San Benedetto - Un percorso iniziato lo scorso mese, un’attività propedeutica alla partenza della Bottega del Terzo Settore, un ciclo di incontri con l’arduo compito di responsabilizzare la società alle tematiche sociali: così ieri pomeriggio, presso l’Associazione Pescatori Sambenedettesi di San Benedetto del Tronto, si è tenuto il secondo incontro dei Giovedì della Bottega del Terzo Settore, il progetto promosso dalla Fondazione Cassa di Risparmio di Ascoli Piceno.
A guidare il pubblico nelle sue riflessioni, il gesuita e scrittore de La Civiltà Cattolica Francesco Occhetta nonché “uomo di levatura morale con una preparazione su importanti temi del sociale”, secondo il moderatore dell’incontro Mimmo Minuto, e il presidente della Fondazione Vincenzo Marini Marini.
“La Fondazione ha due scopi: produrre denaro e creare utilità sociale; ciò che ci siamo riproposti è la catalizzazione nell’ambito del sociale - dice Vincenzo Marini Marini - Questo percorso ha avuto inizio circa dieci anni fa con lo scopo di mettere al centro l’essere umano e per tale motivo, più antropologico che monetario, abbiamo deciso di metterci realmente in gioco. Oggi ci presentiamo alla comunità come dei soggetti che hanno deciso di produrre utilità sociale, rischiando, ma ben lieti di accettare la sfida”.
“La Bottega del Terzo settore - continua il Presidente - che ricordiamo avere come sede fisica l’ex Cinema Olimpia di Ascoli Piceno, sarà l’epifania fisica e digitale, grazie alla sponsorizzazione della Microsoft che creerà anche una piattaforma virtuale apposita, del terzo settore di fronte la comunità stessa; i Giovedì servono proprio per far riflettere, ridurre errori e divulgare nella comunità il significato autentico del sociale”.
“Svolta primaria è la Riforma del Terzo Settore, presentata poco tempo fa in Parlamento e che avrà lo scopo di trasmettere l’idea di poter far impresa avendo una vocazione sociale rispetto al lavoro portato avanti. In questa proposta c’è in gioco il futuro dei giovani - dice Francesco Occhetta - Viene a proporsi un nuovo modo di fare economia, detta “economia civile”, e il modo concreto perché ciò avvenga è il dover credere in tali iniziative, poiché il terzo settore si trova proprio tra lo Stato e le imprese capitalistiche”.
“Noi viviamo in un contesto sociale - continua Occhetta - in cui vigono schizzofrenia di investimenti senza finalità, efficienza tecnica senza coscienza, privilegi senza ridistribuzione e sviluppo senza lavoro. La soluzione? Basterebbe sostituire dei “con” a tutti questi “senza”. Le tre condizioni necessarie affichè si possa porre fine a tale emergenza sono: assistenzialità della dimensione tra mercato e stato, premiazione di profitto di quanti si occupino del bene sociale, riforme da parte dello Stato (fiscali e giuridiche), che riconoscano alle imprese una particolare vocazione sociale, assicurando loro diritti di pari dignità al resto delle comuni aziende”.
“Il sociale può essere paragonato alla figura dell’arciere: c’è l’arco che rappresenta i progetti, le riforme del paese e l’impianto che permette di vivere tutto ciò. C’è l’arciere, che è colui che deve tirare l’arco, c’è la direzione, che attiene al patto sociale e cioè dove vogliamo scommettere il nostro futuro - dice Occhetta - Allora, se il nostro compito è proprio dover riscrivere questo patto sociale, è nostro dovere renderci in coscienza svegli e unificati. La rete è in realtà una piazza reale che ha cambiato la dimensione del tempo, poiché i ragazzi vivono di un eterno presente, e sta modificando la concezione dello spazio. Oggi quindi non si vive più camminando, ma navigando. E tutto questo deve rientrare nella Riforma del Terzo Settore, altrimenti si cerca di far germogliare un buon seme in un terreno arido, che non è stato studiato nelle sue caratteristiche e impedimenti”.
Il non profit deve quindi partire proprio da una rivoluzione culturale. “Il buon Terzo Settore è quello che fascia e accompagna le persone, senza umiliarle: la soluzione è crescere attraverso reti di fiducia, per mezzo di formazione, e condividere, condividere un obbiettivo comune”.
Cosa può fare quindi il Terzo settore?
Chiede di rischiare. Si è davanti una Big Society o è un sogno?
La riposta è
solamente una: la politica segua il governo sussidiario e si butti
in questa sfida, sostenendo il sociale con tutti i mezzi in suo possesso. Basta
ricordare, come diceva sempre il gesuita Pierre Teilhard de Chardi, che le tre
forme contrastanti di felicità sono: il pessimismo, il ritorno al passato e il
godimento. Solo così si potrà essere controcorrente, avere il coraggio di
guardare ad un futuro sociale nonostante l’instabilità di questo momento di
crisi e trasmettere ai giovani giustizia, efficienza e una libertà legata alla
vera ricerca della felicità.