Falcioni: a sud un territorio non parte integrante delle Marche

Falcioni: a sud un territorio non parte integrante delle Marche

«Una zona franca nel senso deleterio della parola, dove l’impronta marchigiana è appena accennata»

Le dichiarazioni dirompenti della Lega in consiglio regionale, al di là dei modi e di alcuni contenuti, tolgono il farisaico velo sul vero problema delle Marche: è l’unica regione al plurale. Bella scoperta, obietterà qualcuno. Insisto,al plurale perché disomogenea e per questo poco solidale, soprattutto per i territori di confine.
In effetti la marchigianità, nel senso del vernacolo, costumi, tradizioni si vive dal fiume Aso all’Esino; quella delle decisioni amministrative, del potere invece ad Ancona, ruolo che fa pesare eccome, pur difettando nell’incarnarne l’identità , grande tara per un capoluogo regionale, e per la quale nasce una quotidiana protesta della periferia sull’oramai celeberrimo anconacentrismo.
Ecco perché il debutto leghista ha palesato una lapalissiana evidenza. Quello che succede a nord dell’Esino non mi permetto di giudicarlo anche se la secessione della Val Marecchia rappresenta l’unico caso di passaggi di territorio da una regione all’altra dall’Unità d’Italia in poi, e credo che sia, oltre che un fatto storico, una motivata mortificazione per le Marche.
A sud dell’Aso si trova un territorio che definirlo appendice e non parte integrante delle Marche credo che sia un fatto incontrovertibile. Una vera zona franca nel senso deleterio della parola, dove l’impronta marchigiana è appena accennata mentre forte è l’influenza con il margine delle regioni vicine con le quali si condivide oramai di tutto.
E questa emarginazione ha avuto il suo apice con la divisione della provincia, altro fatto storico ma anche un grande affronto sapendo che è stata proprio la regione Marche la vera responsabile di cotanto scempio.
Ecco perché da queste parti credo che pochi siano sobbalzati dalla sedia alle prime dichiarazioni della Lega, proprio perché questi hanno, a parte i modi e qualche colorito passaggio, colto nel segno.
Solo se la Regione Marche saprà rifondere del danno subito da parte di questo territorio mutilato in investimenti, in qualche intervento straordinario, nell’appoggio alla tanto agognata zona franca e, perché no, puntando sul senso di appartenenza ad una regione che da queste parti viene percepita poco o nulla.
Altrimenti questo Piceno, e sarà normale, preferirà dimostrare che è meglio uno zio adottivo che un padre irriconoscente strizzando l’occhio ai margini limitrofi e chiedendo l’armonizzazione di leggi e politiche regionali in importanti terre di confine, dove in alcuni tratti per quattro secoli c’è stato un confine di Stato. Le cartine geografiche rimarranno intatte per ora, sarà il miglior modo per festeggiare il prossimo compleanno dell’Unità d’Italia e, soprattutto, svegliaremmo una regione distratta».