«Ecco perché ho sempre pensato che la politica sia necessaria per il benessere di tutti. Anche del sistema industriale. Ovviamente non la politica degenerata, quella che gioca con i problemi reali dei territori e che ha orecchie solo per il canto dei più forti, perché magari finanziano campagne elettorali faraoniche. Ma la politica della responsabilità, della progettazione partecipata, del servizio. In questa prospettiva ritengo prioritario lavorare in particolare sui seguenti punti programmatici:
Delocalizzazione ed internazionalizzazione delle aziende: nelle Marche troppo spesso si delocalizza per ridurre “fattori di costo” e si internazionalizza per ricercare il massimo profitto “qui ed ora”; in tal modo il sistema industriale marchigiano non si misura con le sfide del futuro, non innova e per di più dissipa il saper fare dei lavoratori, spesso unico al mondo, non mette a valore i talenti giovanili, la ricerca, le università; un modo miope di rispondere alla crisi che, se non affrontato e risolto, rischia di trasformare il sistema industriale marchigiano in una realtà sempre più marginale ed arretrata.
Ricerca, nuove economie e domanda interna: la tenuta di fondo delle Marche dinanzi alla crisi che stiamo vivendo è dovuta all’altissima diffusione di piccole e medie aziende. Un tessuto vitale che va valorizzato con serie politiche del credito, di servizi ed investimenti per l’innovazione dei prodotti e dei processi. Non dalle strade, infatti, ma dalla ricerca e dal capitale umano dipende oggi lo sviluppo.
Necessaria è anche una nuova politica dei turismi, che costruisca con gli operatori un reale sistema, capace di programmare la qualità interna e promuoversi in modo organico. Ma soprattutto occorre impedire l’ulteriore impoverimento dei lavoratori e favorire la domanda interna dei nostri prodotti. Deprecarizzare il lavoro, estendere, ad esempio, la filiera corta, introdurre i prodotti dell’agricoltura biologica marchigiana nelle mense scolastiche e negli ospedali (come si sta facendo ad esempio nel Lazio): tutti interventi necessari per la qualità della vita delle persone e, nello stesso tempo, capaci di rilevanti ricadute sul sistema produttivo regionale.
La qualità del territorio innanzi tutto: il destino dell’industria è legato alla qualità complessiva del territorio. Per questo occorre un progetto di futuro, condiviso e partecipato. Ed occorre soprattutto un governo regionale non asservito a lobby e poteri forti, ma aperto democraticamente al bene comune.
Sostenibilità, energie rinnovabili, nuova mobilità basata sempre più sul trasporto pubblico e che, per quanto riguarda quello privato, scelga nuovi brevetti sostenibili; ma anche drastica riduzione del consumo di suolo, applicazione dell’industria delle costruzioni alla riqualificazione ed al recupero; capacità di vedere i territori non come contenitori vuoti per attività economiche, anche incompatibili (centrali atomiche, rigassificatori, erc.) ma come luoghi il cui destino va scelto insieme a chi li abita; capacità di scegliere stando ai fatti; quei fatti che oggi ci insegnano, ad esempio, che il mercato non serve ad aggiungere moralità, combattere gli sprechi, ridurre i costi. E che, dunque, alle sue regole non possono essere assoggettati beni comuni come acqua, energie, suolo, aria».