Ascoli - La nostra inchiesta sull'Avis Budget Italia Spa, multinazionale del noleggio auto, che nel 2015 ha deciso di disintegrare (mi sembra un concetto un po’ azzardato) la sua rete costituita da tanti imprenditori di settore a livello nazionale, si sposta a Roma.
Due le storie che vi proponiamo per comprendere come ci sia stata una scelta ben preordinata per far pagare il periodo di crisi (2008-2015) ai suoi affiliati in Italia per abbandonarli poi nel mare burrascoso dei licenziamenti dei propri dipendenti, fino ad arrivare al fallimento delle loro aziende. E due sono le parole che vengono calpestate: fiducia e impegno.
E dentro il concetto racchiuso in questi termini si miscelano drammi familiari che producono inferni psicologici e materiali. Intanto, a colpire l’osservatore esterno, c'è il silenzio che ha avvolto la chiusura di decine di attività e il doloroso vissuto delle persone che ci lavoravano.
Oggi, a distanza ormai di 2 o 3 anni dall’accaduto, l’unica soluzione lasciata loro per non essere sopraffatti dalla perdita di quel lavoro, è stata quella di nasconderla in un angolo della mente per pensarci il meno possibile e darsi da fare per poter continuare a garantire a sé e alle proprie famiglie un tenore di vita non insufficiente, contabilizzando le perdite a danno di risparmi propri e/o di familiari, fin dove possibile.
“Ho il desiderio di non rivivere quella storia, la giustizia in Italia non è uguale per tutti” oppure “E’ stato un atto di vigliaccheria unica, una famiglia lasciata in mezzo ad una strada”. Sono questi alcuni dei commenti che abbiamo raccolto nel corso della nostra inchiesta da parte di imprenditori che oggi preferiscono rimanerne ai margini ma che non hanno esitato nel denunciare i comportamenti della multinazionale e quelli di un sistema sociale che non è stato in grado di tutelarli a nessun livello
E’ accettabile questo? E’ vero che in questi anni migliaia sono stati i posti di lavoro persi, in ogni settore, ma in nessuno si può riscontrare l’assenza e il silenzio di tutti di fronte ad un’operazione di esproprio ed impoverimento a danno di alcuni che ha favorito l’indebito arricchimento di altri.
Uno spaccato, come dicevamo, ce lo danno le vicende romane di Avis Italia Budget.
Nella capitale sono due gli imprenditori che incarnano in modo esemplare il binomio fiducia e impegno: Domenico Saladino (Partner Avis da fine anni 80, con uffici in Via Tiburtina, Stazione Termini e Via Urbana-centro) e Laura Cava (dal 2010 con uffici nel quartiere Aurelio in via Baldo degli Ubaldi e via della Giuliana).
Perché si fidavano di Avis noleggio? Entrambi, Saladino per 20 anni e Cava per 11, erano stati dipendenti Avis. Laura Cava era arrivata a fare il district manager Avis del Triveneto nel nord est con un inizio carriera come impiegata di banco all'aeroporto di Fiumicino.
Per questo si sentono doppiamente traditi.
Come partner Avis hanno comunque esperienze diverse: Domenico Saladino oltre al noleggio di auto acquista insieme ai suoi due soci ben 25 furgoni da affittare: l'impegno. Quello del noleggio furgoni era un fiore all'occhiello di Avis Italia e un settore non semplice da gestire ma molto remunerativo.
Quando riceve la disdetta del suo contratto le conseguenze economiche sono devastanti, dovendo procedere con la chiusura di tre uffici che sostenevano il lavoro di più o meno 10 persone. É costretto a licenziarne sette. Fa causa all'Avis ma in primo grado la perde, ci racconta di una proposta transattiva fatta dai legali dell'Avis per non procedere con la causa in appello. Purtroppo non c'è alcun documento sottoscritto tra le parti della somma concordata per la transazione, quindi Domenico Saladino e soci restano con un pugno di mosche in mano e un dissesto da gestire: la fiducia tradita.
Dall'Avis noleggio, prima che iniziasse il via crucis nel 2014 gli avevano detto “vi perverrà comunicazione di disdetta ma non preoccuparti è una formalità per rinnovare il contratto”. E lui che si sentiva di famiglia ci ha creduto. Di fatto la comunicazione ufficiale di disdetta conteneva già il preavviso e gli interlocutori erano spariti nel nulla.
Domenico Saladino ci ha raccontato delle difficoltà economiche seguite all’interruzione del lavoro, sue e dei suoi soci.
Si era rivolto con urgenza alla Giustizia in una sorte di “ante causam" che avrebbe dovuto essere rappresentativa di tutti i soggetti italiani interessati e che invece, poi , improvvidamente si è tramutata in un’azione individuale. E ancora si chiede perché sia avvenuto questo. E del comportamento di Avis in fase transattiva. Domenico Saladino era riuscito a fatturare nell'arco di un anno svariati milioni di euro.
Ci ha raccontato di come gli stessi uffici poi abbiano continuato a funzionare sotto gestioni diverse, diretta di Avis o affidata ad altro imprenditore su cui sono state accentrate più zone “espropriate” a chi le aveva fatte crescere e mantenute nel periodo di crisi. Senza riavere indietro un euro di contropartita.
Ci ha parlato infine di un fatto ancora per lui incomprensibile: ad un certo punto il settore del noleggio furgoni, che rappresentava una parte importante del conto economico dei partner, essendo loro proprietari diretti dei furgoni e non semplici intermediari, ha cominciato a navigare a vista. Su quel segmento di mercato Avis aveva investito tantissimo e i risultati già a fine anni 90, primi del 2000 la collocavano tra i principali competitor sul mercato italiano.
Ancora all’inizio della crisi, quindi si parla di circa 10 anni fa, si organizzavano meeting, discussioni, ricerche di mercato per rimanere il marchio dominante o comunque per rimanere tra i dominanti. Ad un certo punto dopo il 2010 si è messo mano al settore solo per distruggerlo. “L’Avis su Roma Capitale – dice Saladino - decise di intervenire direttamente con mezzi di sua proprietà e ci venne imposto di vendere i nostri. Conseguenza dell’operazione fu che la flotta si impoverì moltissimo su Roma e diventammo impossibilitati a soddisfare quella domanda che faticosamente ci eravamo creati negli anni antecedenti”.
In questo contesto abbiamo svolto ricerche documentali per capire quale fosse l’influenza di Avis in quel mercato che, Saladino ci diceva, incomprensibilmente era stato depauperato a danno dei partner. Abbiamo rinvenuto dati affermanti effettivamente come il marchio del “Furgonoleggio Avis" abbia vissuto lunghi momenti di gloria, sopravanzando marchi come Hertz o Europcar grazie ad una diffusione capillare sul territorio.
Invece scorrendo avanti nel tempo abbiamo preso conoscenza di come quel marchio sia scomparso, e ci può stare non essendo noi in grado discutere questo tipo di scelte. Ma la scomparsa è collegata ad un’operazione oggettiva che è stata condotta sui mercati finanziari da Avis e cioè l’acquisizione del marchio Maggiore. E a margine di quell’operazione ci fu un lungo articolo su “La Repubblica” in cui si magnificava l’operazione e in cui si esaltava il risultato che si sarebbe raggiunto nel segmento del noleggio furgoni con l’acquisizione del marchio “dominante” Maggiore dove invece l’Avis Italia era “inesistente”. Parole del management Avis!
Perché tutto questo, perché si è consentito di portare a termine un’operazione alle spalle e in danno dei partners, che in quel settore non agivano da agenti ma da concessionari? Qualcuno ce lo dovrà pur spiegare .
E la signora Laura Cava? Beh, navigando tra le storie umane e drammatiche del pianeta Avis Noleggio oseremo dire che è stata “fortunata” perché, come ci ha detto, ha mantenuto un posto di lavoro e quindi, si fa per dire, il suo è stato un atterraggio morbido a differenza di Domenico Saladino e altri.
“Debbo ancora ringraziare chi nell'azienda in cui lavoro - dice Laura Cava – accettò con riserva le mie dimissioni e mi propose un'aspettativa senza stipendio per mantenere il posto di lavoro e poter iniziare la mia esperienza imprenditoriale con Avis Noleggio. Altrimenti nel 2014, a 51 anni, quando ricevetti la disdetta del contratto da Avis, mi sarei trovata senza nulla e con improbabili possibilità di trovare un altro lavoro per una questione d'età”.
La fiducia inizia a vacillare. Nel 2011, dopo un anno dalla firma del contratto con Avis la signora Cava scopre che dopo aver corrisposto entry fee per 50.000 euro al termine di una dura trattativa perchè Avis riconosceva un valore superiore al territorio assegnato, una porzione importante di quello era stata sottratta in maniera furtiva o cmq non trasparente per venderla ad altro confinante. Ma anche lei e la sua azienda, come tanti altri, pensa ad adoperarsi fattivamente e contribuisce al mantenimento della clientela e al rafforzamento della sua posizione sul mercato locale in un periodo di intensa crisi come quello di cui si parla. Ma alla fine niente viene riconosciuto da Avis che si prende gratis tutto il lavoro svolto per cederlo presumibilmente a pagamento ad altro operatore o a tenerlo direttamente per se. E tutti gli investimenti fatti? Si contabilizzano con amarezza le relative perdite.
Anche qui ci sono persone occupate, sono 5.
“Mi sento doppiamente tradita – dice Laura Cava – per le ottime relazioni che avevo con Avis. Avevo sottoscritto il contratto con l'Ad Roberto Lucchini che conoscevo personalmente. Sto cercando di rimuovere quanto è accaduto perché per me è stato drammatico. Quando dopo i primi tre anni di contratto ci chiedono di rinnovare di anno in anno, mi preoccupo. Dico ad un carissimo collega in Avis, un network manager, il rinnovo di anno in anno è uno stress, chi mi garantisce che investo fior di quattrini e poi non mi mandano via? Mi rispose “Laura proprio tu mi fai questa domanda, abbiamo gli stessi imprenditori da trent'anni”. Come dire, non c'è assolutamente questo rischio. Invece arriva la disdetta del contratto nel 2014 per il 2015. Decidiamo che è inutile continuare e chiudiamo subito. Nel frattempo ci arriva del materiale Avis erroneamente: era stato spedito nella stessa nostra via ma ad un civico del marciapiede opposto al nostro. Era tutto preordinato: da un anno pagavano l'affitto di quella nuova location per non disperdere la continuità della clientela”.
E allora torniamo a chiederci: è lampante la continuità del lavoro tra la gestione Cava e la successiva, e allora da quando in una società civile si tolgono clienti ad un imprenditore come ha fatto Avis per poi darli ad un altro e, come abbiamo motivo di credere, facendoseli anche pagare? E lasciano Cava e soci con i conti da pagare? E nessun corrispettivo? La società civile può tollerare anche questo?
Poiché la
fiducia tradita chiede chiarezza, giustizia si
propone un
lodo arbitrale che vede vincente l'Avis Budget Italia nel quale non
si verificano testimonianze, prove.
La signora Cava, anche lei fatturava intorno al milione di euro, è molto amareggiata, ma è anche certosina nella sua richiesta di giustizia.
“Nel corso dell'ultimo anno – spiega - ho messo da parte numerosi documenti che attestano un comportamento dell'Avis Budget Italia lesivo nei confronti dei partner. Nei periodi di picco commerciale ad esempio come Natale o d'estate, rifiutavano le nostre prenotazioni su pulmini, auto di lusso o station wagon e noi perdevamo clienti e introiti. Ma quello stesso parco auto non veniva negato ai loro corporate. Ora per fortuna ho tre avvocati che hanno preso a cuore la nostra situazione. Andrò avanti. Non riesco ancora a spiegarmi del perché di questa ristrutturazione: in tutta Italia hanno eliminato gli imprenditori partner di Milano, Roma, Bologna e di altre aree efficienti . Su 103 partner 68 sono stati defenestrati. Forse avranno pensato, perché dobbiamo far guadagnare soldi ad altri visto che sono nostre le auto? Se avessero guardato bene i business plan avrebbero capito che tra lavaggi e parcheggi e multe da pagare, magari non è così tanto conveniente. L'ultim'ora forse mi dà ragione: circa due settimane fa su Linkedin c'era una ricerca da parte di Avis Budget Italia di un imprenditore per l'affidamento di un territorio. A distanza di tre anni magari hanno capito la fallimentare azione che hanno compiuto”.
Queste due ulteriori voci si sommano a quelle già riportate la volta scorsa che potete rileggere cliccando sul link http://www.picusonline.it/visualizza/39781.html
La vicenda è stata di dimensioni grandi ma non ha avuto giusta risonanza, frazionata abilmente in singole locali rivendicazioni. Abbiamo sentito Roma che ne è il simbolo e restiamo anche disponibili per ascoltare altre voci, essendo ora più di prima certi che si è agito senza rispetto e riconoscimento, morale ed economico, per quanti si sono ritrovati espropriati di anni di lavoro e di tanti sacrifici, valutati alla fine meno di zero. L’inchiesta procederà ulteriormente per verificare attraverso i resoconti di chi ha vissuto la storia, da una parte o dall’altra, se le cosiddette nuove vie del diritto non siano altro che uno strumento per legittimare comportamenti non improntati a giustizia ed equità sociale.