Coronavirus: cosa sta accadendo alla nostra mente?

Coronavirus: cosa sta accadendo alla nostra mente?

Chiedere al vicino di casa se necessita di qualcosa, riscoprire gesti di cura, di attenzione verso l’altro, sentire amici lontani. Riscoprire la dimensione del Sacro, non la ripetizione di qualche rito, che comunque può aiutare, ma la riflessione sul Sacro, di qualcosa di più grande di noi, di trascendente, del senso del limite umano. Del senso del Vivere.

Analizziamo insieme questo momento particolare che nessuno di noi ricorda di aver vissuto, eccetto gli anziani che hanno visto con i propri occhi la 2^ guerra mondiale.

Innanzi tutto vi è un primo momento critico e cioè quello relativo alla nostra capacità di incidere sull’ambiente, capacità intesa come possibilità di poter fare, muoversi, ottenere un qualcosa o un risultato, di modificare in qualche maniera l’ambiente. Esempi ne sono, come accennato, il poter muoversi senza problemi, il poter fare qualcosa che si desidera, il poter ottenere un obiettivo. Questo incidere sull’ambiente non è da intendersi però esclusivamente come un potersi fare qualcosa che ci è ora limitato ma è da intendersi in maniera più generica come il poter essere in grado di sconfiggere una particella di pochi micron quale è il virus.

In sostanza un piccolo elemento, sconosciuto nel suo esatto inquadramento, microscopico, non mi permette più di dominare i miei spazi di azione non soltanto di movimento. E’ limitata l’azione umana in senso generico. L’incidere in mille modi sull’ambiente che prima potevo fare, adesso non più.

Meccanismo di paura ancestrale, quando eravamo vittime dell’ambiente e lo subivamo, potevamo essere uccisi dall’assenza di cibo, di fuoco, dal freddo, da animali pericolosi, noi armati solo di pietre. Antiche paure ancestrali riaffiorano.

Questa impossibilità genera frustrazione, che essendo uno stato d’animo insoddisfacente e cioè non poter raggiungere un qualsiasi obiettivo che mi pongo, anche obiettivi semplici, a sua volta assorbe energia mentale ed è alla lunga sfibrante.

A questa condizione che fa da substrato già negativo, se ne aggiunge una seconda.

Il bombardamento di continuo di notizie, l’arrivo sul posto di lavoro che richiama di nuovo alla mente i pericoli e gli obblighi nonché la visione per strada che è tutto deserto, anomalo, impegna ulteriormente la mente in uno sforzo di adattamento e di “abituazione” all’ambiente. Nella normalità non si ha quella che ora si presenta come una elaborazione continua, massiccia, perdurante, ossessiva, del dover ragionare su di un pericolo. Situazione che è peggiore del sisma, peggiore in quanto il sisma devasta, uccide ma poi dà tregua, dà tempo per elaborare. Qui no. L’allarme perdura continuamente e con esso lo sforzo mentale. Ulteriore richiesta energetica sfibrante, logorante, crescente, della quale non si vede la fine.

La terza condizione è la gestione dell’ansia cioè dell’attivazione dell’allerta continua e della ricerca del meccanismo di causa ed effetto che, in questi casi come in tutti quelli che sovrastano l’uomo, non si percepisce chiaramente. E l’ansia sale, diventa negativa. Può diventare patologica.

E’ lo thauma (leggi ftzauma) citato in filosofia antica, cioè la meraviglia di fronte agli eventi che sorprendono l’uomo ma thauma è inteso anche come terrore.

Il santo taumaturgo (thauma) che opera meraviglie, guarigioni, stupore, senso dell’ignoto.

Meraviglia e terrore che non sono affatto antitetici ma nel loro agire bloccano, paralizzano l’uomo di fronte a qualcosa di misterioso.

Questo meccanismo di causa ed effetto, dicevamo, che vorrebbe contrapporsi allo thauma, è il meccanismo principe che permette di capire sia come funziona il mondo ma soprattutto cerca di dare una spiegazione ad un fenomeno che crea ansia, paura, terrore.

Se do una spiegazione ad un evento pauroso, l’ansia è vinta. Se non ci riesco, l’ansia permane e cresce e diventa negativa. L’ignoto finché resta tale spaventa, terrorizza.

In contrapposizione allo thauma venne fuori il racconto mitico, la costruzione del mito (che non è un qualcosa da popoli ignoranti ma ha invece un forte valore lenitivo del timore davanti ad eventi inspiegabili) per dare una spiegazione al mondo terrificante, così l’Etna con i suoi scuotimenti , terremoti ed eruzioni vide l’instaurarsi dell’idea che ivi vi fosse un Dio che lavorava a fornaci ardenti , forgiando la materia, il Dio Efesto . La paura rimaneva ma veniva spiegata. E la paura si abbassa.

Il meccanismo del mito si riverserà poi nelle favole che raccontate ai bambini, permettono loro di superare le prime angosce che il mondo gli pone. Il buono, il cattivo, la morte, cappuccetto rosso, il lupo cattivo, ecc. Ma purtroppo ai bambini le favole non si narrano più e l’angoscia spesso non è lenita ma questo è un altro discorso.

Ebbene nel caso della diffusione del virus, accade esattamente questo e cioè il meccanismo di causa effetto salta, non funziona e allora trionfa l’angoscia, la disperata rassegnazione o quanto meno l’ansia continua che mi accadrà qualcosa ma non so bene come e quando.

Altro carico mentale che sfibra.

Tutta questa situazione può potenzialmente vedere il venir fuori di ulteriori stati della nostra persona, l’io cosciente non regge più all’urto alla fatica dello spiegare la realtà e si apre altro, emerge altro e cioè vecchie paure inconsce di altro genere, pulsioni strane, non controllate, sopite; viene fuori ciò che non abbiano affrontato e che nel passato ci ha fatto soffrire e non abbiamo risolto, non abbiamo accettato, che appunto non ha trovato, in un lontano tempo, una sua spiegazione e così riattivandosi aggiunge ulteriore destabilizzazione. Vecchi traumi non affrontati o risolti.  I terremoti, ricordiamolo, non sono mai esterni ma scuotono anche dentro, così le pandemie.

Questo quadro opera infine con la nostra fisicità: inappetenza, insonnia, umore basso, quadro immunitario inizialmente attivato dallo stress che poi, sfibrato, allenta e si abbassa sotto il livello normale, attivazioni cardiache ripetute, stati depressivi, e vari altri aspetti noti nel campo della psico -neuro- endocrino – immunologia. Il corpo lo percepiamo come scisso da noi.  Sembra vada per conto suo.

Che fare?

Innanzi tutto già il comprendere come funzioniamo, perché ci stiamo sentendo strani, spossati, aiuta. Già il capire le origini delle modificazioni del mio corpo e delle sue sensazioni, realizza quella scoperta del meccanismo causa effetto, che spiega, aiuta, non è un mostro sconosciuto che mi agita dentro.

Secondo, occorre “spezzettare” le situazioni che proviamo, evitare che ci allaghino tutte insieme ma riflettere passo passo su ogni singola attivazione psichica e darne un senso; la mente ha la capacità in un attimo di affastellare, mettere insieme tutte le notizie brutte, morti, pericolo, ecc. ecc. Risultato: in un attimo siamo pervasi a ruota libera da un mare di concetti negativi che ci travolgono e ci paralizzano. Bisogna rompere questo meccanismo e ragionare non per insiemi ma per singoli fatti particolari e trovarne una spiegazione, un lato positivo, di speranza, di soluzione. Terzo, evitare di stare concentrati sempre alla ricerca di notizie dell’emergenza.

Quarto , riscoprire l’umanità, il colloquio telefonico , parlare con altri via whatsapp, skype, sentire persone che sentivamo di rado , trovare argomenti positivi , ricordi , emozioni positive vissute, momenti belli, scherzosi, progettare cosa fare appena cesserà l’emergenza, provare a fare qualcosa che ci sarebbe sempre piaciuto fare (cucinare, studiare, risolvere qualche lavoretto in casa, leggere un buon libro , riscoprire ritmi lenti ormai dimenticati, gustarli) , interessarsi alle persone con cui viviamo , al loro mondo che sebbene vicino abbiamo sempre  poco considerato, divertirsi a fare qualcosa insieme in casa,  ammettere serenamente la propria fragilità ma senza rassegnazione – l’uomo ha fatto grandi progressi nella scienza –   piangere se necessario e poi però sorridere di questa fragilità , riderci su di essere stati capaci di piangere,  del nostro essere vulnerabili anziché aver creduto di essere onnipotenti. Aiutarsi con gli animali di compagnia. Parlare col cane, col gatto, guardare come ci osservano e magari ci prendono per matti. Fa ridere sì, ma serve, serve dannatamente anche ridere.  Scrivere le proprie sensazioni. Scambiarle. Parlarne. Confidarsi con una persona di fiducia. Apritevi! Serve. Chiedere al vicino di casa se necessita di qualcosa, riscoprire gesti di cura, di attenzione verso l’altro, sentire amici lontani. Riscoprire la dimensione del Sacro, non la ripetizione di qualche rito, che comunque può aiutare, ma la riflessione sul Sacro, di qualcosa di più grande di noi, di trascendente, del senso del limite umano. Del senso del Vivere.

Gesti semplici, naturali che abbiamo messo da parte, dimenticati, per andare sempre di corsa.

Tutto ciò realizza quella condizione che va sotto il nome di Umanità e permette di affrontare insieme le difficoltà.

Provare non costa nulla. Coraggio. Ce la faremo.