La giovane età dell’autore, lungi dal costituire un’attenuante, rende ancor più sconfortante lo spettacolo di un amministratore pubblico pronto ad utilizzare banalità e luoghi comuni di una politica che sa di vecchio pur di raccattare qualche consenso: mancava solo una frase del tipo “in politica si entra per mangiare” o roba simile.
Voglio però utilizzare quest’occasione per ribadire un concetto: proprio perché amministrare la cosa pubblica è un impegno di assoluta nobiltà, vitale per la qualità di vita delle persone, la scelta del Governo di destra di tagliare i già simbolici compensi nelle amministrazioni locali è solo un esercizio di demagogia volto a parlare “alla pancia” dell’elettorato (esattamente quello che ha fatto, in piccolo, il sig. Petracci) per nascondere i veri scandali della “casta”, leggasi compensi e “benefit” vari dei parlamentari e dell’alta burocrazia statale e parastatale.
Questa scelta scellerata è anche un preciso segnale di quanto questo Governo, che si dice federalista, tenga in considerazione il compito, sempre più gravoso, di chi negli enti locali è costretto a far fronte alle sacrosante richieste dei cittadini con risorse sempre più scarse: tanto, “al fronte” ci siamo noi, mica loro, ben protetti nelle loro autoblù scortate e nei loro palazzi.
Se il consigliere Petracci pensa che 90 euro lordi a seduta per studiarsi faldoni di pratiche, affrontare tematiche che richiedono competenze da avvocati o ingegneri, partecipare a riunioni, audizioni, confronti con la gente siano un succedaneo di un posto di lavoro, e non il minimo riconoscimento per chi dedica ore, giornate a quella che è, e resterà sempre, una passione, faccia pure.
Abbia allora il coraggio di dire che sono troppi anche 2.000 euro al mese per fare il sindaco di una città di 50.000 abitanti, essere il capo e il rappresentante legale di un’azienda come il Comune con 80 milioni di bilancio da gestire e 350 dipendenti.
Per quanto mi riguarda, faccio politica da sempre, ho cercato con non poche difficoltà di conciliare questo impegno con il ruolo di lavoratrice, moglie e madre, non mi spaventa certo la prospettiva di continuare ad impegnarmi per gli altri gratuitamente, ma non accetto che passi il messaggio che fare l’amministratore locale è un compito di nessun valore e chi lo vuol fare non ha diritto neppure a quello che, ripeto, non è un compenso per un lavoro, ma il riconoscimento quasi simbolico per chi sceglie di dedicare qualche anno della propria vita ai problemi della propria comunità».