Non è una cosa da poco abituati come siamo ad una sorta di presente permanente dove la competizione economica produce conflitto e divisione proprio tra coloro che l’“onda” di questi giorni riunifica: i lavoratori pubblici e quelli privati; i lavoratori delle piccole imprese e quelli delle grandi; i precari e gli “altri” precari; i giovani e gli anziani; gli italiani e gli immigrati; il mercato e lo Stato.
Proprio quel mercato che sembrava “infallibile” e quello Stato considerato fino a ieri “impronunciabile”.
Ma può l’intervento pubblico salvare le banche e contemporaneamente distruggere la scuola, l’istruzione, la ricerca, l’Università; tagliare la sanità, le risorse dei Comuni, “massacrare” il lavoro nelle funzioni pubbliche al grido di “fannulloni, fannulloni” e pretendere pure il consenso delle “vittime”?
Non si esce così dalla crisi; così si distruggono le basi della competitività futura, quella in cui la ricerca, il sapere, l’innovazione, la qualità sociale saranno sempre più opzioni inevitabilmente strategiche. Di questo parla anche la difficoltà in cui versa la nostra economia regionale e le crescenti crisi aziendali (si pensi all’utilità di detassare gli straordinari quando, nelle Marche, la cassa integrazione aumenta del 148,3%).
E’ questa, prima ancora delle quantità economiche, la dimensione che è sfuggita a chi ha ritenuto di firmare a Palazzo Chigi il contratto dei dipendenti pubblici: un accordo insostenibile per la dignità di chi si pretende di rappresentare. La CGIL non ha firmato e conferma lo sciopero di lunedì prossimo per almeno 5 ragioni legate al merito dell’intesa:
1- l’accordo prevede un aumento di 60 euro lordi; il precedente contratto ne prevedeva 103 con un’inflazione che era la metà di quella di oggi;
2- i lavoratori degli Enti Locali e della Sanità (che sono oltre due terzi dell’insieme del lavoro pubblico) non avranno alcuna restituzione di ciò che è stato tagliato loro a gennaio. Un vigile urbano perde 80 euro al mese; un infermiere che faccia almeno un turno notturno perde 120 euro al mese.
3- I lavoratori dello Stato potrebbero recuperare tra giugno e dicembre 2009 soltanto il 30% delle indennità perse dal 1° gennaio 2008;
4- Il restante 70% resta affidato ad un generico impegno;
5- Dal 1° luglio 57.000 lavoratori “precari” andranno ad ingrossare le file di quell’esercito invisibile di disoccupati senza tutele di cui nessuno parla.
Queste ragioni sostengono la scelta di confermare lo sciopero di lunedì, la manifestazione ad Ancona, la necessità che siano i lavoratori a pronunciarsi sul merito dell’intesa. Esserci è un investimento sul futuro di ciascuno e di tutti.