Come se questo non bastasse, e senza che fosse previsto dalla stessa riforma, il Ministro inoltre ha imposto un’ interpretazione normativa infondata e restrittiva che ha soppresso il diritto ad andare in pensione con un minimo di 15 anni di contributi per coloro che, in genere donne, li avevano maturati prima della riforma del ’92, portando a 20 anni il requisito minimo.
Il provvedimento è risultato veramente persecutorio nei confronti del genere femminile e delle situazioni lavorative più fragili (donne che hanno interrotto il lavoro, persone con carriere fortemente discontinue, lavoratori e lavoratrici domestiche e dell’agricoltura), con l’aggravante che le nuove disposizioni hanno riguardato anche chi ha raggiunto il minimo contributivo con versamenti volontari.
L’effetto di tale provvedimento è quello di far perdere i 15 anni di contributi versati o di richiedere, inutilmente, a persone prive di mezzi, un ulteriore versamento di contributi volontari pari a 5 anni.
Questa grave ingiustizia ha fatto scattare la mobilitazione dei sindacati pensionati e in particolare dei Coordinamenti donne dello Spi, che hanno raccolto decine di migliaia di firme per rivendicare il mantenimento del diritto soppresso.
Ora abbiamo vinto, la mobilitazione ha pagato, il Ministro ha autorizzato una circolare dell’Inps che ripristina la disposizione prima negata.
Nell’esprimere grande soddisfazione per il risultato raggiunto, vogliamo ringraziare e le decine di migliaia di persone, soprattutto donne che, firmando la petizione sindacale, hanno confidato nel nostro impegno e nella nostra mobilitazione e tutti i compagni e le compagne che hanno lottato per questo successo.