Ermanno è un disoccupato di Roma che ha nostalgia dei mille e duecento euro che guadagnava all’inizio della crisi. Ha perduto il lavoro di impiegato tre anni fa. Non potendo tornare a casa dai genitori, in Sardegna,anche essi al limite della sussistenza, vive in una stanza in affitto finchè gli rimane qualcosa per pagarla. Frequenta la mensa per i poveri della parrocchia ed indossa i vestiti che il parroco gli regala. Dimitris Pavlopulos vive ad Atene ha una pensione di 550 euro al mese che ora,dopo l’approvazione di tagli approvati domenica dal parlamento ellenico, gli verrà ulteriormente decurtata e spende mensilmente 150 euro in medicine. Il taglio delle sovvenzioni per i farmaci lo obbliga a scegliere tra comprare un litro di latte ad 1,5 euro o una medicina per curare la sua malattia.
Sono queste le vittime della crisi, persone che appena cinque anni fa appartenevano alla classe media o medio bassa e che oggi sono i nuovi poveri. Devono scegliere tra un pasto caldo o il riscaldamento per la sopravvivenza ed il pagamento del mutuo. Negli ultimi sei mesi dello scorso anno sono state oltre cinquantamila le famiglie italiane che hanno sospeso, per motivi legati alla situazione lavorativa, il pagamento delle rate del mutuo per un valore di quasi cinque miliardi di euro. “Oggi sempre di più la povertà si associa alla normalità – dice un impiegato della Caritas – i volontari di ieri sono gli assistiti di oggi”. Secondo le cifre dell’Unione Europea nei 27 Stati membri nel 2009 c’erano 115 milioni di persone a rischio povertà ed esclusione sociale pari al 23,1 per cento della popolazione del vecchio continente. Nel 2007 a rischiare la povertà erano appena 85 milioni. Nella lista dei nuovi poveri non ci sono solo cittadini greci, spagnoli, irlandesi, italiani, portoghesi, ma anche tedeschi francesi ed austriaci. La dinamica dell’impoverimento è ben delineata: all’indebitamento familiare si aggiunge la crisi di Stati un tempo prodighi di sussidi,dove improvvisamente scompaiono milioni di posti di lavoro, come nel settore dell’edilizia in Spagna. Il tasso di povertà è cresciuto in Europa specialmente tra i bambini dove uno su quattro vive nell’indigenza. Anziani, donne ed immigrati sono i gruppi più colpiti. Hanno difficoltà ad arrivare alla fine del mese e spesso non possono godere di alcun aiuto da parte dello stato. Sono individui tra i 30 ed i 45 anni con e senza famiglia a carico, senza sussidi perché non hanno una minima forma di introito. E’ innegabile che la crisi ha colpito un segmento di persone che fino al 2007 non aveva problemi a soddisfare le necessità di base. Nei nuovi stati della Ue la zavorra principale è il deficit strutturale ereditario. Molti sono gli stati ex comunisti riconvertiti in fretta e furia come la Lettonia ove il 37,4 per cento della popolazione è a rischio povertà, nella stessa condizione si trovano la Lituania, l’Ungheria,la Bulgaria e la Romania. Il 2010, Anno europeo della lotta alla povertà ed all’esclusione sociale è trascorso nell’indifferenza generale. La crisi ha anche accantonato ciò che di buono c’era nel trattato di Lisbona riguardo “lo sradicamento della povertà”. L’obiettivo principale della Strategia 2020, ridurre a 20 milioni il numero dei poveri in Europa,rischia di trasformarsi in carta straccia.