Nessuno avrebbe chiesto le dimissioni dei dirigenti
(il quotidiano della Confindustria e non di Rifondazione Comunista). Il giornale economico dava conto di un sondaggio effettuato prima della tornata elettorale: Massimo Rossi era il presidente di Provincia più amato delle Marche, mentre Silenzi di Macerata la “maglia nera”. Riscontri? Silenzi è stato ricandidato senza alcuna primaria di coalizione ma con l'appoggio di tutto il centrosinistra e ha … perso (beh, come aveva pronosticato Il Sole 24 Ore). Viceversa per la Provincia di Ascoli, regalata al centrodestra, il presidente uscente non è stato ricandidato.
Riscontri? Rossi ha preso in provincia più del Pd, e nonostante la divisione, se si sommassero i risultati elettorali nelle frazioni di centrosinistra si sarebbe ottenuto Rossi+Mandozzi un 52% (e il centrosinistra pagava nonostante tutto lo scotto di andare diviso, altrimenti anche in questo caso il sondaggio de Il Sole 24 Ore ci avrebbe azzeccato con quel 57% che dava per scontato in assenza di litigi che invece hanno caratterizzato la strategia del Pd provinciale contro Rossi).
Per Gionni però non hanno responsabilità i dirigenti o meglio se ce le hanno ce le hanno tutti quelli che hanno condiviso le scelte di quella strategia di divisione, ma non quella delle istituzione della nuova Provincia, quella della stra voluta divisione del centrosinistra.
Però non si dimette. E comunque colpe non se ne hanno tra i dirigenti dice Gionni perché c'è stato un calo di voti al Pd a livello nazionale. E allora come la mette con quel 52% se fossero andati uniti e non avessero fatto la guerra a Rossi? Gionni sembra un pattinatore sul ghiaccio che fa fatica tenercisi in piedi a causa dell'olio che qualcuno ha riversato sulla luccicante superficie, così la sua analisi politica, volta a scaricarsi di responsabilità, fluttua ora da una parte ora da un'altra, sgusciante ed eterea per l'impalpabile concretezza di cui mostra carenza agghiacciante.
Qualunque cosa vi raccontino, in realtà la seconda parte dell'assemblea del Pd provinciale ha avuto un percorso permeato da interventi “fascisti” (Dare del fascista ad un politico non è diffamazione. Lo ha sancito la Corte di Cassazione annullando la condanna di un consigliere di Crotone che durante un consiglio comunale aveva qualificato il sindaco "fascista nel senso più' deteriore della parola". Ma questa per la Cassazione era solo "critica politica", che "consente l'utilizzo di espressioni forti e suggestive al fine di rendere efficace il discorso e richiamare l'attenzione di chi ascolta".
"Con il termine fascista - dice la Cassazione - non si fa che richiamare una ideologia e una prassi politica che e' stata in passato propria di molti italiani" e sul piano politico con tale termine "si intende stigmatizzare da parte degli avversari politici, un comportamento ritenuto arrogante e antidemocratico". Diverso e' il caso in cui il soggetto dell'epiteto sia un comune cittadino: il termine diventa "offensivo perché' mira a dipingere lo stesso come arrogante e prevaricatore").
Vi chiederete perché utilizziamo questo termine.
E' semplice, perché anticipiamo le mosse di certe signori che hanno abbracciato la via del pensiero unico e quando un giornalista, io ad esempio, si permette di avere un pensiero critico nei confronti del loro operato, si affidano alle querele. Non mi intimidiscono perché sono in tanti a pensarla come me su quello che fanno politicamente.
Quindi, poiché la Corte di Cassazione me lo permette, io ritengo fascista l'attuale consigliere provinciale Lucio D'Angelo che nel suo intervento ha apostrofato Antonio Canzian, con i suoi 14.273 voti e quindi elettori, persone, che non potrebbe appropriarsi di un popolo.
Fascista l'attacco al presidente della Regione Gian Mario Spacca che dalla sua avrebbe la colpa di aver regalato l'Azienda unica ospedaliera, cioè centinaia di milioni di euro, ad Ascoli. E ritengo consono a certi atteggiamenti addirittura il bacio d'assenso a quelle tesi.
Una volta per qualcuno era sufficiente battere le mani. Ritengo fascista far credere all'opinione pubblica che nessuno abbia chiesto le dimissioni del segretario provinciale e dei dirigenti in senso generale. Chissà cosa voleva dire nel suo intervento nella prima giornata dell'assemblea provinciale Antonio Canzian quando ha chiesto al segretario e a quanti avevano condiviso certe scelte di assumersene la responsabilità?
Mi perdoneranno nel centrodestra l'abuso di tali termini, sono certo che comprenderanno il senso, visto che da quella parte, che pure ho criticato in modo puntuale, c'è stato un comportamento attinente al ruolo pubblico che svolgono, cioè replicare o accettare, se ritenute giuste, le critiche.