Aborto e i crociati dell'antiaborto

Aborto e i crociati dell'antiaborto

Se si vuole evitare l'aborto bisogna mettere in atto misure preventive adeguate

chi vuole difendere la dignità della professione medica e chi il diritto del nascituro ad una vita normale. Leggere in questi giorni le polemiche sull’aborto ed il documento dei medici di Roma sulla rianimazione dei prematuri genera una profonda indignazione. Un sentimento di rabbia per la manipolazione da parte e parte di un argomento così doloroso, privato ed eticamente delicato, che non dovrebbe costituire un terreno di scontro politico tra laici e cattolici i quali, animati da principi antagonisti, dimenticano la centralità del dramma della madre, della donna che non può portare avanti una gravidanza.
L’aborto si è detto spesso non è una conquista, è sempre e comunque una sconfitta. E’ l’ultimo atto di quello che per la maggioranza delle donne è un percorso di solitudine, paura, umiliazione ed ignoranza. Un’esperienza comunque straziante che in Italia devono vivere oltre 130 mila donne ogni anno, secondo le cifre presentate dal Ministro Turco, a dimostrazione del successo, nell’applicazione della Legge 194. Si parla inoltre di una cifra sottostimata, dal momento che ormai le giovanissime fanno più spesso ricorso alla pillola del giorno dopo, che induce l’interruzione di gravidanze incipienti, e quindi meno evidenti, sia dal punto di vista fisico che psicologico, ma aborti a tutti gli effetti.
Che l’aborto è un sintomo di disagio sociale ed economico, lo conferma pure il fatto che negli ultimi dieci anni sia diminuita la percentuale di donne italiane ed è triplicata quella delle donne immigranti, spesso trapiantate senza una rete sociale e familiare di sostegno, che permetta loro di assumere la responsabilità di una maternità consapevole. Tra chi vorrebbe promuovere una moratoria sull’aborto, come la teodem Binetti o il Ferrara (folgorato sulla strada di Damasco), c’è il vuoto dello stato, di società e di solidarietà. Un vuoto che permette di confondere l’effetto con la causa.
L’aborto è terribile, triste e deplorevole, ma più terribile è uno stato che non mette come priorità l’educazione sessuale dei giovani, che non investe a sufficienza nelle politiche di prevenzione, e che non sostiene le donne nelle scelte di pianificazione della maternità. Uno stato che sembra vergognarsi della sua "laicità costituzionale", e che lascia territori incustoditi da dare in pasto ai fondamentalismi religiosi di diversa matrice. La discussione dovrebbe dunque spostarsi su come prevenire e diminuire il numero degli aborti, non attraverso una moratoria (provocazione o svolta conservatrice?) o malabaronismi medico-tecnologici, ma attraverso una politica proattiva d’educazione e pianificazione della maternità. Una politica sanitaria e sociale, che rimetta le donne nelle condizioni di scegliere liberamente la libertà che è data dalla consapevolezza, dalla mancanza d’ostacoli materiali ed economici, dalla cultura e dall’assenza d’abusi e di paure.
L'articolo 7 della 194 dice che quando sussiste la possibilità di vita autonoma del feto, il medico che segue l'intervento deve adottare ogni misura idonea a salvaguardare la vita. Allora perché quell'iniziativa di alcuni medici se non per aggiungere un ulteriore elemento emotivo a una discussione che ha assunto toni da crociata? Già l'equiparazione con la pena di morte è una forzatura priva di logica; già lo slogan "sì alla vita" è assurdo; c'è forse qualcuno che vuole sostenere "no alla vita"? E poi di quale vita si sta parlando? Qualche giorno fa il caso di una bambina sopravvissuta a un aborto terapeutico dopo la diagnosi che al feto mancavano i globi oculari. Non cieca, completamente priva dell'organo della vista. Nata alla 22esima settimana, pesava 500 grammi. Dopo dieci giorni ha subito un intervento al cuore, un'emorragia cerebrale le ha provocato una quasi totale sordità, a 15 mesi pesa 6 chili e le sue condizioni continuano a rimanere critiche. Riferisco questo tragico caso non per accrescere l'enorme emotività del tema ma solo per dire che ogni aborto è un caso a sè, ogni dramma è diverso da un altro dramma, e che una donna non decide (quasi) mai di abortire a cuore leggero. Bisognerebbe ragionare di più sulle persone e meno sui principi, accantonare le ideologie e scendere nella vita delle persone, dialogare e non brandire la spada e l'aspersorio. Soprattutto come ha detto il prof. Veronesi, se si vuole evitare l'aborto bisogna mettere in atto misure preventive adeguate, insegnare davvero l'uso corretto delle pratiche anticoncezionali.