Stabilire se i cinque afgani, liberati in cambio della libertà del collega de La Repubblica, fossero terroristi o combattenti, al di là di ogni ideologia, sembra un passo opportuno. I personaggi rilasciati dal governo afgano combattevano e probabilmente torneranno a farlo, una guerra quotidiana, con metodi leci e illeciti, propri di ogni guerra.
Perchè già pare illecita ogni guerra in una società civile. Costoro combattono nel proprio paese contro forze d'occupazione, senza entrare nel merito degli scopi politici dell'occupazione. Difficile è paragonare questi signori con gli appartenenti alle Brigate Rosse o altri gruppi terroristici in altri paesi. Secondo punto è quello relativo alla libera informazione della quale ogni abitante di questo mondo ha il sacorsanto diritto di non vedersene privato, pena la propia stessa liberta di autodeterminarsi di fronte a ciò che gli accade intorno.
Perchè, è bene che si sappia, Daniele Mastrogiacomo, così come tanti altri colleghi inviati in scenari di guerra, è lì per farci sapere ciò che veramente accade. Già, perchè se l'informazione fosse soltanto quella che ci arriva dai briefing e dai bollettini militari, cioè da coloro che la guerra la fanno, e ne sono quindi protettori per professione, non si conoscerebbero storie che spesso, sempre più spesso ci fanno vergognare di appartenere alla razza umana.
Ciò detto, capirete come sia comprensibile il nostro disappunto nel sentire pareri trasversali nel mondo politico che vogliono far passare il teorema che i giornalisti non debbano andare a rischiare in quelle zone. Equivale a dire che in uno stato di prepotenza, chiunque lo abbia generato, è la prepotenza che continua a prevalere sulla civiltà.
Così, nella ridda di critiche a questa liberazione rea di avere barattato una vita con "terroristi" di nuovo in azione, fa piacere a qualcuno dimenticare la reale condizione che la forza bellica produce nel consesso dei cosiddetti stati industrializzati. Ricordate la vicenda del Cermis?
Wikipedia dice «Il
3 febbraio 1998 alle ore 14.13 un
Grumman EA-6B Prowler,
aereo militare
statunitense del
Corpo dei Marines al comando del capitano
Richard J. Ashby, partito dalla base di
Aviano, tranciò il cavo della funivia del
Cermis, in
Val di Fiemme. Nella cabina erano stipate 20 persone che caddero per 80 metri prima di morire al suolo. Il velivolo, danneggiato all'
ala e alla coda, fu comunque in grado di far ritorno alla base. Nella strage morirono i 19 passeggeri e il manovratore, tutti di nazionalità
europea, comprendenti tre
italiani, sette
tedeschi, cinque
belgi e due
polacchi». Bene sappiate che nessun militare americano verrà mai processato nel paese dove ha commesso dei reati o contro cui ha commesso quei reati.
L'assassinio di Nicola Calipari, uomo dello Stato, che era in Iraq per liberare la collega Giuliana Sgrena, ad opera di un militare americano, è un altro macroscopico esempio per il quale si misura la differenza tra cittadini dello stesso mondo. Di più, tra cittadini d'elite come quelli che possono ritenersi abitanti dei paesi più industrializzati. Insomma l'eguaglianza è un concetto subordinato. Allora, vogliamo smetterla di coltivare il seme dell'ipocrisia?
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