Valmarecchia alla Romagna, la Regione dice no

Valmarecchia alla Romagna, la Regione dice no

Si reputano "più opportuni, efficaci ed economici" interventi programmati e azioni concordate

del quale si erano espresse le popolazioni locali con un referendum consultivo svoltosi il 17 dicembre del 2006. In mattinata la giunta ha espresso parere negativo sullo schema di disegno di legge predisposto dal ministero degli Interni e dal ministro per gli Affari regionali e le Autonomie locali sul distacco dei Comuni di Casteldelci, Maiolo, Novafeltria, Pennabilli, Sant'Agata Feltria, San Leo e Talamello dalle Marche e la loro aggregazione alla Regione Emilia-Romagna. Il provvedimento passa ora all'esame del consiglio regionale, che dovrà votarlo.  La giunta marchigiana riconosce la particolare situazione dell'area dell'Alta Val Marecchia che, pur facendo riferimento istituzionale e amministrativo alla Regione Marche, gravita per la sua specifica condizione geografica, sul territorio contiguo della bassa Romagna. Ma invece di distacchi territoriali, reputa "più opportuni, efficaci ed economici" interventi programmati e azioni concordate fra i vari enti locali della Valle del Marecchia e le Regioni interessate, per favorire l'aggregazione dei territori coinvolti. Proprio con questo obiettivo, ricorda la giunta, l'1 marzo 2007 è stato sottoscritto uno protocollo d'intesa tra i presidenti di Marche ed Emilia Romagna e delle due Province coinvolte (Pesaro Urbino e Rimini).   Il territorio della Valmarecchia, si legge nel testo approvato oggi, insiste per i suoi rapporti economici, le infrastrutture viarie, la gestione dei bacini e della rete dei servizi sanitari e scolastici anche sulla Provincia di Rimini, ma i valori ambientali e culturali dell'Alta Valmarecchia rappresentano un "bene condiviso", che le due Regioni devono salvaguardare e valorizzare, visti i consistenti flussi turistici della Riviera adriatica.   L'aggregazione alla Regione Emilia Romagna dei sette Comuni si inserirebbe "in un contesto nazionale particolarmente complesso, caratterizzato da numerose iniziative referendarie e legislative di passaggio di Comuni da una Regione all'altra e dalla predisposizione, da parte del Governo, di un disegno di legge costituzionale tendente a modificare l'art. 132 della Costituzione". "Va poi rilevato - prosegue la delibera - che la sentenza n. 334 del 2004 della Corte Costituzionale ha sottolineato il carattere "meramente consultivo" del referendum popolare del 17 dicembre 2006, con il quale i cittadini si sono espressi a favore del distacco, rimandando alla discrezionalità dei consigli delle Regioni interessate il compito di contemperare il diritto di autodeterminazione del singolo Comune con la tutela della volontà della collettività regionale". "Se la richiesta di distacco fosse accolta - eccepisce la giunta marchigiana - seguirebbero verosimilmente numerose altre analoghe richieste". Per questo è meglio "privilegiare l'esigenza primaria di mantenimento dell'attuale assetto territoriale, sociale e culturale e l'immagine unitaria della regione, della quale i Comuni interessati rappresentano una parte estremamente significativa".