In passato l’arte aveva una funzione magico-rituale, un ruolo didattico oltre che estetico. Con il tempo è diventata un nuovo mezzo di comunicazione teso soprattutto alla sperimentazione. In alcuni casi l’artista ha lavorato affinché la manipolazione e la ricerca della materia fossero il tramite fra la sua interiorità e quella dell’osservatore. Indagare, testare e verificare l’efficacia di una sostanza per ergerla ad ambasciatrice visiva del proprio ego è divenuta la base dell’arte contemporanea.
Enzo Borri è uno di quegli artisti che sa stringere un rapporto armonioso, paziente e fiducioso con la materia che, attraverso un dialogo sincero, diviene la sua massima confidente. I Paesaggi della memoria sembrano delle Naiadi che cantano lo sguardo dell’osservatore fra le trame di una natura in grado di evocare le leggende intessute dai nostri padri, i profumi genuini di una terra intrisa di pioggia e speranze, i baluginii di una vegetazione che danza con la luce e porta con sé il profumo salmastro del mare. Lungo un cammino fluido e regolare questi panorami decantano tempi perduti, antiche consapevolezze, silenzi mai infranti e chiarori di un’età dorata che si lascia rincorrere fra miraggi intermittenti. Scenari tanto caleidoscopici si trasformano in Paesaggi come reminiscenza e conoscenza che corroborano uno dei motti dell’artista, il quale desidera trasportare “l’armonia della forma nel silenzio della natura”. Questi luoghi che talvolta rammentano un antico sentimento di malinconia, con il tempo hanno mutato la loro pelle per convertirsi a un più attento colorismo. Le opere recenti di Enzo Borri sembrano uno spontaneo gioco di luce e materia, in cui le mani dell’artista vestono il ruolo del compositore estemporaneo. Soltanto in seguito si capisce che alla base dei suoi lavori c’è uno studio riflessivo aperto alla “pittura d’azione”, in cui il colore non segue le direttive dell’autore ma si vivifica spontaneamente su un supporto del tutto innovativo. Di fatto, Borri segue puntualmente il suo piano di lavoro poiché la “ragione arricchisce la fantasia” poi, però, come ha detto Alda Merini, “I colori maturano di notte”. Il concetto di partenza è talmente sofisticato che, sebbene l’artista non conosca il risultato finale del suo operato, la tinta mantiene la sua purezza e acquisisce addirittura una certa tridimensionalità. Gli strati di acrilico che non sanno cosa siano le setole del pennello, formano una pellicola opalina in certi punti quanto brillante in altri e la tensione cromatica annulla la piattezza per conferire movimento al dipinto. La materia vibra sotto lo sguardo dell’osservatore e a pizzicare le corde che producono onde tanto acute è principalmente un uomo che si spoglia di qualsiasi artificiosità per tramandare tangibilmente il “perché” del nostro respiro.