L'Europa boccia la settimana lavorativa a 65 ore

L'Europa boccia la settimana lavorativa a 65 ore

Ora, per tutti i Paesi della UE, l’orario massimo di lavoro non deve superare le 48 ore settimanali

possibilità di lavorare fino ad un massimo di 65 ore settimanali. Ora, per tutti i Paesi della UE, l’orario massimo di lavoro non deve superare le 48 ore settimanali. La settimana lavorativa a 65 ore era nata qualche anno fa quando il Regno Unito aveva ottenuto che i lavoratori, operanti nel suo territorio, potessero lavorare, a certe condizioni, fino ad un massimo di 65 ore settimanali. Attualmente sono ben 15 i Paesi europei che autorizzano le aziende a superare il tetto massimo di ore lavorative settimanali, tra queste l’Estonia, Malta ma anche la Repubblica Ceca, il Lussemburgo, i Paesi Bassi, la Polonia, la Slovacchia, la Slovenia e la Spagna.
L’attuale direttiva, risalente al 2003, prevede per i lavoratori un periodo minimo di riposo di 11 ore consecutive ed almeno 4 settimane di ferie annuali retribuite. La possibilità di deroga a tali disposizioni è lasciata ai contratti collettivi.
Proprio a Strasburgo, alla vigilia del voto, si sono  mobilitati i sindacati europei che considerano l’allungamento dell’orario di lavoro come un arretramento delle conquiste sociali.      
La Parlamentare europea Roberta Angelilli, confermando il suo no alle 65 ore ha detto:”non possiamo far pagare ai lavoratori in termini di salute e con l’allontanamento dalla vita familiare una direttiva di aumento di ore che è quindi inaccettabile”.
Il greco Padimoulos ha respinto la richiesta “perché riporta indietro la storia delle conquiste sociali di oltre 100 anni”.
Il voto espresso dalla maggioranza degli europarlamentari evita un pericoloso abbassamento delle tutele in materia di sicurezza e salute per milioni di  lavoratori. Il Consiglio Europeo non potrà non tener conto della netta posizione espressa nonchè delle forti preoccupazioni dei lavoratori e dei cittadini europei riguardo la grave crisi economica ed occupazionale che stiamo attraversando.
Proprio per fronteggiare la crisi economica in Italia si sta valutando la possibilità di una settimana lavorativa di 4 giorni nelle aziende in crisi . Proposta avanzata qualche tempo fa dalla CISL, ripresa in Germania da Angela Merkel  e che non dispiacerebbe al nostro Presidente del Consiglio Berlusconi come dallo stesso anticipato nella conferenza stampa tenutasi sabato scorso a Villa Madama.
La settimana lavorativa di quattro giorni,integrata da ammortizzatori sociali potrebbe salvaguardare i redditi, l’occupazione e la durata delle imprese.
Come detto dal segretario confederale CISL Bonanni “il lavoro che abbiamo oggi si potrebbe distribuire tra più lavoratori ricorrendo alla settimana corta, fornendo ai prestatori d’opera redditi che provengono dal lavoro e dal sistema degli ammortizzatori sociali”.
Ora tutti si augurano che il governo dalle parole  passi ad una convocazione di tutte le parti sociali   con un confronto serio per affrontare la crisi.

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