Il 'Ristorante Sanità' che non esibisce il menù alla Consulta comunale

Il 'Ristorante Sanità' che non esibisce il menù alla Consulta comunale

Manni, Trenta e Acciarri, componenti  della Consulta comunale, chiedono chiarezza alla Regione e all'Area Vasta 5 sul futuro sanitario del Piceno. Scarsa partecipazione e penuria di dati le debolezze che penalizzano i cittadini piegati da liste d'attesa insormontabili.

Ascoli - E se la sanità, i nostri ospedali, i servizi territoriali li vedessimo come fossimo al ristorante? No, non si tratta di una provocazione, semmai di una semplificazione nella lettura di un settore apparentemente assai complicato.


Ora il primo strumento che ci dà il senso di affidabilità, anche per un ristorante medio, è il menù: voci chiare e comprensibili, magari anche sui prodotti che si utilizzano in cucina, e prezzi altrettanto trasparenti.


La differenza sta nel fatto che non tutti possono permettersi il ristorante stellato? Beh, nel caso del sistema sanitario italiano (quindi anche quello marchigiano) l'idea di base è che tutti possano avere il menù del ristorante stellato. Il problema è quali chef scegliamo e quali collaboratori poi mettiamo in cucina perché gli avventori siano soddisfatti nelle proprie esigenze.


In fondo la Consulta della Sanità istituita dal Comune di Ascoli Piceno (presidente Giacomo Manni (M5S), vice presidente Umberto Trenta (Forza Italia) e Monica Acciarri (gruppo autonomo) è nata per coinvolgere tutti gli attori di questo fondamentale “ristorante”.

E per prima cosa, con grande celerità dall'insediamento, Manni, Trenta e Acciarri hanno voluto vedere quali sono i prodotti che si utilizzano per fare del menù sanitario del Piceno un metodo virtuoso.


E sono davvero rimasti male quando alla richiesta di incontro con Giulietta Capocasa, direttore dell'Area Vasta 5, nell'arco di una settimana, si sono visti delegare la dr. Giovanna Picciotti, responsabile del Distretto di Ascoli Piceno.

La Consulta della sanità voleva un cospicuo quadro di dati per creare un tavolo condiviso con tutti gli operatori della sanità, con i sindacati, ma non hanno avuto nulla.


Si voleva uno scarto nella richiesta di partecipazione per il bene dei cittadini, ma niente. Si volevano comprendere le varie problematiche, ma hanno trovato porte chiuse.


E per poter affrontare temi come l'Ospedale Unico e le liste d'attesa i dati sono necessari come il pane.


I cittadini arrivano da noi – dice Giacomo Manni, sventolando la prenotazione di un cittadino al Cup – perché non riescono a capire come si possa aspettare più di 1 anno per una visita in Pneumologia. E' per contribuire a correggere certe situazioni che vogliamo conoscere i dati e le procedure. I dati servono anche per capire come si dovrebbe realizzare un ospedale unico, con quali risorse, pubbliche o private? E del terremoto si è tenuto conto? Noi abbiamo solo 5 slide. Volevamo avere un piano di fattibilità come si fa per ogni progetto serio. Come si fa a servirsi di un algoritmo per scegliere il luogo ove costruirlo? E' la politica, sono i territori che debbono decidere. Nel piano sanitario ancora non sostituito c'era scritto che l'Area vasta dove servire come preliminare d'integrazione alla realizzazione di un'Azienda ospedaliera. Era questa la formula giuridica che ci avrebbe permesso di gestire le ingenti risorse che arrivano nel Piceno dalla mobilità attiva da altre regioni di confine. Invece queste risorse economiche finisco nel calderone dell'Asur Marche e vanno a ripianare i debiti delle strutture del nord della regione”.


Le liste d'attesa sono un annoso problema nazionale – spiega Monica Acciarrie anche se per quanto riguarda le urgenze nelle Marche qualcosa è migliorato, però dobbiamo frantumare il collo di bottiglia che sono diventati i pronto soccorso. Nel precedente Piano sanitario regionale (è il menù del quale dicevamo, ndr) scaduto nel 2014, che non è mai stato sostituito dall'assessore Luca Ceriscioli ( lo aveva promesso per giugno), per istituire le Case della salute, l'unico vero strumento per liberare i pronto soccorso e abbattere le liste d'attesa, era sufficiente portare una delibera in giunta. Non è accaduto. E le liste d'attesa sono state sempre un tema che i sindacati hanno sempre posto sul tavolo inascoltati. In realtà stiamo assistendo ad una radicale penalizzazione dei territori. L'ultimo segnale in ordine di tempo è la riforma della legge regionale nel punto per la nomina dei direttori generali delle Aree Vaste. Si avverte un “non progetto” da parte della Regione. Questi direttori dimezzati non avranno più i poteri attuali, saranno figure depotenziate, al punto da chiedersi che senso ha nominarle addirittura. Se di spending review si deve parlare a che vale ridurre del 30 per cento lo stipendio di 5 direttori generali? Tanto vale non nominarli affatto, tanto non contano più nulla per le esigenze legate al personale. Non potranno neppure più dettare le regole su chi fa cosa tra sanità pubblica e il 20 per cento di privati convenzionati. Non ne hanno più il potere con l'ultima modifica della legge in Consiglio regionale”.


E sul “ristorante sanità” Umberto Trenta presenta il conto: una “spada di Damocle. “Chiederemo una visita ispettiva al Ministero della Salute. - dice Trenta – La Capocasa è arrivata al termine di un percorso nel quale è stata gratificata da una sanità regionale disattenta e complice. Ho proposto una commissione d'inchiesta: esistono documenti firmati che sono arrivati casualmente a questa commissione che attestano la situazione del Mazzoni e dell'intera Area Vasta 5. Primari impauriti che hanno una manifesta difficoltà ad esercitare la professione medica in quella situazione. Ci sono due strutture obsolete (gli ospedali di Ascoli e San Benedetto, ndr). La dottoressa Capocasa ci deve rispondere: sono a norma quelle strutture? Perché in base alle risposte si profilano due vie parlando di ospedale unico. Tenendo conto che il fiume Tronto è cerniera di 4 province”.