Senza mezzi per poter svolgere le funzioni che il decreto 112 Bassanini trasferisce alle Regioni, impossibile continuare a mantenere le competenze: per questo le riconsegneremo nelle mani delle più alte cariche dello Stato”. Così il presidente della Regione, Gian Mario Spacca, al termine della Conferenza dei presidenti, riuniti per discutere della manovra economica nazionale all’indomani dell’incontro tra il presidente della Conferenza, Errani, e il ministro Tremonti. Un incontro che si è risolto in un nulla di fatto, con la chiusura del ministro alle richieste delle Regioni di introdurre elementi di maggiore equità nella manovra. Da qui la decisione di rimettere allo Stato le competenze ex Bassanini, in particolare quelle relative a trasporto pubblico locale, mercato del lavoro, polizia amministrativa, incentivi alle imprese, protezione civile, servizio maregrafico, demanio idrico, energia e miniere, trasporti, invalidi civili, salute, opere pubbliche, agricoltura, viabilità e ambiente. “Il clima si sta facendo sempre più pesante – spiega Spacca – Purtroppo, nonostante le Regioni abbiano sempre sottolineato di essere pronte a fare la propria parte e di non volersi sottrarre ai sacrifici imposti dal difficile momento, dal ministro non c’è stata alcuna apertura alle nostre richieste. Quello che stiamo chiedendo da settimane è che la manovra sia più equa e che tutti i livelli di governo, dagli enti locali in su, siano chiamati a compartecipare alla riduzione della spesa. E invece il Governo continua a voler scaricare sulle Regioni oltre la metà del peso di questa manovra. E’ evidente che senza gli strumenti per poter svolgere le funzioni che il decreto 112 ha assegnato alle Regioni, quelle funzioni, per un ammontare pari al taglio dei trasferimenti statali, debbano tornare allo Stato. Non saremmo voluti arrivare a questo punto, ma il no del ministro a una più equa redistribuzione dei tagli non ci lascia altro da fare”. La Conferenza ha poi deciso di istituire una Commissione suppletiva sul controllo delle spese di gestione dello Stato, delle Regioni e degli enti locali: una sorta di commissione “anti-sprechi”. “Questo – sottolinea il vicepresidente della Regione, Paolo Petrini, presente alla Conferenza - al fine di ottimizzare le spese e ridurre i costi per rispondere alle sollecitazioni della crisi, in linea con la volontà sempre espressa dalle Regioni di dare il massimo contributo alla riduzione della spesa pubblica, che pure, negli ultimi anni, è stata ridotta dalle Regioni del -6,2%, incrementata dall’amministrazione centrale dello Stato del +10,8%. Da parte della Conferenza si è poi detto un no forte alla strategia di delegittimare gli enti locali, con campagne mediatiche in cui ad essi e solo ad essi si addebitano le responsabilità di una spesa pubblica fuori controllo. A questo gioco non ci stiamo e del resto i fatti parlano da soli: mentre noi, con senso di responsabilità e nonostante quanto già fatto in questo senso negli ultimi anni, siamo pronti a nuovi sacrifici per razionalizzare e risparmiare, il premier nomina un nuovo ministro che costerà ai cittadini italiani un milione di euro l’anno”. Altre richieste che saranno avanzate al Governo, la gestione diretta dei Fondi strutturali Fas e la necessità di non intaccare il fondo per la salute. “Le Regioni – conclude Petrini - chiederanno poi un incontro all’Anci e all’Upi per la messa a punto di una piattaforma. Oggi più che mai è necessario fare fronte comune”.
Manovra del Governo, Marconi: “Non aiuta la crescita, penalizza la famiglia”
La manovra del Governo per ridurre il debito non aiuta la crescita, non crea sviluppo e occupazione, non permette l’adozione di politiche di sostegno alla famiglia”. Lo afferma l’assessore regionale ai Servizi sociali, Luca Marconi. “La Regione Marche – ribadisce l’assessore – farà la sua parte, mantenendo la spesa storica del sociale”. L’invito al Governo è che “modifichi sostanzialmente la sua manovra e non penalizzi le Regioni virtuose”. Secondo Marconi, “le Regioni devono concorrere al risanamento dei conti pubblici. I sacrifici e la riduzione della spesa siano necessari, ma non possano essere una penalità applicata in modo indiscriminato, anche alla luce del fatto che il debito delle Regioni, dal 2007 al 2009, è diminuito del 6,21%, passando da 45 miliardi a 42 miliardi di euro, mentre quello del Governo è aumentato di quasi l’11%, passando da 1.488 a 1.650 miliardi di euro, con un più 162 miliardi in soli due anni”. Marconi sottolinea, poi, che “è riconosciuto da tutti il ruolo di ammortizzatore sociale svolto dalla famiglia in questa lunga e difficile crisi economica e finanziaria, perché ha sostenuto l’emergenza, aiutando il proprio componente senza lavoro e i giovani in attesa di occupazione. La manovra del Governo penalizza, però, le politiche alla famiglia, con i tagli alle Regioni e ai Comuni. Le famiglie, così, sono costrette a intaccare i risparmi e chi non ha riserve ricorre sempre più – anche nelle Marche - alle mense sociali, al Banco alimentare e alla Caritas. Quelle più svantaggiate, le povere, le numerose, le povere perché numerose, crescono in continuazione. Piuttosto che parlare di welfare del terzo millennio, occorre impegnarsi per non penalizzare i livelli minimi di assistenza, messi in crisi dalle scelte governative”. Marconi ritiene che la manovra non sia equa “perché il Governo taglia agli altri, lasciando invariato il proprio livello di spesa, cresciuto del 50% negli ultimi 15 anni: ogni Governo che si è succeduto, infatti, lo ha aumentato con l’introduzione di nuovi progetti, senza ridurre i precedenti”. L’assessore valuta, quindi, “insignificante il taglio del 10% dell’indennità dei parlamentari, che significa 400 euro in meno nelle tasche di deputati e senatori, e un risparmio di 1 milione al mese o poco più. Diminuisca piuttosto il numero di parlamentari, sempre annunciato e mai fatto (la metà farebbe risparmiare circa 500 milioni di euro, a crescere negli anni) o le migliaia di Enti e istituzioni inutili. Si tassino le Fondazioni, le rendite finanziarie e tutte le attività speculative: provvedimento che permetterebbe di introitare 8 miliardi di euro, con i quali è possibile avviare una seria riforma fiscale a favore delle famiglie numerose, più povere e povere perché numerose”.