La verità nuda e cruda non piace a nessuno, specialmente ai politici coinvolti in scandali
Sotto accusa la trasmissione Annozero di Michele Santoro. Mostrare la realtà della politica italiana in tv, con tanto di verbali, cifre e dati alla mano che riguardano eminenti personalità politiche, di destra come di sinistra, è diventato un attacco al pluralismo e non giornalismo. Sott’accusa il programma Annozero che non avrebbe rispettato, secondo il presidente dell’Authority, Corrado Calabrò, i principi di completezza e correttezza dell’informazione, d’obiettività, equità, lealtà, imparzialità, pluralità dei punti di vista e osservanza del contraddittorio, in base all’atto d’indirizzo della commissione di Vigilanza. Il monito di Calabrò fa riferimento ad alcune puntate di Annozero, dal caso De Magistris-Mastella al caso Forleo-D’Alema, dalle intercettazioni Berlusconi-Saccà fino ad arrivare alla puntata di Giovedì scorso in cui si è fatto il punto sul processo Cuffaro e sulle sue tardive dimissioni, ritenute più spontanee che spontanee. E’ vero che l’approccio di Santoro alle notizie è molto severo, crudo, a volte spietato, le sue trasmissioni ricordano molto più “Un giorno in pretura” che non un approfondimento politico sulle vicende di cronaca. Questo però è dato dall’estrema precisione con cui Santoro, avvalendosi della consulenza del temutissimo Travaglio, dà le notizie. I verbali di un processo non sono né di Destra né di Sinistra, e i numeri, i nomi e le cifre in essi contenuti non possono essere di parte. La verità è che la verità nuda e cruda non piace a nessuno, specialmente ai politici che sono coinvolti direttamente in scandali o inchieste giudiziarie.
Il libro La Casta, dei citatissimi Stella e Rizzo, fa un lavoro non dissimile dall’opera giornalistica di Santoro, con la differenza che è politicamente corretto nel fare un calderone delle colpe e delle responsabilità, inimicandosi la classe politica nel suo complesso e non i singoli, che pare tengano molto al “mal comune mezzo gaudio” o al più celebre “così fan tutti”. Santoro invece fa nomi e cognomi, come quello di Cuffaro, per esempio, condannato a 5 anni non per mafia ma per aver favorito alcuni boss mafiosi (la differenza a tutt’oggi mi sfugge), che festeggia la sua condanna perché poteva andargli molto peggio. Adesso, dopo essersi dimesso da governatore, mal che gli vada farà il capolista per l’Udc al Senato, finendo magari sulla lista dei ministri di Berlusconi.
In tempi non sospetti, Santoro ha anche fatto il nome di Mastella portando a galla alcune anomalie della gestione politica del suo ministero e del suo partito, cosa che oggi è sotto gli occhi di tutti.
Dunque un operazione verità quella di Santoro, che non piace ai politici ed anche al garante, perché manca il contraddittorio, perché disequilibrato, aggressivo e bla bla bla…..meglio dunque un soporifero Porta a Porta dove va in scena una rappresentazione della realtà incartata e infiocchettata per il telespettatore troppo sensibile che vuole essere preso per il naso e sentire il solito chiacchiericcio istituzionale.
Io spero di sentire molte altre trasmissioni parlare delle cose e dei contenuti della politica in maniera appassionata, sostenuta dai fatti e non dalle chiacchiere, ma ho timore che stavolta Santoro l’abbia fatta davvero grossa. Da quando non fa più sconti alla sinistra è rimasto solo e inviso a molti, nessuno si sente più di difenderlo, in fondo sono lontani i tempi in cui il bersaglio preferito di Santoro era il caro Silvio, cosa che valse al giornalista il seggio di Strasburgo e l’esilio dalla tv di Stato di Berlusconi. Insomma il giornalismo bipartisan, la controinformazione sull’attuale governo e l’onesta difesa della verità non paga anzi è ritenuto un attacco al pluralismo. La Casta, per bocca del Garante, ha sentenziato e vedremo come andrà a finire per Annozero.
Una cosa interessante però è uscita fuori dal monito di Calabrò e cioè l’accenno alla sentenza della Corte di Giustizia europea sul caso Europa-7, che impone, secondo il Garante, un’immediata modifica della legge Gasparri almeno in alcuni punti, anche per evitare il rischio di un deferimento per l’Italia davanti alla stessa Corte.
Ecco forse dove sta il problema del pluralismo in Italia, caro Calabrò, la invito ad approfondire la vicenda proprio in nome della libertà d’informazione.