La legge sul falso in bilancio è approvata dal centrodestra nel febbraio 2002, con un obiettivo: sabotare i processi di “Sua emittenza”. Ora per il Cavaliere è tempo di raccogliere i frutti. Assolto si, ma perché il fatto non è più reato.
Grazie alla nuova legge, infatti, niente manette per chi storna dai bilanci una somma “modica”. Senza rischiare la galera, si può occultare il 5% degli utili, o il 10% delle valutazioni, oppure l’1% del patrimonio netto della società.
Briciole, in apparenza. “L’Espresso” ha tirato giù due cifre: l’Enel potrà tacere dal bilancio 191 milioni di Euro l’anno, la Pirelli 241, l’Eni 408, Fiat 79, Fininvest 41. Si tratterebbe di fondi neri. Utilizzabili per quali operazioni?. Basta pensare che la più grande riserva di fondi neri mai scoperta, quella dell’Eni, ammontava a 500 miliardi di lire.
Somma accumulata in diversi anni. Oggi è tutto più facile. Grazie alla depenalizzazione del falso in bilancio, in un solo anno l’Eni potrebbe accantonare il doppio senza infrangere la legge.
Ecco il commento che Mario Crespi, docente di diritto penale a Milano, rilasciò all’Espresso:“Si dà la possibilità di ricostituire fondi non dichiarati ma disponibili per qualsiasi utilizzo, dal pagamento di tangenti miliardarie all’arricchimento personale di chi ha sottratto il denaro [...]La giustizia viene disarmata [...] E’ difficile immaginare una carica altrettanto esplosiva di autentica immoralità”. Mentre negli States, dopo il crack Enron, passano misure draconiane, da noi campo libero ai truccatori di bilancio.
Manca solo la stellina al merito. Oltre alla soglia di non punibilità, scendono le pene. Per le società quotate si passa da 5 a 4 anni di reclusione. Per quelle non quotate a 3 anni. Ma se calano le pene, si accorciano anche i tempi di prescrizione.
Due piccioni con una fava. Il tribunale di Milano ha assolto Berlusconi per il falso in bilancio Sme: il fatto non è più reato. Stessa sorte per All Iberian-2. Poi c’è la prescrizione per i fondi neri del “caso Lentini” (10 miliardi che il Milan avrebbe versato in nero al Torino). La controriforma del falso in bilancio giova al Cavaliere, ma anche suo fratello Paolo, al cugino Giancarlo Foscale e a vari manager del gruppo coinvolti in altri processi (tra cui Galliani e Confalonieri). Il falso in bilancio rientra nelle cosiddette “leggi vergogna”, che scavarono un fossato tra i politici e le toghe. Il pacchetto include il provvedimento sulle rogatorie, l’ex Cirielli (che accorcia i tempi di prescrizione) e il lodo Maccanico-Schifani (che avrebbe sancito l’immunità per le 5 più alte dello Stato, se la Corte Costituzionale non l’avesse bocciato). Alla stesura delle “leggi vergogna” contribuirono Niccolò Ghedini e Gaetano Pecorella, i legali-parlamentari dell’imputato-Premier. “L’avvocato eccepisce, il Tribunale respinge, la Camera approva” fu il commento amaro del procuratore aggiunto di Milano Armando Spataro. Dribblato un processo, al Cavaliere se ne presenta subito un altro. Due, per l’esattezza. Uno sulla compravendita dei diritti Mediaset, l’altro per corruzione in atti giudiziari con l’avvocato inglese David Mills. Ma ora si profilano le urne, e dal trono di Palazzo Chigi sarà più facile mettere la mordacchia ai giudici. "Non faremo prigionieri", annunciò Previti nel 2001, all’alba del Berlusconi bis. In caso di Berlusconi tris, c’è da tremare.