Carbon, rischio di fallimento dell'intera classe politica ascolana

Carbon, rischio di fallimento dell'intera classe politica ascolana

Non avrei fatto il notaio, ma il Sindaco della città

Lo scontro di questi giorni (non so, peraltro, quanto rappresentativo degli umori dei cittadini!) rischia di mettere in discussione anche la capacità del centrosinistra di dimostrarsi in grado di “governare” davvero i tempi drammatici che viviamo e di dimostrare di essere un’alternativa credibile alla giunta Castelli.
Per fare un po’ di chiarezza, anche a chi improvvisamente si è oggi risvegliato, è necessario ricordarne alcuni passaggi fondamentali.
Il progetto Carbon è nato il 22/1/2007 grazie all’impegno unico ed esclusivo della Regione Marche, presidente Spacca e vice Agostini, e dell’allora Amministrazione Provinciale, Presidente Rossi, nelle quali, tra l’altro, il PD era forza determinante.
In quella data fu firmato un Protocollo di intesa con il Comune di Ascoli Piceno e la proprietà dell’area nel quale si individuavano “nella bonifica, nella riqualificazione dell’intero sito industriale anche in chiave di servizi collettivi e di promozione dell’innovazione tecnologica e nella valorizzazione economica dell’area” gli elementi essenziali del progetto (DGR 93/2007).
Tale impostazione non era casuale, ma derivava dallo studio di fattibilità che la stessa Regione Marche il 23/6/2006 aveva affidato all’Università di Ferrara e alla Facoltà di Architettura di Ascoli Piceno e che individuava tre grandi opportunità:
“1)l’insediamento di un polo tecnologico che rappresenta la funzione più importante;
2) restituire alla città un tratto importante del fiume Tronto e delle sue sponde;
3) una trasformazione immobiliare significativa con importanti quote di residenza, commercio, terziario e ricettivo”.

Non solo. Nel maggio 2011 la Regione, la Provincia, il Comune, CGIL, CISL e UIL, Confindustria e la nuova proprietà hanno ribadito le scelte generali del progetto di riconversione con un nuovo Protocollo di intesa nel quale era anche specificato “chi fa cosa”.
La proprietà deve farsi carico della bonifica integrale dell’area, il Comune deve predisporre il PRU, la Provincia dovrà esprimersi sullo strumento urbanistico e promuovere il Polo Scientifico-Tecnologico e Culturale, la Regione deve supportare con politiche e risorse finanziarie la realizzazione di quest’ultimo.

A tale proposito, la Regione sta assolvendo pienamente il proprio compito: ha già dedicato 1,2 mililoni di euro per la riqualificazione di Villa Tofani come sede del Polo e 350.000 euro per il progetto Seed-lab per lo start-up di imprese.
Chi oggi mette in discussione questo percorso e i contenuti condivisi da tutte le istituzioni e le forze sociali senza prospettare alternative credibili e sostenibili economicamente, interpreta una posizione di retroguardia e di scarsa credibilità di governo.
Io credo invece che occorra sfidare su questo chi attualmente amministra la città.
Se io avessi guidato questa città sarei stato in prima fila in questo percorso, mi sarei impegnato a reperire risorse per l’housing sociale da realizzare nell’area e previste dal Piano Casa nazionale e dal Programma Jessica regionale e dai quali il Comune è stato miseramente escluso, avrei imposto una riduzione significativa delle volumetrie private (lo studio dell’Università ne prevedeva 150.000 mc!) contrattando ed entrando nel merito del piano economico-finanziario, avrei richiesto ed imposto una maggior qualità della progettazione.
Non avrei fatto il notaio, ma il Sindaco della città!
Queste sono le ragioni per cui mi sono astenuto sulla delibera recentemente sottoposta all’esame del consiglio comunale e che riguardavano esclusivamente questi aspetti.
Ma ciò non cambia di una virgola le mie considerazioni sul progetto complessivo, perché ritengo che la scommessa dell’area Carbon riguardi non la giunta Castelli, ma la città e l’intero territorio. Chi sostiene, in teoria correttamente, che bisogna inchiodare la proprietà (quale? Sice, Elettrocarbonium, SGL Carbon, Restart) all’obbligo della bonifica, sa anche che purtroppo, per varie motivazioni giuridiche, ciò non è mai accaduto! Allora, tra il far rimanere sicuramente quell’area inquinata e degradata per i prossimi decenni o provare a costruire e a governare un’ipotesi di riconversione possibile che dia anche una prospettiva di occupazione, scelgo questa scommessa! Il PD non è un’associazione, né un circolo culturale, ma è un partito che si candida a governare la città e se vuol essere credibile, deve presentare proposte credibili.