"Ora che il governo si è formato credo si possa esprimere un libero pensiero senza che Franceschini (guarda caso ora ministro!) o Francesco Boccia (la cui moglie, deputata del PDL, ora è ministro!) minaccino espulsioni di chi, nel nostro partito, la pensi diversamente.
Il mio pensiero su come il PD avrebbe dovuto gestire la fase post-elettorale l’ho espresso il 16 aprile scorso, quindi in tempi non sospetti.
Come allora, continuo a considerare una strada minata sostenere un governo insieme al PDL. Il PD, tutto il PD, avrebbe dovuto anzitutto sostenere con chiarezza, lucidità e determinazione il cambiamento.
Il PD, tutto il PD, avrebbe dovuto sostenere il tentativo di Bersani di presentarsi in Parlamento con una squadra di governo innovativa, preparata e un programma di svolta: equità fiscale, revisione del fiscal compact, politiche contro la precarietà e di sostegno ai redditi più bassi, vendita del patrimonio immobiliare dello Stato, riduzione drastica delle spese militari a partire dagli F35, investimenti su green economy, sanità, scuola pubblica e ricerca, dimezzamento del numero dei parlamentari, una sola Camera legislativa, abolizione del finanziamento pubblico ai partiti e, infine, una nuova legge elettorale uninominale per dare davvero ai cittadini la possibilità di scegliere i propri parlamentari.
Invece si è impedito a Bersani di presentarsi alle Camere per sfidare davvero chi affermava di volere il cambiamento a far fallire il suo tentativo, onesto e responsabile, di voltare pagina!
Non è un caso se l’elettorato grillino, a differenza del suo capo, su questa ipotesi aveva cominciato a mostrare disponibilità con un dibattito vivace al suo interno. Se Bersani avesse ottenuto la fiducia, sarebbe stata un’opportunità storica di cambiamento.
Se invece fosse stato bocciato avrebbe messo anzitutto il M5S davanti alle proprie responsabilità: in questo caso, e solo in questo caso, sarebbe spettato al nuovo Capo dello Stato indicare una nuova strada, ma il PD avrebbe dato inconfutabilmente prova di essere stato l’unico ad assumersi le proprie responsabilità davanti ai cittadini nel tentativo generoso di ricostruzione e di cambiamento del nostro Paese. Purtroppo però il cambiamento, evidentemente, non poteva e non doveva avvenire.
Chi ha impedito a Bersani, all’onesto e serio Bersani, di sostenere fino in fondo quello che era l’unico, coerente percorso che avevamo proposto con chiarezza e senza equivoci ai nostri elettori? L’ha impedito certamente chi, all’interno del PD, dal giorno dopo il risultato elettorale ha immediatamente iniziato a spingere per un accordo con Berlusconi indebolendo, di fatto, il tentativo di Bersani e inducendolo a compiere due errori fatali nella vicenda dell’elezione del nuovo Presidente della Repubblica. Il primo errore è stato quello di non aver sostenuto la candidatura di Stefano Rodotà, autorevole e stimato giurista, già deputato della Sinistra indipendente e poi del PDS di cui è stato anche Presidente, nonchè firmatario, prima delle elezioni, di un appello per il voto alla coalizione PD-SEL, quindi un naturale candidato del centrosinistra.
E non lo si è fatto, si è detto, perché proposto dal M5S. Davvero modesta come motivazione! E, soprattutto, disarmante nei confronti del nostro elettorato che voleva e vuole tuttora (basta ascoltare i commenti di questi giorni) un cambiamento vero e che, soprattutto, non voleva sentir parlare di accordo con Berlusconi! Il secondo errore è stato quello di procedere a zig-zag candidando prima Marini, certamente un galantuomo, ma proposto nell’ottica di un accordo con Berlusconi. Poi, bocciato Marini, si è sterzato bruscamente candidando Prodi. Marini e Prodi bruciati esclusivamente per logiche tutte interne al PD! Prodi, in particolare, padre fondatore del PD, è stato oggetto di un vergognoso regolamento di conti interno!
L’uomo che per due volte ha sconfitto Berlusconi, l’unico ad esserci riuscito, viene eliminato verosimilmente da chi in vent’anni ha perso tutte le elezioni! Ma chi non ha votato Prodi considerandolo un baluardo contro l’accordo PD-PDL, di fatto, ha vinto!
E con quella bocciatura termina, di fatto, la prima parte della storia del Partito Democratico. E temo conseguenze devastanti per il centrosinistra e per il Paese. L’unica strada possibile, nella situazione creatasi, sarebbe stata quella di fare un governo istituzionale, a tempo, o di scopo, anche con il PDL, per fare poche cose e poi tornare al voto. Ma Napolitano ha detto chiaramente di volere un Governo di legislatura basato su un accordo PD-PDL e con ministri politici.
Su questa indicazione del Presidente, lo dico con molta umiltà ed altrettanta convinzione, non sono stato affatto d’accordo. Se è vero che in politica può essere lecito, in particolari condizioni, trovare un compromesso trasparente tra avversari, è però altrettanto lecito ritenere che Berlusconi ha rappresentato e continui a rappresentare per una parte rilevante, e oggi maggioritaria del Paese, un problema per la democrazia italiana!
E temo che questo riemergerà nel programma e nell’azione del governo che Enrico Letta, generosamente e con la consueta competenza, ha appena iniziato. Un governo certamente con volti nuovi (anche se non tutti!), ma che è stato formato e sarà da noi comunque sostenuto senza conoscerne l’orizzonte. Un’ultima considerazione la voglio dedicare al M5S.
Credo davvero che opponendo un netto e pregiudiziale rifiuto ad una convergenza con Bersani su pochi, ma qualificanti punti di un possibile programma di cambiamento per l’Italia, questo Movimento abbia perso una grande occasione di fronte ai propri elettori e soprattutto di fronte al Paese. Se poi la tattica era quella di spingere il PD ad un abbraccio con il PDL per poterne incassare un vantaggio politico ed elettorale, la ritengo doppiamente deludente: per i cittadini che l’hanno votato (a questo punto inutilmente!) e, soprattutto, per le sorti del nostro Paese. Infine, una considerazione rivolta al mio partito.
Michele Serra in una sua rubrica ha recentemente affermato che “questi giorni tristissimi sono serviti a chiarire che nella sinistra parecchie persone odiano la sinistra, nel senso che la combattono e forse la temono. Purtroppo questo pezzo della sinistra è un pezzo del PD: quel pezzo di PD che ha affossato Prodi (uno dei suoi padri fondatori) e che, forse, avrebbe sparato anche su Rodotà (uno dei propri uomini migliori).”!
Aggiungo io: chi glielo spiega ora agli elettori che aver votato PD non ha significato aver espresso il proprio voto per una sinistra possibile come hanno creduto, ma per una sinistra che non sarebbe stata? Il vero dovere del PD era ed è quello di indicare ai cittadini l’agenda della ricostruzione morale e civile del Paese. Ho forti dubbi che potremo assolvere a questo compito con un governo PD-PDL! Sono certo, invece, che il Partito Democratico così come lo avevamo pensato non c’è più e, oggi, occorre affrontare il nodo di come e con chi ripensarlo.