Celani, Piano di riequilibrio pronto entro metà aprile

Celani, Piano di riequilibrio pronto entro metà aprile

La Corte dei Conti dà ragione alla Provincia di Ascoli Piceno

Mentre le parti politiche in campo dibattono e si scambiano reciprocamente accuse e responsabilità a noi interessa fornirvi la situazione cristallizzata e, soprattutto, verificare che la soluzione trovata in Provincia eviti il dissesto dell'ente.
Uno degli elementi cardine del piano di riequilibrio allo studio è il calcolo dello sforamento del Patto di stabilità. In cifre si dibatte su due possibilità: 4 milioni e 600 mila euro (tesi della Provincia di Ascoli) o 10 milioni di euro nel caso l'ente debba pagare per intero la sanzione.

Si dice, ed è vero, che i revisori dei conti non abbiamo sottoscritto la tesi avanzata dal presidente Piero Celani e dal dirigente del Servizio economico finanziario Eros Libetti, tuttavia è questa la proposta che verrà inviata alla Ragioneria dello Stato presso il Ministero dell'Economia e Finanza.
Celani articola questo discorso: «Abbiamo superato il patto di stabilità, ma non si può pretendere che, dopo la divisione della Provincia, a Fermo si paghi lo sforamento per il 43 per cento, come da percentuali della divisione, mentre Ascoli debba accollarsi il 100 per cento».
L'assunto del presidente della Provincia di Ascoli è difficilmente scalfibile dalla logica, si trova per
ò a confrontarsi con un vuoto normativo. Una zona grigia che rischia di penalizzare il Piceno.
A dar ragione alla Provincia di Ascoli c'è un puntello di forte impatto: la Corte dei Conti.
Su richiesta di un parere da parte dell'ente la Corte, che ricordiamo è l'organo di controllo per eccellenza, dice:
« ...sicuramente la Provincia di Ascoli Piceno è stata penalizzata nell'esercizio 2011 e seguenti. Per il 2011(e per il 2012-2013) il patto è stato costruito sulla media delle spese correnti impegnate dalla Provincia di Ascoli Piceno negli anni 2006-2007-2008 non riproporzionate al determinato in caso di rimodulazione rispetto alle percentuali divisorie ...omissis. E' evidente come risulti maggiore l'onere che grava sulla Provincia di Ascoli Piceno rispetto alla Provincia di Fermo che non è soggetta al patto di stabilità (in quanto nuova provincia, ndr)».
E su questa base conviene anche il Collegio dei revisori contabili che, seppure non possa sottoscrivere il Piano di riequilibrio per la carenza di norma, condivide l'impostazione e l'iter logico di costruzione dell'obiettivo. E ad accompagnare questa proposta alla Ragioneria dello Stato c'è una email del Collegio dei revisori che afferma questo principio.
La strada dunque è tracciata, si va avanti così per il presidente Celani anche se la Provincia ha un piano B nel caso la Ragioneria facesse orecchie da mercante. La Provincia è creditore nei confronti di due ministeri, quello delle Infrastrutture (per 2 milioni e 400 mila euro) e quello degli Interni per 12 milioni e mezzo di euro. Si tratta di due decreti ingiuntivi. Il primo è stato già avallato dal Tribunale e il secondo sta per esserlo in questi giorni.
Dunque l'ente nel caso dovesse adottare il piano B potrebbe utilizzare il metodo della compensazione: sforamento da patto 10 milioni di euro, crediti dallo Stato 12 milioni e mezzo di euro.
E' chiaro che il piano B sarebbe indigesto alla Provincia vessata da tagli del governo per 8 milioni e mezzo di euro, da un contenzioso per altri 7 milioni e mezzo.
Quei 12 milioni e mezzo darebbero linfa vitale visto il bagaglio “doloroso” di circa 14 milioni di euro che vantano i fornitori.
Quali potrebbero essere i risvolti di un potenziale dissesto? Sarebbe una scelta etica?
Da una parte ci sono i dipendenti dell'ente che, per il colmo, dal dissesto dichiarato sarebbero tutelati per il numero di esuberi che potrebbero profilarsi (al massimo 3 o 4 se funzionasse una deroga pre Fornero).
Dall'altra parte troviamo un'altra fetta di territorio e di altri dipendenti, quelli dei fornitori, che invece sarebbero massacrati perché il dissesto funzionerebbe come in un procedimento concordatario dove il commissario transerebbe al 10 o 20 per cento del credito vantato. Allora, al di là dell'impatto mediatico negativo sulla classe politica che decidesse per il dissesto, sarebbe in discussione il destino di un intero territorio, il Piceno, già estremamente penalizzato dalla crisi. Si sarebbe di fronte ad una guerra tra poveri dove si contrapporrebbero dipendenti pubblici che salvano posto e stipendio contro altri dipendenti, privati, che soccombono e tra questi, come spesso accade, si trovano parenti, congiunti, figli dei dipendenti pubblici.
Di fronte ad uno scenario di questo tipo la politica deve abbassare i toni e pensare alla responsabilità nel trovare soluzioni.
L'antipolitica nasce quando questo metodo non viene utilizzato.