«Sulla divisione della Provincia avrebbe dovuto prevalere il buon senso»
ricostruire con chiarezza le diverse posizioni. Mi preme, innanzitutto, ribadire che la mia posizione su questo tema non è frutto di riflessioni dell’ultimo minuto ma è stata, fin dall’inizio, sempre la stessa: non sono mai stato convinto dall’approccio metodologico (che ho definito "peccato originale") utilizzato per procedere alla divisione del patrimonio, dei beni e del personale.
E’ vero che sono stati fatti negli anni decine di incontri e riunioni ma è altrettanto vero che le reali problematiche non sono mai state, a mio avviso, ben definite e che il continuo mutamento di dati e proposte nelle varie fasi ha avuto l’effetto di aumentare le perplessità, peraltro condivise da forze politiche e sociali. Il mio punto di vista, seppur chiaramente espresso dal principio, doveva forse essere più incisivo, nonostante i “comprensibili” dissensi che ha sempre suscitato. La “politica”, più in generale, avrebbe dovuto svolgere un ruolo più netto, non affidandosi solo alle elaborazioni tecniche, più o meno attendibili, di questo o quel “professionista” ma lasciandosi guidare dal comune buon senso e lavorando affinché le due Province potessero partire senza penalizzazioni. Un concetto che tutti, a parole, hanno sempre condiviso ma che, alla prova dei fatti, mi pare sia stato in parte disatteso. La Provincia di Ascoli partirà in teoria “non penalizzata” ma di certo si troverà, per tutte le questioni già note, in posizione di svantaggio.
Alcuni degli emendamenti presentati dai consiglieri provinciali del PD che propongo correzioni al bilancio 2009 sono anche la conseguenza della non completa accettazione delle delibere sulla divisione.
Quanto detto sopra intende sottolineare il lungo processo di riflessione che ha portato infine tre assessori (non due come si vorrebbe far credere) a non votare le delibere. Si è trattato di un voto sofferto, ragionato e consapevole. Motivato dalla ferma convinzione che le Province non debbano assolutamente partire sbilanciate o squilibrate. Non accetto quindi per nessuna ragione di essere definito, insieme ai miei colleghi, uno “sfascista”, un distruttore di quelle Istituzioni in cui credo fermamente e in cui da anni opero con passione nel rispetto delle leggi e nell’interesse dei cittadini, conseguendo risultati reali e non fumosi che sono tangibili e sotto gli occhi di tutti.
Tantomeno posso accettare il sospetto di una volgare azione elettorale. Prima di essere un iscritto al Partito Democratico, di cui sono orgoglioso di far parte, sono un amministratore pubblico e, come tale, antepongo l’interesse della collettività, e in particolare delle fasce più deboli, a quelli del partito. Inoltre non sono candidato ad alcun incarico e mi auguro che l’azione amministrativa possa avvalersi della linfa di giovani e bravi amministratori, capaci di portare una ventata d’aria fresca in una “foresta” che non è buia ma rigogliosa e di risvegliare anche nei “vecchi” amministratori un nuovo entusiasmo. Continuerò a lavorare con impegno, passione, tenacia e collegialità, in vero accordo e vero rispetto dei consiglieri provinciali, seguendo cioè i criteri che mi hanno sempre ispirato, nella speranza che tutti i miei colleghi sappiano fare lo stesso, perseguendo interessi superiori a quelli dei singoli e finendola una buona volta di isolare, denigrare e offendere con arroganza chi la pensa diversamente. Perché la democrazia, oltre che predicata, va praticata».