Cavalleria Rusticana al polo culturale di Sant'Agostino

Cavalleria Rusticana al polo culturale di Sant'Agostino

Il 14 luglio alle 21.30 daranno vita all'evento l'Associazione Coro Ventidio Basso - unitamente al Concerto Bandistico di Venagrande e a Progettoteatro di Monteprandone

Ascoli - Il Verismo.
Il 17 maggio 1890 va in scena a Roma il melodramma “Cavalleria Rusticana” musicata da Pietro Mascagni, un’opera ispirata all'omonima novella di Giovanni Verga del 1880 e pubblicata all’interno della raccolta “Vita dei campi” poi messa in scena nel 1884 a Torino. Verga, indignato, fa causa a Mascagni per plagio.


Ponendo a confronto le 2 opere si nota come il melodramma lirico sia molto simile alla novella nella storia e nei personaggi: infatti se ne discosta solo per pochi particolari e per i sentimenti, più o meno nobili, che trasmettono gli interpreti i quali vivono sempre nel paesino siciliano di Vizzini.


Ma dove sono le differenze?


In Verga i personaggi sono istintivi e di basso spessore: Lola sposa Alfio solo per denaro e sul balcone di casa è attenta a mettere in mostra gli anelli che il marito le ha regalato; Santuzza si vede appena ed è un piccolo strumento di una duplice vendetta; Turiddu è infatuato più della sua virilità che di Lola e in punto di morte pensa al volto della madre Lucia.


In Mascagni invece tutto è dominato da profondi, veri e in un certo senso nobili sentimenti. Innanzi tutto è Pasqua ed è quindi il tempo di fare i conti con la coscienza più intima. Santuzza – che non è più solo uno strumento del caso ma un personaggio ben più profondo - è dominata dall’amore per Turiddu e cosciente della passione di questo per Lola, ne soffre, ma decide ugualmente di aiutare la persona che ama avvertendolo dell’arrivo di Alfio. Ella mostra anche grande coraggio, facendosi giudice di sé stessa nel momento in cui rinuncia alla confessione perché cosciente d’essere una peccatrice e di amare il proprio peccato. Lucia trova qui più spazio per il suo dolore.


Turiddu, mordendo l’orecchio di Alfio in senso di sfida, non lo fa spinto dall’affetto quasi infantile per colei che lo ha generato, ma per orgoglio e amore per una donna, da uomo finalmente adulto.


Una differenza spiccata è nella morte di Turiddu.


In Verga Turiddu viene accecato da Alfio con una manciata di polvere e viene ferito a morte.

In Mascagni la morte non si vede, ma viene annunciata dal coro con la famosa frase “hanno ammazzato compari Turiddu”. Ma pur non essendo visibile risulta essere più maestosa, è un evento intimo, segreto, che però si ripercuote su un paese intero fino a giungere allo spettatore.

In sintesi in Verga la morte ha un che di infantile e banale che relega Turiddu tra i “vinti” dalla vita, beffati anche nell’ultimo istante.