Ancona - Rappresenta uno dei principali laboratori nell'ambito della domiciliarità per l'Alzheimer in Italia e nel mondo, sia per dimensioni che per quantità degli interventi sperimentati. Si tratta di Up-tech ed è il progetto promosso dalla Regione Marche con il supporto tecnico-scientifico dell’Inrca, finanziato con il Fondo nazionale per la non autosufficienza.
Una sperimentazione con interventi operativi di un
sistema
integrato di servizi nell’ambito della continuità assistenziale a
soggetti affetti da Alzheimer e i loro familiari che ha coinvolto 438
famiglie
per un totale di 1.438 persone.
In definitiva la finalità è quella di rendere
più serena la convivenza domiciliare con un malato di Alzheimer, una
patologia
definita “malattia familiare” perché condiziona in modo massiccio anche
la vita delle persone che assistono e convivono con il paziente. I
risultati della sperimentazione verranno illustrati nella giornata di
giovedì
23 ottobre, dalle ore 9.00 alle 18.00, nel corso del convegno finale
presso la sala conferenze del Comitato regionale Marche della Figc (Via
Schiavoni, località Baraccola
– Ancona).
Interverranno tra gli altri gli assessori ai Servizi Sociali, Luigi
Viventi
e alla Salute,
Almerino Mezzolani;
Alfredo Ferrante, del ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali;
la senatrice Emilia Grazia De Biasi, presidente della 12a
Commissione permanente Igiene e Sanità del Senato della Repubblica.
Secondo
stime recenti, più di 500 mila persone in Italia sono affette da
Alzheimer.
Una patologia
“grave”, ancora senza cura. Il peso dell’assistenza determina, spesso,
stress, disturbi dell’umore, ansia, insonnia e depressione: in
generale, un peggioramento della qualità di vita di tutto il nucleo
familiare. Up-Tech, attraverso diverse modalità operative,
ha sperimentato innovativi modelli di assistenza ai pazienti e ai loro
familiari.
Ha visto il coinvolgimento di oltre cento professionisti
sociosanitari e degli Ambiti territoriali sociali di Pesaro, Ancona,
Macerata, Fermo, San Benedetto del Tronto. Ha previsto
la presa in carico del paziente, da parte di un assistente sociale o di
un infermiere professionale che hanno provveduto alla formazione dei
familiari sulla gestione della patologia, al monitoraggio telefonico
programmato, alla consulenza (anche legale) e
all’orientamento sui servizi sociosanitari.
Una strumentazione domotica
domiciliare, ad esempio con
sensori
che monitorano gli spostamenti dell’anziano, centraline di rilevazione
di perdita di gas o apertura di porte e finestre, hanno agevolato le
persone
che assistevano i malati. Tutti i risultati raggiunti, nei diciotto
mesi di sperimentazione, verranno presentati agli operatori, ai
familiari e al volontariato nel corso del convegno di giovedì 23
ottobre.