tagliò la testa con la sua stessa spada.
Nella “Giuditta” di Mirella Panichi colpiscono oltre all’acutezza e l’espressione profonda dello sguardo, la pacatezza, la serenità di chi sa di aver compiuto un gesto giusto e necessario. Giuditta ed Oloferne è stato un tema raffigurato più e più volte in passato dagli artisti seicenteschi più noti della Storia dell’arte, da Caravaggio a Orazio Gentileschi ad Artemisia Gentileschi, da Giovanni Baglione a Cristofano Allori,
Giovan Francesco Guerrieri, Carlo Saraceni, Lionello Spada ed altri, come Elisabetta Sirani, Bernardo Cavallino, ma sempre nell’atto del taglio della testa o con la testa già mozzata raffigurata in un cesto, come estremo simbolismo dell’atto liberatorio compiuto dall’eroina ebrea. Nella Giuditta di Mirella la simbologia è diversa e nuova e apre all’idea del raggiungimento della libertà di un popolo che si esprime nella serenità che emanano gli occhi della figura pittorica.
"L'albero della vita", "Sara", “ Mosè, Aronne e Miriam" sono opere ispirate al libro della Genesi ed al libro dell’Esodo e riguardano LA NARRAZIONE, considerata fra i bisogni di primaria importanza per l’uomo, e mostrano la connessione fra le condizioni, i modi in cui si svolge la nostra vita e la cultura.
Ed in questi dipinti Mirella ha saputo creare un intimo coagulo tra la propria vita e l’Arte, narrando la sua profondità d’animo e il suo percorso interiore.
"La regina di Saba" allude all' incontro della regina della terra di Saba con la saggezza del re d’Israele Salomone. Secondo la Bibbia, Salomone la ricambiò con molti doni e con "qualsiasi cosa desiderasse".
L’opera raffigura una affascinante regina che esprime completamente l’illuminazione del proprio intelletto, ricevuta dalla saggezza di Salomone.
Tre sono le opere suggerite dalle descrizioni del Vangelo di Luca:
"Natività ":
Tra i libri del Nuovo Testamento, gli unici a descrivere la nascita di Gesù sono il Vangelo secondo Matteo e il Vangelo secondo Luca. Gli altri due vangeli (Marco e Giovanni) iniziano infatti descrivendo il ministero pubblico di Gesù nell'età adulta, tralasciando la sua infanzia.
“Il cantico di Simeone":
Il Nunc dimittis è un cantico contenuto nel secondo capitolo del Vangelo secondo Luca con il quale Simeone chiede congedo a Dio perché ha potuto vedere il Cristo. Per questo è conosciuto anche come Cantico di Simeone. Il suo nome deriva dalle prime parole della traduzione latina Nunc dimittis servum tuum, Domine. In esso Simeone, un ebreo anziano al quale era stato profetizzato che non sarebbe morto finché non avesse visto il Messia, si profonde in una preghiera di ringraziamento suscitata in lui dal prendere in braccio il Gesù, presentato al tempio da Maria e Giuseppe.
"La splendida veste"(Vangelo di Luca 23,9-11):
(9 Lo interrogò con molte domande, ma Gesù non gli rispose nulla. 10 C'erano là anche i sommi sacerdoti e gli scribi, e lo accusavano con insistenza. 11 Allora Erode, con i suoi soldati, lo insultò e lo schernì, poi lo rivestì di una splendida veste e lo rimandò a Pilato).
In questo dipinto colpiscono la bellezza e la luminosità del volto di Gesù e la trasparenza della “splendida veste”.
L'opera "Il settimo sigillo":
è ispirata dalla descrizione
visionaria dei sette sigilli dell’apostolo Giovanni contenuta
nell'ultimo libro della Bibbia, l’Apocalisse.
Riccardo Ferretti
"Capacità, forza espressiva, tenacia, delicatezza quando occorre, ironia senza sarcasmo ed un geniaccio travolgente che non invecchia ed escogita sempre nuove forme, con una raffinatezza di tratto ed uno spirito poetico degni di un autentico talento italiano.
Riccardo Ferretti è questo ed altro ancora, ma soprattutto possiede il dono dello sguardo da Artista sul mondo, che è poi un modo di vedere che sa trasportarci in quella dimensione intuitiva, non accessibile a molti, e che scandaglia, assecondando gli equilibrismi del suo eclettismo temperamentale, le profondità della Memoria.
Le sue NARRAZIONI pittoriche ci parlano di un mondo gentile, quasi un microcosmo, nel quale la messa a fuoco suscita i ricordi indelebili di luoghi amati, di atmosfere emotive, di prosodie del quotidiano.
Dalla lettura degli accuratissimi dettagli emerge un simbolismo lucido, analitico e venato da una struggente malinconia.
Riccardo è l'Artista che tratteggia volti familiari e di amici pittori intenti al lavoro e piccole biblioteche scolastiche nelle quali i libri hanno il titolo di tutti i compagni di quella che fu la nostra classe leggendaria, e che non dimentica di riportare, appeso alla parete di quella stanza ormai deserta, lo schizzo accuratissimo di un Monet che io ebbi allora l'impudenza di dipingere ad olio su carta...in giovanissima età.
Qualcuno potrebbe paragonare questo suo modo di interpretare la realtà a quello dell'americano Edward Hopper ma, a mio parere, il suo sguardo è ben diverso perché sa narrare, sorridendo, le storie di ieri e anche di domani.
Storie come quelle che dedica al nipotino Leonardo, colto nell'immediatezza di un'espressione stupefatta, il viso rivolto verso l'alto a guardare il palloncino-simbolo, volatile raffigurazione di un'età felice che forse sta per dileguarsi. E' lo stesso atteggiamento che si coglie nell'eterno ragazzo collodiano, travolto dalle raffiche del tempo, un Pinocchio ancora innocente che tenta di aggrapparsi alle certezze materiche della vita.
Ma si cambia nella vita.... e questo, l'Artista Ferretti lo mette in risalto anche nella sue NARRAZIONI plastiche femminili, in quei busti di donna che sembrano costellare, come tante Nefertiti silenziose, il percorso di un'età più adulta, in una sorta di ripetitività immota ed immemore.
Che dire, infine, del nostro connubio artistico?
Io credo che esista un'affinità tra i suoi simbolismi ed i miei (seppure così diversi) così come esiste un legame tra " errare " e " narrare ".
Come ha scritto J. Joyce, "errare" può anche significare percorrere i sentieri di un Tempo Interiore, sia che si tratti di una storia individuale sia che si tratti della storia di un popolo.
In Riccardo Ferretti ritrovo la capacità di rievocare quei percorsi e fare in modo che essi emergano nelle sue opere, come fossero di nuovo ri-creati e così venire alla luce nella loro autentica forza primitiva.
Mirella Panichi
NOTE BIOGRAFICHE DI MIRELLA PANICHI
Nata nel 1953 ad Ascoli Piceno,ha lavorato come medico ed ha frequentato ed insegnato nell'istituto di Scienze Religiose di Ascoli Piceno.
Mirella Panichi è alla sua prima esposizione pubblica.
Autodidatta, dopo un percorso di studi classici, si è dedicata alla professione di medico e agli studi di teologia pur continuando a coltivare in privato una grande passione per le arti visive.
Questa passione che si è manifestata in giovanissima età ha consentito l'incontro, durante il percorso scolastico, sia con l'Artista Riccardo Ferretti sia con l'importante Prof. Albino Pagnoni.
È probabile che l'intrecciarsi delle sue due predilezioni, per la pittura e per la teologia, possa essere attribuito al suo vissuto parentale così come fu coltivato e condiviso dal padre Glauco, Insegnante indimenticabile e pittore per passione.
Attraverso la comune origine genealogica si risale difatti a quel Saturno Panichi (di cui Mirella è bisnipote) che lasciò la propria sigla pittorica in Duomo negli ultimi decenni dell'800.
NOTE BIOGRAFICHE DI RICCARDO FERRETTI
Nato ad Ascoli Piceno il 22 settembre 1953.
Medico Chirurgo Otorinolaringoiatra, vive a Padova.
Pittore e scultore prettamente figurativo ed espressionista. Ha al suo attivo decine di mostre a Padova. Ha inoltre esposto a Venezia, Vicenza, Pordenone e Mantova.
Nel 1998 ha vinto il Premio Internazionale di Scultura a Filignano (Isernia).
Nel 1999 ha vinto il Primo Premio Beppi Spolaor per la scultura a Mira (Venezia).
Inizia precocemente l’attività artistica nella sua Ascoli, dedicandosi soprattutto alla pittura.
Nei tre anni di Scuola Media alla Luciani, ha come insegnante di materie artistiche il raffinato pittore ascolano Albino Pagnoni, figura di straordinarie capacità umane e didattiche.
Gli insegnamenti e gli stimoli che da lui riceve, saranno fondamentali per il suo percorso artistico futuro e per quello della sua compagna di classe Mirella Panichi.
E’ proprio sotto la guida del prof. Pagnoni che si cimenta per la prima volta con la scultura, all’età di quattordici anni, realizzando bassorilievi in creta e, stimolato dal suo compagno di classe Luciano Orsini, realizzando una dinamica figura a tutto tondo di lanciatore di peso, all’esame di terza media.
All’età di sedici anni inizia a frequentare lo studio del pittore ascolano Giuseppe Vena, sotto i cui insegnamenti seguirà un lungo tirocinio di studio del disegno dal vero e delle tecniche pittoriche.
All’inizio degli anni settanta partecipa alla sua prima mostra collettiva allestita presso il Palazzetto Longobardo di Ascoli. In tale occasione conosce gli scultori ascolani Gianfranco Salvi, che lo indirizzerà definitivamente alla scultura e dal quale riceverà i primi insegnamenti sulle tecniche scultoree, e Mauro Crocetta.
Nello stesso periodo inizia a frequentare lo studio dello scultore ascolano Giuseppe Marinucci, artista straordinario e maestro degli stessi Salvi e Crocetta.
E’ degli stessi anni la conoscenza e la frequentazione del noto scultore ceramista ascolano Luciano Cordivani.
A Bologna, negli anni degli studi universitari di Medicina e Chirurgia, frequenta gli ambienti artistici della città, ricevendone nuovi importanti stimoli. Soprattutto la grande amicizia e l’intensa frequentazione con il pittore e compagno di studi Federico De Bellis, allievo del notissimo pittore ascolano Dino Ferrari, influenzeranno in modo determinante le sue scelte artistiche.
Terminati gli studi di Medicina a Bologna nel 1981, nello stesso anno viene ammesso alla Scuola di Specializzazione in Otorinolaringoiatria all’Università di Padova.
A Padova conosce e stringe amicizia con il pittore Gianni Talamini che assieme alla moglie Maria Limena, pittrice miniaturista di straordinaria sensibilità e nipote del famoso scultore padovano Antonio Penello, contribuirà notevolmente alla sua formazione artistica.
Terminata la Scuola di Specializzazione in Otorinolaringoiatria ed ammesso alla Scuola di Specializzazione in Audiologia, nel 1986 si trasferisce a Schio (VI) dove lavora nel Reparto di ORL dell’Ospedale. Nella cittadina vicentina conosce e frequenta lo studio dello scultore ceramista Giancarlo Scapin, artista di grande spessore e sensibilità.
In questo periodo realizza numerose opere in terracotta.
Nel 1990 un ulteriore trasferimento, determinato dal suo lavoro di medico, lo porta a Vicenza.
In tale periodo, in occasione del Congresso della Associazione Triveneta Interospedaliera di Otorinolaringoiatria e Chirurgia Cervico-facciale, realizza un bassorilievo in terracotta, opera commemorativa del congresso, riprodotta in trecento copie.
Rientrato a Padova nel 1991 conosce lo scultore Sergio Rodella, artista e maestro dalle capacità straordinarie, molto noto nel panorama artistico mondiale.
Inizia a frequentare il suo studio affinando le conoscenze tecniche e realizzando numerose opere in terracotta, gesso e bronzo. L’incontro con il Rodella rappresenterà una tappa decisiva nel suo percorso artistico. La frequentazione e la grande amicizia con il Rodella continuano a tutt’oggi.
Pur continuando l’attività medica e quella artistica a Padova, torna spesso ad Ascoli di cui è innamorato, come del resto tutti gli ascolani. In tali occasioni frequenta lo studio dell’ineguagliabile straordinario pittore ascolano Dante Fazzini a cui lo lega una fraterna amicizia.