[Le mie chattate col Presidente ]
Scopriamo che Fedocci e Cossiga avevano un regolare seppur segreto rapporto elettronico (chattavano spesso e a lungo, dopo cena, per computer). Tra una facezia aneddotica e l’altra, però, riceviamo un pugno in piena faccia, quando Fedocci, quasi en passant, ci parla dei contatti tra Cossiga e il capo delle Brigate Rosse, nonché reo confesso assassino di Aldo Moro il 9 maggio 1978.
[Cossiga] Sapeva della mia passione per il caso Moro e rispondeva alle domande che gli facevo. Parlavamo soprattutto di Mario Moretti, il capo delle Brigate Rosse, e mi stupì sapere che l’ex ministro dell’Interno ai tempi del sequestro del presidente della Dc e l’ex dirigente delle Bierre si sentivano al telefono, periodicamente, come vecchi amici.
Ma come? Possibile? Che diceva il terrorista di Porto San Giorgio all’uomo che, come Ministro dell’Interno, aveva guidato, senza successo, la caccia ai rapitori del suo amico e mentore, Aldo Moro? Cosa discuteva Cossiga con la Sfinge delle Brigate Rosse, come il più intelligente e coraggioso ricercatore della vicenda Moro, il Sen. Sergio Flamigni, ha definito Moretti nel suo “Delitti, segreti e bugie del capo terrorista Mario Moretti”?
Quando saranno iniziate le telefonate tra i due? Dopo la cattura?
O dopo la libertà condizionata concessa al Moretti nel ’94 con successivo impiego come coordinatore del Laboratorio di Informatica della Regione Lombardia? Chissà quante nuove rivelazioni sul crimine, ancora irrisolto e su cui Moretti si rifiuta di parlare, che cambiò in peggio il volto all’Italia e il futuro degli italiani.
E qui le domande si affollano nella mente ed è difficile sfuggire alla voglia di immaginare la rottura del velo dell’ambiguità’, delle complicità, delle coperture… Avrà detto Moretti a Cossiga, tra una gentilezza e l’altra, come fece a sfuggire alla cattura nonostante gli agguati delle forze dell’ordine che decimarono tra sparatorie e arresti tutti i cosiddetti leader storici?
Tutti ma non lui. Questione di fortuna, forse, se all’ultimo momento Moretti non si presentava a un importante riunione della cupola BR dove tutti venivano arrestati meno che lui. Forse avranno parlato di quella volta che Cossiga ricevette l’indicazione di investigare “Gradoli” e mandò tutti a scandagliare il lago di Gradoli.
Il rifugio di via Gradoli, dove Moretti stava “interrogando il prigioniero” rimase intoccato nonostante le pressioni della moglie cui Cossiga disse che a Roma non esisteva una via Gradoli.
Quando la “Sfinge” vide il circo equestre nel lago di Gradoli, se la svignò in tutta fretta. Sicuramente fortuna e non complicità e ruolo di “spia” come sono andati dicendo persino i capi BR arrestati e tolti di mezzo lasciando il controllo della macchina terrorista a Moretti. Avrà spiegato Moretti a Cossiga perché impose la decisione di uccidere il “prigioniero” persino contro il parere di altri brigatisti? E che avrà detto delle stampanti dei servizi finite in mano a Moretti?
Avrà parlato degli anni all’Istituto Tecnico Montani di Fermo finanziato dalla marchesa Casati Stampa, non proprio una rivoluzionaria marxista? O magari avranno riso ricordando quel pasticcio che Moretti commise a un suo primo sequestro lampo quando fotografò il sequestrato con una stella a sei punte invece che a cinque.
Ah, se solo quelle telefonate fossero state intercettate. Ma non c’è da contarci.