Questa è una resa anche di carattere culturale. Si dice che la causa sia la globalizzazione, la «scarsa competitività» del prodotto, un modello di sviluppo non più sostenibile.
Ma la verità è che nessuno ha fatto nulla. Questa classe dirigente non ha mai avuto una sola idea valida in grado di fronteggiare la crisi o perlomeno di provarci.
Con la chiusura della Coalac, Ascoli dice addio a un punto fermo della produzione «a chilometri zero», fatto che segna quantomeno una sconfitta per una classe politica che si riempie la bocca di «ascolanità» e orgoglio locale. Sono chiacchiere: alla prova dei fatti, l'intero sistema economico cittadino è stato abbandonato a sé stesso e lasciato affondare come la Costa Concordia, facendo finta di niente.
Tutta la nostra solidarietà è rivolta ai lavoratori scesi oggi in piazza. Sinistr[AP]erta e SEL – Ascoli per Rita Forlini sono con loro. Ma oggi non perdiamo solo posti di lavoro. Oggi perdiamo un patrimonio collettivo di inestimabile valore: in questa città nessuno berrà più latte ascolano. Non è solo un dettaglio: è il tradimento di una storia, è la resa di un'idea più alta e nobile della politica intesa come progetto comunitario, come strumento al servizio dell'economia locale.
Questa sconfitta sì, è di tutti, ma ha responsabilità politiche ben precise. La crisi economica, che ad Ascoli più che altrove ha causato disastri, è nata e cresciuta sotto le insegne di una destra incapace di trovare soluzioni, una destra immobile di fronte alla catastrofe determinata dalle sue stesse politiche liberiste e culturalmente incapaci di immaginare una riconversione “glocal”, fondata sulle vocazioni economiche territoriali, dello sviluppo. Non parli ora di multinazionali cattive chi per quindici anni non ha fatto altro che deridere proprio coloro che avvertivano dei rischi della globalizzazione. Non siamo mai stati ascoltati perché la destra diceva che “la crisi non esisteva” e che il liberismo era il migliore dei sistemi possibili, quindi non bisognava prendere nessuna precauzione.
Per giustificare le proprie mancanze si dirà ora che «il territorio non è attrattivo» per colpa dei sindacati e dei diritti sul lavoro. La verità è molto più semplice: questo territorio non è attrattivo perché nessuno ha fatto nulla per salvaguardarne il suo tessuto economico originario, la trama di piccole imprese, piccole aziende e gioielli locali che una politica in grado di decifrare la fase storica avrebbe dovuto mettere in relazione e interazione, facendo sistema e rete locale, come avevamo iniziato a fare dal 2004 al 2009 durante il governo della Sinistra in Consiglio provinciale. Ma quando a mancare è un disegno di prospettiva è ovvio che tutto decada e affondi.
Dopo le contestazioni subite in consiglio provinciale per il modo dilettantesco con cui si è gestita la faccenda della sesta vasca di Relluce, la destra ascolana si trova davanti al secondo disastro in pochi giorni. È un disastro che corona cinque anni di lenta ma inesorabile decadenza.
Perché lottare per la salvezza dell'Ascoli Calcio è importante, certo. Peccato non avere avuto la stessa passione qualche anno fa, quando a fallire erano le fabbriche. Se il medesimo interesse fosse stato messo al servizio delle tante vertenze che si sono susseguite dal 2008 ad oggi, forse vivremmo in una città migliore, una città che non costringe i propri figli all'esodo, a quel fenomeno ottocentesco che è tornato ad essere l'emigrazione di un'intera generazione per assenza di prospettive!
La politica non è solo gestione dell'esistente, la politica non è solo mettere a posto un marciapiede o un'aiuola, mentre attorno la città si spopola, mentre attorno la città muore. La politica è avere un disegno, la politica è costruire prospettive e speranze di vita, la politica è riconoscere le priorità vitali per un territorio ferito.
L'intera classe dirigente che governa Ascoli da quindici anni è sotto accusa. Guardate i frutti malati delle vostre tre amministrazioni: una generazione intera costretta a fuggire, un'economia al tracollo, una zona industriale rasa al suolo dalla crisi come dopo una guerra.
I manifesti con cui tappezzate le strade di Ascoli, ringraziandovi da soli (per cosa?), sono per caso uno scherzo di carnevale giocato in anticipo? Oggi si chiude l'ennesimo capitolo nero di un'amministrazione incapace di difendere la città, di difendere i diritti dei lavoratori e delle imprese locali, di salvaguardare il passato e costruire un'idea di futuro, un'intera classe politica che ha fallito su tutti i fronti!
Oggi lo diciamo ad alta voce: avete fallito, abbiate la dignità di chiedere scusa a una città in ginocchio.