“L’Italia sotto i rifiuti”, un libro profetico di Marino Ruzzenenti

“L’Italia sotto i rifiuti”, un libro profetico di Marino Ruzzenenti

La caccia alle streghe non va a braccetto col principio scientifico

anche per aria, viaggia in Italia e non solo ed ovunque sia scaricata provoca proteste, disordini, tafferugli.
Credo che se un economista facesse qualche conto scoprirebbe che tutta questa ”monnezza” ci viene ormai a costare molto di più dei prodotti da cui è stata originata, senza contare i danni alla salute per l’inquinamento proveniente dal suo sversamento illecito, dalla sua combustione, dalle sue contestate trasferte.
Come se non bastasse l’esportazione dei nostri prodotti vacilla e forse diventeremo punto d’attrazione solo per i turisti masochisti o assetati di horror.
Oltre 14 anni di gestione in regime emergenziale in Campania non hanno risolto assolutamente nulla: la raccolta differenziata a Napoli è calata ( dati APAT) dal quasi 10% nel 2003 al 7% nel 2005 ed anzi, si è aggravato sempre più un problema che non ha assolutamente nulla di “emergenziale” perché in tutti i paesi del mondo si producono rifiuti. Le direttive dell’ UE (Direttive 75/442/CEE e successive modificazioni, 2000/76/CE e 2001/77/CE) hanno fissato una chiara gerarchia dei trattamenti per il loro smaltimento: riduzione, riciclo, riuso, e solo per la quota residua recupero energetico e non solo tramite incenerimento.
E’ ormai ampiamente dimostrato su milioni di cittadini che la semplice adozione del sistema porta a porta ottempera, da solo, ai più importanti obiettivi suddetti: minore produzione di rifiuti pro-capite (mediamente - 20%) in ossequio al primo criterio di prevenzione alla produzione di rifiuti, maggiori rese di raccolta differenziata (fino al +75-80%), in ossequio ai criteri di massimo recupero di materia e di minimo smaltimento; tale metodo si è rivelato inoltre economicamente più vantaggioso, specie per i comuni più popolosi (mediamente - 15%).
Lo splendido esempio di Forlimpopoli è sotto gli occhi di tutti. Come trattare poi ciò che residua (20-30%) dalla raccolta differenziata? Quanto andiamo da anni dicendo circa i trattamenti a basse temperature, sta scritto negli stessi documenti governativi! Il Rapporto Rifiuti APAT 2006 recita infatti: ”Il trattamento meccanico biologico ha assunto, negli anni, un ruolo sempre più determinante, contribuendo ad una gestione più corretta del rifiuto residuo dalla raccolta differenziata, sia ai fini dello smaltimento finale, sia per la possibilità di impiegare la frazione organica stabilizzata (FOS) prodotta, nella copertura di discariche o in attività paesaggistiche di ripristino ambientale.
Una progressiva crescita del settore del trattamento biologico, è, infatti, essenziale ai fini del raggiungimento degli obiettivi della riduzione del conferimento in discarica dei rifiuti biodegradabili [……] Il numero d’impianti censiti passa da 116 (di cui in attività 93) a 128 (di cui 109 in esercizio)”. E’ interessante notare che, pur se la quota conferita a tali impianti è in aumento, essi sono ancora ampiamente sottoutilizzati  (per i 2/3 della loro potenzialità a livello nazionale). Altrettanto si può dire anche degli impianti di compostaggio, ovvero degli impianti che prevedono il recupero della frazione organica per fare un compost di qualità; in Italia, sempre secondo i dati APAT 2006, essi sono utilizzati per circa 1/3 della loro potenzialità.
Come si spiega tutto questo clamore e quest’ennesima vergogna all’ italiana? In questo anche noi ci sentiamo -purtroppo- pò profeti: quando, già diversi anni fa, ci focalizzammo sul problema rifiuti ed individuammo nell’anomala, perversa, illegittima equiparazione dei rifiuti a fonte rinnovabile di energia, il movente primo del piano scellerato che si andava attuando in Italia.
La campagna mediatica di queste settimane che individua nella carenza di “termovalorizzatori” le ragioni della crisi campana ha chiarito anche ai più sprovveduti che la crisi napoletana è del tutto strumentale per fare passare nel nostro Paese l’incenerimento come metodo prioritario per la soluzione del problema rifiuti, capovolgendo ciò che l’UE raccomanda, a tutto danno dei cittadini, della salute e dell’ambiente.
A questo proposito è davvero un peccato che accanto al negativo esempio della Campania con gli eccessi di diossine nelle gregge e non solo, non si parli altrettanto di quanto succede a Brescia, sede di un inceneritore da 800.000 ton/anno, di norma additato come modello da seguire. Le cose stanno davvero così?
Del tutto recentemente a Brescia nel latte di aziende dei dintorni della città si è scoperta una presenza di diossine fuori norma: danni economici e d’immagine nonché, ovviamente, rischi per la salute. A Brescia si nota inoltre un’elevatissima incidenza di tumori al fegato - in inquietante analogia con la Campania - anche se il locale Registro Tumori è sollecito nel rassicurare sostenendo, senza dati verificabili, che ciò è imputabile all’eccesso di epatiti e di consumi di alcool (Giornale di Brescia, 10 novembre 2007). L’ing. Renzo Capra, presidente di Asm, fa parte del Comitato scientifico del Registro Tumori dell’Asl, di cui è anche finanziatore.
Inoltre il megaimpianto di Brescia ( 800.000 tonnellate/anno ) ha una potenza pari ad un decimo di una normale centrale turbogas; il costo impiantistico per MW installato è 5-6 volte quello di una centrale turbogas; la resa è di circa 20% del potere calorifico presente nei rifiuti contro un 55% di una centrale turbogas; la poca energia ricavata è annullata dallo spreco di altri materiali preziosi (5-6 mila tonnellate di ferro; 6 mila tonnellate di alluminio; centinaia di tonnellate di rame, ogni anno nelle ceneri, nel caso di Brescia).
Per enfatizzare i risultati Asm dà i numeri in chilowattora (570 milioni), facendo finta di non sapere che l’unità di misura, fuori del domicilio privato, è il gigawattora (milioni di KWh) o il terawattora (miliardi di KWh).
Si sostiene che sono risparmiate 470 mila tonnellate l’anno d’emissioni di CO2, ma non si dice che il confronto è fatto con la discarica e non con il riciclaggio, che consente risparmi d’emissioni di CO2 tre volte superiori.
Ma ancora, a Brescia si “finge” di fare la raccolta differenziata: ma questa è annullata dal continuo aumento della produzione dei rifiuti; in 10 anni, da quando funziona l’inceneritore, il rifiuto indifferenziato da smaltire è sempre rimasto pari a 1,1 Kg/giorno/pro capite, 5-6 volte superiore a quello indifferenziato dove si fa la RD “porta a porta” con tariffa puntuale (es. Consorzio Priula Treviso). Credo che sia ormai chiaro per tutti che una seria raccolta differenziata col metodo porta a porta è inconciliabile con l’esistenza di un “termovalorizzatore” che per sua stessa natura deve bruciare di tutto e di più ed anzi, tanto più brucia tanto più fa guadagnare al proprio gestore.
Non sembri un’eresia, ma lo smaltimento dei rifiuti, che al momento appare come un problema gigantesco, è, fra tutti i problemi del nostro tempo, il più semplice e rapido da risolvere, nonché quello che immediatamente arrecherebbe vantaggi economici, occupazionali e non da ultimo anche sociali, se solo, finalmente, amministratori e politici si decidessero ad ascoltare i medici, i cittadini, i comitati, chi, senza alcun conflitto d’interesse e solo per passione civile, prosegue in quest’impegno.
Forse bisogna davvero toccare il fondo come abbiamo toccato per capire che si può uscire dal tunnel, dimostrare che l’ingegno, la fantasia, la volontà degli italiani sono in grado di fare diventare quello che sembra un flagello una grande opportunità di lavoro e d’innovazione.
Riempire l’Italia d’inceneritori non risolverà i problemi, ma li aumenterà e, come ha scritto di recente il Prof. Alberto Lucarelli - Ordinario di Diritto Pubblico all’Università Federico II di Napoli - ci fa guardare all’ indietro, all’età del fuoco, e non avanti.

Fonte: www.agoramagazine.it
Patrizia Gentilini


Diamo a Cesare quel che è di Cesare

Che la raccolta differenziata sia l'obiettivo sul quale puntare è fuori da ogni discussione per tutte le implicazioni positive conosciute e soprattutto per il suo aspetto educativo: quello di porci di fronte un problema e la responsabilità che ognuno di noi deve assumersi nei confronti della natura con il rispetto che si deve all'mbiente in cui viviamo noi e i nostri figli. Di contro, poi, esistono situazioni d'emergenza che non credo siano solo strumentali: l'emergenza si vede e purtroppo si respira a Napoli. E per quanto attiene ai termovalorizzatori, gli inceneritori di rifiuti insomma, occorre dire che se il loro utilizzo fosse razionale, rispettoso delle norme e controllato anche nelle dimensioni, sarebe utile a recuperare l'emergenza poiché è nei fatti che la cultura della raccolta differenziata non sarà super rapida. Lo stesso professor Umberto Veronesi, direttore e fondatore dell'Istituto europeo di oncologia, ha smentito, per molti studi da lui stesso effettuati, che in condizioni di uso corretto la presenza di un termovalorizzatore aumenti il tasso di crescita dei tumori. La caccia alle streghe non va a braccetto col principio scientifico.

                                                                                                                                                        Gaetano Amici