«Non ne so nulla. Non conosco l'argomento» si limita a dire Stefano Antonelli, direttore generale della società bianconera. Antonelli è intervenuto a margine della presentazione del progetto di gemellaggio tra Ascoli e Norcia.
Nel pomeriggio la replica ufficiale della società affidata ad un comunicato sul sito:
«In riferimento alle notizie diffuse stamani da alcune agenzie di stampa in merito ad un’inchiesta della Procura di Milano, che coinvolge 280 imprese italiane, fra le quali figura l’Ascoli Calcio 1898 S.p.A., la Società ritiene di aver chiarito immediatamente la questione, relativa all’anno 2006, fornendo agli organi competenti la documentazione attestante la piena correttezza dell’operato della Società bianconera».
I fatti
«Sono in corso centinaia di perquisizioni in tutta Italia - fanno sapere le Fiamme gialle - Cento reparti del corpo stanno setacciando sedi aziendali per trovare elementi di prova circa l'utilizzo di fatture per operazioni inesistenti».
Lo scorso 27 ottobre - rende noto l'Ansa - l'inchiesta condotta dalla procura di Milano aveva portato alle ordinanze di custodia cautelare in carcere per un faccendiere svizzero, tre suoi collaboratori e un funzionario di una banca svizzera accusati di riciclaggio all'estero di somme provenienti da delitti di appropriazione indebita ed evasione fiscale. Il filone investigativo relativo all'evasione fiscale, diretto dal pm Carlo Nocerino, ha permesso di svelare che l'associazione gestiva una serie di società estere costituite al fine di permettere alle società italiane la creazione di fondi neri all'estero.
L'imprenditore o il libero professionista italiano si metteva in contatto (direttamente o per mezzo di un intermediario, spesso un commercialista o un avvocato cui veniva riconosciuta una percentuale del 2-3% del risparmio fiscale), con il faccendiere svizzero o qualcuno della sua struttura al fine di rappresentare le proprie esigenze. A seconda della richiesta del cliente e del settore in cui questo operava (società di calcio, editoriali, di comunicazione, di intermediazione, di produzione di beni, di diffusione di materiale pornografico), veniva fornita la struttura straniera adeguata con la quale sottoscrivere un contratto di collaborazione, che giustificava il flusso finanziario in uscita per l'estero e l'abbattimento del carico tributario in italia.
Le società messe "a disposizione" (con sedi in Austria, Olanda, Inghilterra e Svizzera) concludevano, così, contratti fittizi, emettendo documenti e fatture false e veicolando il denaro su conti correnti aperti presso banche elvetiche, dopo altri passaggi solo cartolari attraverso l'interposizione di ulteriori società, collocate in paesi off-shore (ad esempio Panama e Isole Vergini).
Inoltre, in base alle esigenze della clientela, la struttura svizzera assicurava anche il trasferimento dalla Confederazione all'Italia delle somme di denaro di volta in volta richieste dai clienti, attraverso l'impiego di corrispondenti ("spalloni") che utilizzavano la sede italiana della società elvetica per gli incontri con la clientela.