Lavoro, le donne guadagnano 8mila euro in meno degli uomini

Lavoro, le donne guadagnano 8mila euro in meno degli uomini

La retribuzione media di un uomo è di 26.800 euro, quella di una donna è di soli 18.900 euro

Sono i principali elementi che emergono dallo studio condotto dal Novella Lodolini dell’IRES CGIL Marche, dal titolo “Le donne al lavoro, il lavoro alle donne”, presentato oggi nel corso dell’assemblea regionale delle donne, promossa dalla CGIL.

 

LO STUDIO: LE CARATTERISTICHE – Lo studio riguarda un gruppo di 60 aziende, si tratta di imprese dei principali settori manifatturieri: gli occupati sono 21.400 di cui 8.700 donne e 12.700 uomini. Le donne rappresentano l’84,7% degli occupati nelle cooperative sociali, il 71,4% nell’abbigliamento-calzaturiero, il 69,2% nella sanità, il 48,9% nel credito. Percentuali più contenute nel settore chimico dove le donne sono il 30,9%, il 24,2% nel legno-mobile, il 24,6% nella meccanica, il 16% nei servizi pubblici.

 

OPERAI - Su un totale di 9.023 operai, le donne sono 2.691 pari al 29,8% e in quasi tutti i settori si concentrano nei livelli di inquadramento più bassi. Nella meccanica, le donne operaie sono il 21,1% del totale dei lavoratori, concentrate soprattutto nel 2° e 3° livello (operaie generiche e qualificate) mentre sono pochissime tra gli operai specializzati del 4° e 5° livello (3,6%). Analogamente nel mobile-arredamento dove il 20,6% degli operai è donna, nel settore chimica-gomma-plastica dove le donne sono il 29,1% degli operai, nell’abbigliamento-calzature, dove le donne sono il 73,2% degli operai, nelle cooperative sociali dove sono l’86,5 e nei servizi pubblici dove sono solo il 2,7% degli operai.

 

IMPIEGATI – Tra il personale con qualifica impiegatizia, le difficoltà delle donne ad accedere ai livelli più alti sono nel complesso più evidenti: i 4.427 impiegati sono costituiti per il 47,9% da donne. Anche in questo caso, la presenza femminile decresce se si sale con i livelli. Nella meccanica, le donne rappresentano il 33,4% degli impiegati, percentuale che scende fino al 16% del 7° livello. Nel legno-mobile-arredamento, il 43,3% degli impiegati è donna e nei livelli più bassi le donne sono la maggioranza. Nella chimica-vetro-gomma-plastica, le donne sono il 42,8% degli impiegati e la maggior parte è inquadrata al 5° livello. Nell’abbigliamento-calzature, le impiegate sono oltre il doppio degli impiegati. Nei servizi pubblici, le impiegate sono il 38,5% del totale. Nelle cooperative sociali, le impiegate sono l’83,8% e rappresentano il 56,1% delle donne complessivamente occupate.

 

QUADRI E DIRIGENTI – Le donne quadro sono 44 e rappresentano il 12,7% del totale dei quadri presenti nelle aziende esaminate, mentre le donne dirigenti sono appena 11 su 157 dirigenti pari al 6,5%.

 

TIPOLOGIE CONTRATTUALI – Nelle aziende esaminate, il 90,4% dei lavoratori ha rapporti di lavoro a tempo indeterminato, complice anche la crisi che ha falcidiato nel tempo le altre forme contrattuali.

L’incidenza del lavoro stabile è maggiore nei servizi pubblici (98,5%) e nella meccanica (95,7%), mentre scende notevolmente nelle cooperative sociali (81,6%).

I contratti a tempo determinato sono il 6,1% del totale e la più alta percentuale (18,4%) è nelle cooperative sociali.

I rapporti a tempo parziale sono in media l’11,9% con i part-time che interessano il 31,7% delle donne contro il 2,6% degli uomini. I part time si concentrano soprattutto nella cooperazione sociale, dove rappresentano la quasi totalità dei rapporti di lavoro, soprattutto per le donne.

In queste aziende, nel 2011, ci sono state 1.664 nuove assunzioni di cui il 43,1% ha riguardato donne, e 1.568 cessazioni. Occorre rilevare che oltre la metà delle cessazioni è dovuta alla scadenza dei contratti a termine: 899 scadenze di contratto di cui il 61,6% di lavoratrici.

 

RETRIBUZIONI – La retribuzione media lorda annua di questi lavoratori è di 24.265 euro, ma se la retribuzione media di un uomo è di 26.800 euro, quella di una donna è di soli 18.900 euro: quindi le lavoratrici percepiscono in media 8.000 euro in meno rispetto agli uomini. Le differenze retributive possono essere condizionate da un maggior ricorso per le donne al part time, anche se spesso si tratta di par time involontario, e ai contratti a termine. Anche il ricorso alla CIG, che interessa un’azienda su cinque, condiziona i livelli retributivo esaminati. In ogni caso, si osservano diseguaglianze particolarmente significative.

Tra gli operai, le differenze retributive tra donne e uomini variano da -1.200 euro per le operaie metalmeccaniche di 3° livello a -3.400 per le operaie specializzate di 4° livello. Nell’abbigliamento-calzaturiero, a prevalente occupazione femminile, le operaie di 4° livello percepiscono 3.200 euro meno dei colleghi maschi, mentre nel mobile le differenze vanno da 1.100 euro per le operaie al livello AE3 a -3.200 euro per le operaie al livello AS2.

Differenze ancora più marcate tra gli impiegati: nel settore chimico-plastica le impiegate sono inquadrate soprattutto al 5° livello e percepiscono 3.700 euro meno dei colleghi di pari livello. Nell’abbigliamento le differenze arrivano a -3.900 euro per le impiegate di 5° livello.

 

ASSUNZIONI E PROMOZIONI – Nelle aziende prese in esame, ci sono state 1.664 assunzioni di cui il 40,4% ha riguardato donne: 374 impiegate, 285 operaie, 3 quadri e 3dirigenti. Le promozioni sono state 582 ma la quota di uomini a cui è stato riconosciuto un passaggio di livello è quasi il doppio di quella delle lavoratrici.

 

TEMPI DI VITA E DI LAVORO – Risultano usufruire di aspettative e congedi 327 lavoratori e lavoratrici di cui 171 donne in maternità e solo 2 uomini in congedo parentale: è chiaro dunque che il peso delle responsabilità familiari è prevalentemente a carico delle donne.

 

CONCLUSIONI“Sono evidenti le criticità e le situazioni di svantaggio per le donne – dichiara Daniela Barbaresi, Segretaria regionale della CGIL Marche – “le donne hanno infatti qualifiche generalmente inferiori a quelle degli uomini, un fenomeno particolarmente accentuato nel mercato del lavoro italiano”. Inoltre, “le differenze retributive tra uomini e donne sono ancora consistenti nonostante la crisi abbia ridimensionato il ricorso allo straordinario e il peso del salario accessorio spesso commisurate al tempo lavorato che penalizzava le donne”. Dunque, “siamo di fronte ad un sistema produttivo che non valorizza le competenze espresse dal lavoro femminile, un sistema con troppi elementi di arretratezza che vanno rimossi”.