Ascoli - "Gli amici di ieri sono gli avversari di oggi. Ma è anche la campagna elettorale dove l’ideologizzazione ha il sopravvento sulla buona amministrazione. Credo che oggi i cittadini vogliono essere amministrati bene. Vogliono servizi efficienti, carichi fiscali alleggeriti, poca incidenza della burocrazia, politiche a sostegno del lavoro e dell’occupazione. Politiche che mettano al primo posto il cittadino.
Assistiamo invece al moltiplicarsi di episodi legati esclusivamente a logiche di partito.
Spacca, ad esempio. Ieri per il PD era sugli scudi. Paladino di buon governo. Ed oggi è un pessimo esempio di attaccamento al potere. Se buoni risultati si sono raggiunti – dicono oggi i piddini – il merito è nostro. Già. La sconfitta è di nessuno, la vittoria di tutti.
Anche a destra non sono rose e fiori. La Lega di Paolini dapprima corre da sola ed ora invece appoggia Acquaroli di Fratelli d’Italia.
Il pensiero ritorna alla discesa in campo del Cav, quando, anche all’allora, veti contrapposti finirono per mettere in campo alleanze variabili a seconda del territorio nazionale.
Corsi e ricorsi della storia politica più recente.
Lo scacchiere delle alleanze regionali ecco che presenta una nuova combinazione.
La politica si scompone e ricompone. Le alleanze di ieri oggi non lo sono più. I veti su Tizio o su Caio la fanno da padrone.
Ma guardiamo più da vicino questa diaspora, questa frantumazione del quadro politico.
Il PD si riconferma come un partito che continua ad avere nel DNA i geni trasmessigli dai padri fondatori del vecchio PCI. E’ una sorta di riflesso condizionato. Così quanti dal centrodestra in questi anni sono transitati sotto le insegne del PD sono stati mondati dal peccato originale della provenienza e acclamati quali campioni di lungimiranza politica. Figlioli prodighi illuminati sulla strada di Damasco, anzi del Nazareno.
Ma il passaggio al centrodestra non è accettato. Significa indegnità politica, trasformismo.
Non ricordiamo, sarebbe troppo lungo, tutti i maldipancia che hanno portato alla nascita del PD e soprattutto a quanti, negli ultimi anni se ne sono usciti.
Uno su tutti: Rutelli. Il fondatore dell’ex Margherita se ne uscì dal PD sostenendo che da parte dei reduci dei DS era in atto una egemonizzazione del nuovo partito.
Ora è la volta di Spacca scontrarsi con la nomenclatura del Partitone.
Gli assessori in quota PD, gli stessi che in questi anni, posti nei ruoli chiave, lo hanno condizionato nelle scelte, ora presentano le dimissioni.
Ma sono gli stessi assessori che ieri lo avevano di fatto messo all’angolo e in minoranza sulla vicenda Del Moro.
No. Spacca doveva tornare a casa. Così avevano deciso quelli del PD. Al suo posto un rappresentante del nord della Regione, sostenitore di una macroregione ad influenza romagnola, espressione dell’apparato di partito.
E mentre le Marche attendono scelte che consentono finalmente di riprendere le fila di quel modello marchigiano di sviluppo che tanto ha dato alla nostra economia e alla nostra crescita, ecco che vecchie logiche di potere hanno il sopravvento.
Forza Italia ha deciso di convergere su Spacca e Area Popolare, riconfermando la sua vocazione centrista e moderata.
Ci accomuna la stessa identità di vedute. La stessa visione delle cose da fare.
Sappiamo che davanti a noi c’è un cammino duro, impegnativo. Si tratta di rigenerare una regione forte di pluralità e per questo capace di riprendere il cammino interrotto.
Lo facciamo, noi di Forza Italia, con Gian Mario Spacca. Lo facciamo con quanti credono, come noi, alla mission di buon governo. Lo facciamo perché uniti da un programma comune. Il programma, il progetto innanzitutto.
Invitiamo gli elettori a giudicarci sul programma, sul progetto che vogliamo realizzare per le Marche. Questo è il vero giudizio che conta: quello del cittadino elettore.
Nei prossimi giorni, nel seguito di questa campagna elettorale, sapremo puntualizzare meglio i nostri punti programmatici. Sono dieci. Non è un libro dei sogni. E’ concretezza, pragmatismo, buon senso".