Ma la cultura non è solo fattore chiave per lo sviluppo economico, la competitività e l’attrattività dei territori: non meno importante si rivela in termini di integrazione e di inclusione sociale, potente strumento di dialogo interculturale, di conoscenza reciproca e cooperazione non solo sul piano locale. La cultura o le culture, preferirei, purtroppo nel nostro territorio come anche in altri simili al nostro, sconta ancora una concezione troppo ristretta e angusta che riconosce al settore un impatto limitato ai fini dello sviluppo, legato in prevalenza alle sue ricadute in campo turistico, una visione che non tiene conto delle straordinarie potenzialità dell’investimento in termini di innovazione, di sviluppo delle industrie creative, di competitività e crescita delle risorse umane e riqualificazione delle aree urbane.
Tradotto in termini concreti, il più generale processo di valorizzazione della cultura passa obbligatoriamente per la necessità di ricorrere ad azioni coordinate e collettive di organizzazione delle attività culturali; invece troppo spesso si assiste ad attività o proposte, inserite maldestramente nei programmi politici delle amministrazioni locali, nelle quali l’offerta è tradizionalmente frammentata e polverizzata, scarsamente competitiva, assolutamente sprovvista di valide strategie che sottendono processi solidi e continuativi. Un limite che si registra purtroppo anche nella città di Ascoli Piceno, dove l’evento è pensato e realizzato ad hoc, scollato da qualsiasi programma a lungo termine e che assorbe la maggior parte delle volte ingenti quantità di denaro pubblico. Senza nessuna forma di pianificazione e gestione integrata dell’offerta culturale, senza alcuna esperienza di connessione tra cultura e servizi e risorse territoriali si va poco lontano. In questo territorio pare non si dia troppo valore alle pianificazione di tali attività integrate con quella relativa ad altri settori (economici, industriali, urbanistici, ecc). la carenza di politiche di lungo periodo chiare e condivise e la mancanza assoluta di forme di coordinamento, pianificazione e gestione integrata sono probabilmente la causa di inefficienze gestionali che impediscono ai territori ricchi di patrimonio ed esperienze di valorizzare le proprie risorse e di qualificarle come un’occasione di sviluppo culturale sociale ed economico.
Molte città che mostrano caratteristiche simili, per lo più del nord Italia, puntano sull’aggregazione di attività artistiche e culturali presso grandi strutture polifunzionali (immobili storici, spazi degradati e architetture in disuso che siano oggetto di recupero e/ trasformazione), per lo più affidate a gruppi coordinati di soggetti che sono espressioni del territorio. Altre puntano su sviluppo di sistemi di offerta culturale attorno ad alcune funzioni od organizzazioni già esistenti e in grado di catalizzare professionalità e risorse territoriali. Il successo di questi processi è quasi sempre legato alla presenza di solide partnership tra amministrazioni pubbliche, imprese private e comunità locali e alla capacità della dimensione culturale di interagire con le altre dimensioni in gioco.
Ma noi, possiamo realizzare tutto ciò? Intanto cominciamo col suggerire l’attivazione di nuove competenze, legate al mondo della ricerca e alle università, ad esperti riconosciuti, a persone che sappiano mettere in campo creatività e competenza professionale, supportati da una classe politica che sia titolata fare tutto questo. Con tali promesse, una più convincente progettualità potrebbe attirare quei fondi, anche regionali, che finora non sono mai arrivati sul nostro territorio.