Per l'editorialista di Libero occorre adeguare il linguaggio alle sfide odierne
L'incontro, presentato dalla Dottoressa Donatella Ferretti, ha offerto al pubblico dell'Auditorium Fondazione Carisap il discorso sulla complessità del rapporto tra la conservazione dei valori della tradizione e le sfide del rinnovamento culturale italiano.
Il saluto dell'onorevole Carlo Ciccioli e l'intervento dell'avvocato e collaboratore di "Libero" Roberto Paradisi sul Cristianesimo e sulla religione cristiana quali radici della civiltà e della cultura europea, hanno introdotto le riflessioni personali di Marcello Veneziani sull'esigenza avvertita in tutto il Paese di una cultura non tanto intesa come visione esoterica della solitudine marginale e rabbiosa della casta degli intellettuali, ma come capacità di autorappresentazione del popolo, come battaglia di espressione di identità condivise.
«Il Paese - ha osservato Veneziani - è inequivocabilmente diviso su grandi temi, come il rapporto con gli immigrati, le coppie di fatto e la linea di libertà tra la difesa della vita e la scelta della morte. Se si vuole realmente affermare un risultato politico bisogna affrontare problemi di profonda rilevanza culturale».
I valori della civiltà, secondo lo scrittore, sono messi in discussione perché nelle coscienze e nell'opinione pubblica, pericolosamente soffocata dal conformismo della distrazione, dagli indici di ascolto e dalla tv-spazzatura, stentano ad affermarsi i valori della tradizione come necessari al progresso.
Quel progresso rintracciabile proprio attraverso la cultura popolare, quell'idea di rinnovamento, legata alla trasmissione delle conoscenze tramandate, che deve far superare la vergogna che l'Occidente nutre oggi di se stesso; quella tradizione come connessione in rete verticale che mantiene il contatto con i predecessori.
«Non c'è progresso se non c'è tradizione - ha spiegato Veneziani - la tradizione è un fuoco che va passato di mano in mano contro i testimonial del progressismo. L'eterno ritorno verso l'Itaca (patria di Ulisse, ndr) di quel grande capolavoro occidentale che è l'Odissea». Il giornalista ha spiegato con ironia la necessità di attrezzare il linguaggio alle sfide e alle letture del presente:
«La gente di sinistra è faziosa perché legge solo i libri di sinistra. La gente di destra è più equilibrata perché non legge né libri di destra né di sinistra».