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Sindaci autonomi: prendere esempio dalla Val Marecchia
«Puntare sullunione di territori di margine, da Amatrice a Norcia fino al fiume Salinello»
plurale è d’obbligo. Il referendum del nord della regione così lontano (da Ascoli si arriva prima a Foggia), insegna come situazioni esasperate di confine non vanno sottaciute o ingoiate, con clima di rassegnazione all'ineluttabile destino, ma urlate fino alla minaccia di estreme conseguenze. Il Piceno, dopo la mortificante divisione con Fermo, per la quale si sono adoperati, sbracciati, spesi tutti i marchigiani che potevano contare, rischia di vivere lo status di zona franca, né Marche, né Abruzzo, né Lazio, né Umbria, con tutte le conseguenze del caso. Ecco perché la Val Marecchia ci insegna che questa regione deve temere di perderci perché riconsideri questo territorio, da loro ritenuto di confine in tutti i sensi, anche perché poco marchigiano per le motivazioni sopra elencate».
E' l'appello lanciato dai sindaci del Map, Armando Falcioni, Pasquale Allevi e Giuseppe Mariani, in occasione di un recente incontro avvenuto al ristorante "Parco dei Tigli" di Piane di Morro, Folignano, a cui hanno partecipato oltre seicento persone.
«Con questo epocale evento avvenuto nel Montefeltro - hanno sottolineato Allevi, Falcioni e Mariani - vorremmo sottolineare che la valle del Tronto ed il suo capoluogo non possono essere solo luogo ideale per depuratori, discariche, siti per popolazioni erranti (con tutto il rispetto per queste situazioni). Si antepone la quadrilatero all'ammodernamento della Salaria, si tace su quello della Piceno-Aprutina per Teramo, si ignora il Piceno sul problema delle tre corsie dell'autostrada che si ferma a Pedaso. Appunto, perché oltre è Piceno e non Marche. Ecco perché il Map punta sull’unione di territori di margine, da Amatrice a Norcia fino al fiume Salinello, che servirà proprio a manifestare quello che la Val Marecchia ha ufficializzato con un dirompente referendum. E questa – hanno proseguito i tre sindaci - sarà l'occasione perché Ascoli e il suo territorio non si adagi ad essere per sempre la periferia di Ancona, ma il capoluogo di una grande provincia di fatto che vada oltre il segno rosso sulle cartine geografiche.
Visto che autorevoli parlamentari hanno indicato per la Val Marecchia l'applicazione dell'art. 116 della Costituzione (forme speciali di autonomia per territori di confine), ciò vale solo per territori che minacciano di abbandonare la regione, o anche per coloro cui va riconosciuto una forma di danno per l'impopolare, inopportuna, unilaterale divisione della provincia? Credo che sia l'occasione per chiedere a gran voce una considerazione diversa ed un trattamento a parte rispetto a quella di indesiderati ospiti. Così come, pare, lo siano nelle rispettive circoscrizioni amministrative l'alto Lazio, la val Vibrata e l'agro norcino. Ma sarà fondamentale il coinvolgimento della base, dei comitati spontanei, di intese bi-partisan (guardate Fermo) se ciò che si lamenta sia estemporaneo disagio, o come crediamo, al di là di ipotetiche secessioni o annessioni, vero isolamento e distacco, soprattutto storico e culturale. Lo vogliamo gridare o aspettiamo che anche la RAI regionale anteponga, (esempio di fatto documentato), le raviolate in oratori anconetani al grande Carnevale di Ascoli? Poi non dite che è colpa nostra se nelle occasioni in cui ci chiamano marchigiani noi non ci giriamo neppure, credendo si riferiscano alla persona accanto».