«Non si risolve la disoccupazione facendo lavorare gratis i giovani»

«Non si risolve la disoccupazione facendo lavorare gratis i giovani»

Così Francesco Ameli, Gd Marche

Forse la presenza di giovani che andranno a fare questi stage gratuiti servirà per fare qualche uscita sulla stampa per dire che la disoccupazione in città è diminuita (in quanto il dato non tiene conto degli stage e delle cassaintegrazioni).
Purtroppo, e da amministratori dovrebbero saperlo, lo stage oramai viene usato per il 99% dei casi come un modo per “sfruttare” il “lavoratore” dove piuttosto che formarsi nel proprio ambito viene spesso usato per mere operazioni di cancelleria.
Sorge poi una domanda, non è che questi tirocini servono per coprire gratis buchi di organico?
Ritengo che non sia possibile scherzare in questo modo sul lavoro e sui giovani, non è rispettoso innanzitutto per la nostra generazione. Da chi ci amministra ci aspettiamo politiche lavorative serie.
Ben vengano degli stage nelle “istituzioni” ma è necessario che questi siano almeno minimamente retribuiti affinché formarsi non sia solo un costo, in particolare nel caso in cui si lavora in un ente pubblico.
Ritengo che agli stagisti che verranno “assunti” debba essere riconosciuta una borsa di studio che sia pari almeno al 30% dello stipendio di un lavoratore del settore e comunque non meno di 350 euro al mese, più le spese di trasporto, i buoni pasto e l’assicurazione infortuni.

Per la copertura finanziaria, sono sicuro che i ragazzi apprezzino di più uno stage retribuito piuttosto che finanziare un festival nostalgico come “L’altra Italia” costato svariate decine di migliaia di euro o l’eccessiva spesa per la “comunicazione”.
Questo è un pezzo importante di una strategia per combattere la precarietà. Con un'economia stagnante il mercato del lavoro soffre e a soffrire maggiormente sono i più deboli cioè i giovani.