Di fronte alle esitazioni dell’Unione Europea, il presidente russo Vladimir Putin è passato all’attacco occupando con truppe militari,senza le mostrine, la penisola della Crimea dopo essersi fatto autorizzare dal parlamento russo. Le motivazioni sono state quelle di intervenire “a difesa dei propri connazionali che si trovano nelle basi russe in Crimea”.
Questa regione ha sempre rivestito una importanza strategica,in quanto la base navale di Sebastopoli ospita il 70 per cento della flotta russa ed il suo affitto è stato rinnovato fino al 2042 dal deposto Presidente Yanukovic,ora riparato in Russia e che Putin riconosce ancora come legittimo presidente dell’Ucraina.
La Crimea,che ha uno status di repubblica autonoma dell’Ucraina –come da noi San Marino- è abitata da due milioni di persone,il 58 per cento sono russi ed il 26 per cento ucraini un 12 per cento tartari,abitanti musulmani che furono deportati da Stalin durante la seconda guerra mondiale in quanto accusati di essere collaborazionisti dei tedeschi .Questa etnia sostiene in maggioranza il governo di Kiev e sono contrari ad un avvicinamento a Mosca.
Nel 1954 Nikita Kruscev regalò la penisola all’Ucraina per celebrare i 300 anni dell’unione con la Russia.Nel 1991 l’Ucraina divenne uno stato indipendente e la Crimea ne fu inglobata.
Le truppe speciali della polizia che a Kiev avevano effettuato rapimenti ed uccisioni di giovani militanti del Maidan, si stanno spostando verso la Crimea in quanto il ministero degli Esteri Russo ha promesso loro di fornire in tempi brevissimi la cittadinanza russa.
Nei giorni scorsi migliaia di persone a Sebastopoli hanno chiesto la secessione dall’Ucraina eleggendo come sindaco l’imprenditore Andrei Chaly cittadino russo.
Il nuovo governo di Kiev ha denunciato l’aggressione militare russa verso la Crimea e si è appellato al Consiglio di Sicurezza dell’ONU ed alla UE.
La lentezza e la scarsa qualità dell’azione collettiva della UE è evidente.
L’Europa acquista dalla Russia l’80 per cento del petrolio,il 70 per cento del gas ed il 50 per cento del carbone. Il 100 per cento delle case e delle imprese in Estonia, Lettonia , Lituania si riscaldano grazie ai gasdotti di Gazprom,la Polonia lo è al 67 per cento e la Romania al 98 per cento,l’Ucraina è al 40 per cento. L’Italia assorbe ogni anno oltre venti miliardi di metri cubi di gas russo.
Gli interessi economici ed industriali condivisi tra la nostra Eni e Mosca, sono quindi la principale ragione della grande cautela diplomatica adottata dai governi della UE e dal nostro in particolare.
E’ meglio non immaginare cosa avverrebbe se gasdotti ed oleodotti transeuropei dovessero essere chiusi,anche per breve tempo, ed un funzionario di Bruxelles ha commentato “in questo gioco si rischia di spegnere la candela”.