La presa di coscienza da parte di alcuni illustri componenti della società Restart non può che farci piacere, ma certamente non ci invita a cantare vittoria su quanto fino ad ora denunciato.
Rimane ancora assente, in questo clima di preoccupazione sempre crescente nei confronti del futuro di questa città e del territorio, il contributo della Politica e delle istituzioni locali, fino ad oggi incapaci di registrare una posizione autonoma e sempre appiattiti sulle posizioni iper-edificatorie del progetto.
Proprio adesso che la sostenibilità economica di tutto il quadro pare vacillare, il silenzio politico diviene assordante.
Di fronte a una presa di coscienza del privato così netta, il compito di chi amministra dovrebbe essere quello di venire incontro ai dubbi degli attori economici e sociali, e della stessa cittadinanza che guarda con sempre maggiore interesse al problema della riqualificazione di quei 27 ettari di terreno, cercando di porsi come protagonista di un confronto e di un dibattito tesi a individuare soluzioni concrete.
Soluzioni concrete che devono partire da una considerazione preliminare indispensabile: l’area ex-Carbon, per la sua posizione nell’assetto urbano, la sua storia, e la congiuntura economico-sociale che viviamo deve rientrare all’interno di una programmazione più ampia della città e del territorio, programmazione stimolata da una “visione a lungo periodo” di come Ascoli e la provincia dovranno essere tra cento anni.
Di fronte a tutto ciò, sarebbe ancora più scellerata l’idea di slegare la riqualificazione Carbon al Piano Regolatore Generale, affidandola ad un semplice Pru come se fosse una qualsiasi variante urbanistica e non l’ultima occasione di rilancio per il territorio.
Il Prg, infatti, se depurato da sirene elettorali e clientelari, diventa lo strumento principe per dare una forma nuova e una identità alla città.
Siamo ancora in tempo, bisogna essere rapidi ma senza farci prendere dalla fretta: facciamo riposare Cervellati prima che possa rovinare la propria carriera con ombre (piuttosto pesanti) di rapporti poco chiari e commistioni con chi, da responsabile del Prg, avrebbe dovuto controllare; ripensiamo il Piano Regolatore da capo, aprendo la discussione al contributo di tutti, singoli e associazioni, università e centri culturali; cerchiamo, al di là delle contrapposizioni politiche, di lavorare, finalmente, a una città di tutti e non di pochi; leghiamo i destini urbanistici di Ascoli a nuove prospettive economiche e sociali che ci rendano protagonisti del territorio e non più a rimorchio di decisioni prese da altri.
Se così non dovesse essere, se dovessero vincere ancora una volta le logiche spartitorie sul bene comune, ci renderemo tutti complici della definitiva e irreversibile rovina di Ascoli, condannando i nostri figli e chi verrà dopo di loro a cercarsi un futuro migliore, come già tanti fanno ora, lontano dalla città che amiamo. E a quel punto, non sarà più possibile tornare indietro.