Siamo tutti coscienti delle problematiche che caratterizzano questi anni: siamo in piena crisi economica, occupazionale, sociale e politica. Una crisi profonda e per adesso non siamo ancora riusciti ad individuare delle vie d’uscita credibili e concrete.
Siamo anche a 40 anni dall’approvazione dello Statuto dei Lavoratori, ovvero della legge n. 300 del 20 maggio 1970. Oggi certo ci troviamo sempre a dover tutelare i lavoratori ed i loro diritti, ma in un contesto totalmente diverso da quello del 1970: dobbiamo anche capire che il lavoro fisso è sempre più un miraggio e, soprattutto noi amministratori pubblici, abbiamo il dovere di mettere in campo soluzioni, che ci permettano di dare alcune risposte, seppur non definitive, a chi oggi si trova in difficoltà.
Non ci sono solo i contributi, gli aiuti e i provvedimenti assistenziali. Possono esserci anche altre strade, altri strumenti: noi amministratori che ci richiamiamo a idee riformiste non possiamo allargare le braccia in segno di resa di fronte alle tante persone che in questo momento hanno bisogno di aiuto.
Cosa rispondiamo ai tantissimi giovani diplomati, laureati o a coloro i quali nel mezzo della loro vita lavorativa si trovano all’improvviso espulsi dal mercato del lavoro?
Tutto ciò in un contesto in cui le Pubbliche amministrazioni ed i Comuni in primis hanno risorse sempre più limitate.
Non pensiamo che questo sia la “panacea di tutti i mali” o che debba essere un mezzo adottato per i secoli nei secoli: lo strumento dei “Voucher” (i buoni lavoro che sono esenti da qualsiasi imposizione fiscale e non incidono sullo stato di disoccupazione o inoccupazione del lavoratore accessorio, comprendono già la ritenuta fiscale e la copertura assicurativa e previdenziale) esiste e va utilizzato con coscienza e criteri di serietà, senza abusi ma sfruttando ciò
che di meglio questa forma di lavoro ha da offrire.
Oltre a difendere questa scelta, per le ragioni che qui ho tentato di ribadire, e comprendendo al contempo le prese di posizione della CGIL, sono pronto ad un confronto diretto per affrontare le problematiche dei lavoratori ma soprattutto quelle dei “non lavoratori”: un dibattito civile e sereno, ed in particolar modo propositivo e costruttivo.
Rimango quindi a disposizione per affrontare le questioni, ritenendo che sia opportuno optare inizialmente per una scelta diversa rispetto al Consiglio Comunale aperto, per evitare che ci possano essere due “fazioni” che si scontrano a discapito della serenità e della costruttività chequesto dibattito invece dovrà avere.