Ancona - Le decisioni che si stanno assumendo sul tema della cosiddetta autonomia differenziata delle Regioni sono molto pericolose. Necessario fermarsi e dire no ai progetti di autonomia differenziata che stanno maturando in una intesa bilaterale tra il Governo e Veneto, Lombardia e Emilia Romagna. Prima si fissino i Livelli essenziali delle prestazioni civili e sociali, come previsto dalla Costituzione, e poi, solo poi, si avvii una riforma organica di tutto il sistema delle autonomie locali: Regioni, Province, Città metropolitane e Comuni”.
Non si tratta di un regionalismo cooperativo, che prevede un’autonomia ben temperata su questioni secondarie. Qui si vuole spezzare il Paese in maniera egoista: qualcuno vuole creare piccoli staterelli sfasciando l’architettura istituzionale.
Siamo di fronte a una forzatura politica. I presidenti di Lombardia e Veneto parlano di accordo storico, ne fanno una sorta di giudizio di Dio. Ma è pericolosissimo procedere così su una materia del genere. Dopo il referendum del 2016 sarebbe stato giusto fermarsi e ripensare i rapporti tra Stato e Regioni.
Ci sarebbero 23 materie di discussione. Addirittura la scuola, i contratti del personale sanitario, le infrastrutture, le concessioni idroelettriche, la ricerca scientifica. Così si rompe l’unità nazionale. Qui si calpesta l’articolo 116 della Costituzione che parla di forme di autonomia.
Sono in discussione i diritti di cittadinanza. Chi propone questa autonomia vuole una sanità e una scuola per ogni regione, diritti diversi a seconda del luogo in cui si nasce o si vive: una nazione divisa tra regioni ricche e regioni povere.
Una secessione non dichiarata, ma sancita addirittura per legge. Vogliono cambiare la costituzione e l’assetto istituzionale del Paese senza una riforma costituzionale e senza neanche discuterne
Se si parla poi di finanziamenti tramite la compartecipazione alle imposte si introduce un’idea secondo cui un territorio dello stesso Stato è finanziato sottraendo risorse ad altri territori. Si rischia la secessione dei ricchi, si rischia di armare il Sud contro il Nord.
Purtroppo, e anche se in tempi diversi, anche la Regione Marche si è avviata su questo percorso. Con atto del maggio dell’anno scorso, votato all’unanimità e con la sola astensione del consigliere regionale di Art 1 Gianluca Busilacchi; ha infatti avviato l’iter per l’avvio del negoziato con lo stato per ulteriori forme e condizioni particolari di autonomia. In materie tutt’altro che secondarie: internazionalizzazione delle imprese, ricerca scientifica e tecnologica, sostegno all'innovazione, tutela e sicurezza del lavoro, istruzione tecnica e professionale, territorio, rigenerazione urbana, ambiente e infrastrutture, tutela della salute, governance istituzionale.
Uno strappo nazionale al quale bisogna sottrarsi e porre rimedio, con una iniziativa della politica e istituzionale delle Regioni. Vogliamo sperare che anche dalla nostra Regione parta l’iniziativa.