A sinistra nel Pd: mantenere le alleanze di centrosinistra

A sinistra nel Pd: mantenere le alleanze di centrosinistra

«Se si vogliono confermare le vittorie elettorali del 2004 e del 2005»

problematiche relative alle scelte per le prossime elezioni amministrative. «La nostra associazione - fa sapere una nota - riconferma con forza l'imprescindibilità dell'alleanza con le forze del Centrosinistra, da Rifondazione fino all'IDV, indispensabile per riconfermare il governo delle province marchigiane e dei comuni che attualmente sono in gran parte governati da alleanze di centrosinistra.
La stessa riunione del 4 dicembre a Grottammare ha evidenziato nella relazione del On. Fontanelli la massima attenzione per le esigenze del territorio, ma allo stesso tempo che le scelte devono essere fatte "cum grano salis". Se non riconfermiamo l'alleanza con Rifondazione si vincono le elezioni? Se per altri territori vale la regola della riconferma del presidente uscente la stessa deve valere per tutti i partiti - prosegue la nota dell'associazione -  E comunque anche nell'ottica di un partito federato, il Partito delle Marche deve tenere conto di tutto quanto avviene all'interno della Regione. E' patrimonio di tutti il mantenimento delle alleanze di centrosinistra se si vogliono confermare le vittorie elettorali del 2004 e del 2005». 

Ecco una bozza di documento dell'associazione A sinistra nel Pd Marche:

1.Il partito democratico marchigiano dovrebbe dotarsi a breve di una carta fondamentale e di un suo statuto, così come ha già fatto il partito emiliano, quello toscano ed altri ancora.
 
Ma pur essendo un partito radicato in un'area geografica elettoralmente forte, e pur amministrando molte sedi istituzionali (moltissimi comuni, tutte le province, la regione e le molte aziende e società che fanno corona a quei momenti istituzionali), il nascente partito democratico marchigiano non riesce (o non vuole) a darsi una struttura interna democratica tale da poter compiere periodiche analisi della società marchigiana e delle sue esigenze, assumendo decisioni conseguenti in grado di incidere nella crescita del territorio di riferimento.
Inoltre esiste un forte scollamento tra i lavori del Parlamento nazionale e dei parlamentari eletti in quella sede e le esigenze della Regione Marche, scollamento aggravato dall'assenza di una sede formalmente deputata a coordinare l'azione degli eletti e a formulare linee di azione.

2. L'associazione “A sinistra”, che raccoglie quanti si sono impegnati per far nascere anche nelle Marche il partito democratico pur essendo essi in forte disaccordo con le modalità seguite dai gruppi dirigenti nazionali dei Ds e della Margherita nell'impostare la fusione a freddo dei due ex partiti, evitando di affrontare le questioni della collocazione internazionale, del pluralismo interno, delle alleanze, del federalismo del nuovo partito e dei rischi di cesarismo, anche in sede locale, oggi ritengono colma la misura e chiedono discontinuità e un nuovo inizio a partire dal territorio e dagli impianti marchigiani del nuovo partito democratico.
Pertanto ritengono urgentissima la convocazione dell'assemblea costituente marchigiana, dell'esistenza della quale si è perduta la memoria, per colmare il vuoto di direzione e di confronto politico che rende difficile fare politica oggi nelle Marche a chi non sia consigliere regionale, provinciale o comunale, e anche in quei casi riduce tutto a confronti tra persone senza che le scelte da compiere passino all'interno di organismi provinciali o regionali.

3. Il caso della mancata redazione della carta fondamentale del nuovo partito democratico marchigiano da parte della commissione appositamente eletta dalla costituente regionale, e il caso della fragilità della bozza di statuto regionale che sta avviando il suo percorso di consultazione all'interno del partito sono pesanti ed evidenti conseguenze della mancanza assoluta di direzione collegiale del partito democratico marchigiano.
Nella bozza di statuto regionale è infatti assente la rivendicazione di una autonoma collocazione delle Marche e dei marchigiani impegnati nella costruzione del partito democratico rispetto ai limiti dello statuto nazionale. Non si fa cenno alla necessità di una redistribuzione dei fondi nazionali anche nelle casse già esauste dei partiti regionali, e non sono sufficientemente valorizzati i punti di novità che hanno segnato la nascita del nuovo partito.
L'obbligatorietà della fine dei mandati elettivi dopo due volte, viene sfumata con l'introduzione di eccezioni abbondanti. E lo stesso principio per le cariche direttive di partito si perde in confuse procedure che tendono a conservare gli antichi difetti senza normare rigidamente il nuovo.
La selezione delle candidature viene affidata solo in parte al metodo delle primarie, e l'elezione diretta dei coordinatori e dei segretari non favorisce il pluralismo interno ma lo scoraggia, con procedure legate a eccessive quantità di firme di presentazione che favoriscono una gestione totalizzante da parte delle maggioranze uscenti.


4. Se ci fossero le condizioni minime per una discussione serena degli emendamenti alla bozza di statuto regionale in questa fase dell'avvio del dibattito sarebbe possibile presentare numerosi emendamenti allo scopo di rendere il futuro partito democratico marchigiano davvero pluralista al suo interno e veramente nuovo nelle sue regole.
Nella situazione concreta che vivono le Marche appare più realistico porre questi problemi (ed altri analoghi, nonché la questione dei contenuti della carta fondamentale e quella della composizione dell'organismo esecutivo) come questione pregiudiziale all'avvio della discussione sugli emendamenti, che rischierebbero di essere tutti respinti in assenza di un preventivo accordo politico tra minoranze e maggioranza interna.
Se, in presenza di opinioni divergenti su questioni molto rilevanti, ci si limitasse ad usare la forza delle percentuali delle singole liste che si sono presentate nelle primarie che hanno eletto Sara Giannini, si creerebbero solo le condizioni per l'emarginazione di ogni minoranza oggi esistente, e di ogni minoranza immaginabile in futuro.
E' quindi evidente che l'intera discussione che oggi si apre sull'articolato dello statuto marchigiano dovrebbe essere preceduta da un accordo sul rispetto delle minoranze e sulle modalità di introduzione di modifiche statutarie sulla base delle esigenze del pluralismo interno e non sulla base del semplice principio maggioritario.