Incarichi che determinano una spesa che supera i 15 milioni di euro
Una stima prudente, visto che all’appello mancano i conti delle zone territoriali di Macerata e San Benedetto.
Duemila incarichi, oltre 30.000, invece, i marchigiani costretti a recarsi fuori Regione per garantirsi la speranza di cure certe e celeri.
Metà di questi nella confinante Emilia-Romagna, sfogo di un meccanismo che, nel 2008, ha inflitto alle Marche una batosta di 112 milioni di euro di mobilità passiva. Una cifra che fa impallidire, se si considera che la sanità assorbe poco più dell’80% del bilancio regionale.
Nonostante l’elevato numero di incarichi, il fenomeno delle liste d’attesa non è stato né risolto né attenuato, e le proteste giungono quotidianamente da tutta la Regione.
Queste le zone territoriali che per incarichi hanno speso oltre un milione: Ancona (2.876.543,30 euro); Fabriano (1.553.332,76); Fano (1.258.376,80); Ascoli (1.231.436,44).
Sotto il milione ci sono Jesi (894.815,83); Pesaro (743.869,82); Civitanova (693.465,40); Urbino (590.432,45); Fermo (450.759,00); Camerino (141.684,38, costo non definitivo); Senigallia (81.308,49, costo non definitivo). L’Asur Marche ha affidato incarichi per 458.630,40 euro e gli Ospedali Riuniti di Ancona per 3.221.076,65 euro.
Cifre che evidenziano come la sanità sia e continui ad essere un pozzo senza fine dove circola molto denaro ma dove, a fronte dei soldi spesi, non corrispondono servizi adeguati. Non mancano le professionalità, c’è invece troppa politica.
Quella che, anziché occuparsi di far funzionare ospedali e servizi, è più attenta alla compravendita immobiliare, a scegliere primari di parte, ad affidare incarichi e consulenze, a chiudere un occhio o non far nulla per risolvere il problema delle liste d’attesa, comode fra l’altro a far tornare i conti e magari premiare qualche dirigente per aver raggiunto determinati obiettivi.
Non bastano gli spot della Regione, pagati anche questi con i soldi dei marchigiani, a coprire tutto questo: quotidianamente gli utenti vivono il disagio di un sistema sanitario lontano da loro, altro che “Il cittadino al centro del sistema”. In questo caso il cittadino è vittima di un sistema clientelare, più attento al business che al malato.