Ci limitiamo a considerare un cambiamento sociale nel cuore di Ascoli Piceno: Zarepta, la mensa dei poveri. Un laboratorio d'analisi sociale. Fino ad alcuni anni fa ci trovavate tossicodipendenti, qualche clochard. Oggi ci sono persone che hanno perso il lavoro, quelle che chiamereste “persone normali” e che da oggi sarete costretti a chiamare poveri.
Entrano in quel luogo alla chetichella, cercando di non farsi notare perché una società che monetizza tutto, anche il valore di un essere umano, li costringe a vergognarsi di una condizione non voluta. Ecco perché occorre stare attenti. Ci sono momenti nella storia di una comunità che rappresentano un bivio.
Due esempi li traiamo da un intervento di Alfredo Sperandio fatto nel corso della conferenza stampa di Restart sulla stasi del progetto Ascoli21, cioè la riqualificazione dell'ex area Sgl Carbon, tra detrattori e mutismi. «Le decisioni più criticate e ostacolate – dice Sperandio – spesso nel tempo danno ragione al decisore.
E' il caso della chiusura al traffico di Piazza Arringo (il centrosinistra che voleva per primo la pedonalizzazione della città ci perse le elezioni, ndr) che oggi concorre a dare alla città una veste premiale di luogo turistico in controtendenza rispetto al resto delle Marche».
L'altro punto sollevato riguarda proprio il tessuto produttivo. «Il nostro territorio è figlio della legge 44 (ex Casmez, ndr) – ricorda Sperandio – Super assistenzialismo con fondi pubblici che ha fatto attecchire multinazionali senza radici nel Piceno che se la sono svignata quando le provvidenze sono cessate lasciando il territorio orfano di crescita imprenditoriale e occupazione.
Oggi che ci sono imprese del luogo che cercano di ricostruire un tessuto produttivo con forze autoctone, legate al territorio perché qui hanno famiglie, figli e aziende, si ostacolano le loro progettualità». Sperandio lo dice in altro modo, ma la traduzione è giochiamo a farci più male. Ci sono tematiche del fronte del no al progetto Ascoli21 che però è opportuno valutare.
Per primo il sacrosanto principio del “chi inquina paga”.
Lodevole la battaglia se avesse per obiettivo questo principio.
Si sostiene che i costi della bonifica li deve pagare la Sgl Carbon e quindi occorre fargli causa. Solo che non ci possono raccontare che tra due anni la Sgl Carbon sarà li pronta a riconvertire quell'area. Un processo di questo genere come minimo durerebbe trentanni se fosse identificata la Sgl Carbon quale responsabile dell'inquinamento.
Ma se invece ci fosse uno scaricabarile altamente probabile del tipo “ma è colpa dell'Elettrocarbonium, anzi della Sice” etc?
Quanto tempo potrebbe durare un processo e a quale risultato approderebbe questa causa? Uno è sicuro: ci terremmo per trenta o cinquantanni i nostri ipa (idrocarburi policiclici aromatici) , il nostro amianto ( e questo al contrario degli ipa è volatile e dilavabile in alcune condizioni).
E torniamo all'obiettivo vero del fronte del no: la cubatura edilizia eccessiva. Allora bisogna avere il coraggio di dire non ce ne frega niente che quella zona resti inquinata ma non si devono realizzare quegli appartamenti. Allora, caduto il fragile paravento della bonifica che, ricordiamolo, Restart Srl farà con metodo integrale sborsando 35 milioni di euro, a patto che venga approvato dagli enti competenti il progetto di bonifica (è dormiente dall'agosto del 2011), resta, secondo il fronte del no, l'interesse a non far diminuire il valore immobiliare delle case degli ascolani.
Immagino che i Piceni si fossero posti la stessa problematica e dichiararono guerra ai Romani per non farli edificare sul “teatro romano”.
Insomma, ma chi può davvero immaginare che una volta comprata casa questa mantenga per sempre un valore di mercato simile a quello d'acquisto perché non si edificherà più? Non sarebbero nate delle città di fronte ad una giustificazione di tal fatta.
Mi pare d'intuire invece sul valore immobiliare un'altra problematica che sta muovendo la critica alla cubatura del progetto Ascoli21: è la guerra tra interessi contrapposti legati ad altre aree di Ascoli Piceno nella quali altri imprenditori hanno investito in precedenza.
Bene, vorremmo tracciare sul punto una bella sottolineatura: interessi per interessi, preferiamo favorire quelli di chi darà ai figli di questa città la possibilità di scorrazzare su un prato verde senza il rischio di contrarre un tumore, chi si impegna e rischia per dare un futuro alle nuove generazioni, agli altri che vogliono solo edificare case traendone profitto senza dare alcunché alla città, senza creare presupposti di occupazione di altro genere che quella legata all'edilizia. Una buona volta questa città deve proiettarsi verso il futuro.