'Noi non ci stiamo', assemblea nazionale del sindacato conflittuale

'Noi non ci stiamo', assemblea nazionale del sindacato conflittuale

E' crisi sistemica del capitalismo mondiale, qualunque riforma non ci farà uscire da questa situazione

 

Quella che ci si prospetta oggi è una vera e propria guerra finanziaria, che attraverso la gestione dei debiti sovrani devasta le economie reali, ridefinisce relazioni e rapporti tra i paesi europei, opprime i popoli privandoli dell'accesso alla ricchezza sociale prodotta.
Il Governo Monti è la rappresentazione diretta dei poteri forti internazionali.
Il nostro paese passa dal precedente commissariamento da parte della Troika - BCE, Commissione Europea, FMI - alla colonizzazione da parte dei tecnocrati del potere finanziario mondiale.
Tutto ciò sta producendo una nuova forma stato, con la marginalizzazione della politica e una gestione autoritaria della cosa pubblica.
Questo governo si rappresenta con l'aggregazione dei poteri forti nazionali - banche, università manageriali, chiesa e confindustria - asserviti al potere finanziario internazionale rappresentato dallo stesso Monti.
La manovra preannunciata, al di là dell'ormai ridicolo ritornello “rigore, equità e crescita”, si concretizza attraverso una violenta manovra recessiva che agisce profondamente nel tessuto sociale ed economico.
I tagli annunciati determineranno la cancellazione dei servizi essenziali: trasporti, sanità, scuola, tanto per citarne alcuni.
Nessuna patrimoniale vera, mentre si continuano a saccheggiare i redditi dei soliti noti e le rendite continuano ad essere tassate in maniera ridicola.
Le pensioni sono l'elemento centrale della lotta ai cosiddetti privilegi, individuati come la causa della mancata crescita; in realtà si tratta del tentativo di mettere le mani sulle risorse del sistema previdenziale pubblico per recuperare profitti attraverso l'allungamento senza fine dell'età pensionabile e l'introduzione dei fondi privati come unica prospettiva per le nuove generazioni.
La precarizzazione del mondo del lavoro si estende e diventa precarietà sociale diffusa; il reddito sociale minimo prospettato dalla Fornero, diventa la riedizione delle tessere di povertà.
Il conflitto sociale è l'unico ostacolo reale all'intero progetto. Non basta la totale subordinazione dei sindacati concertativi a garantire la pace sociale e i processi di destrutturazione.
In questo senso va inquadrato l'accordo del 28 giugno, che ha visto la Cgil rientrare nel gioco della “codeterminazione”, come dichiarato dalla Camusso, e definito “lubrificante” dell'art. 8 dalla Marcegaglia, ultimo omaggio del passato governo a Marchionne.
Questo accordo non prevede solo la cancellazione del CCNNL ma l’ulteriore tentativo di spazzar via qualunque forma, anche minima, di partecipazione democratica dei lavoratori. Così come con l'inasprimento della legge 146, attraverso la regolamentazione restrittiva e ossessiva del diritto di sciopero, si tenta di cancellare di fatto la possibilità del conflitto.
Il ruolo dei sindacati indipendenti diventa l'unica possibilità di dare corpo e voce all'opposizione sociale attraverso una forte soggettività.
I processi unitari devono essere velocizzati e dotati di progetti concreti così come la conflittualità diffusa deve diventare punto di aggregazione dell'opposizione sociale, consci della necessità di costruire le più ampie alleanze con tutti quei soggetti sociali che nel nostro paese si battono per la difesa dei beni comuni, dell’ambiente, la scuola pubblica, contro tutte le privatizzazioni, per i diritti dei migranti.
Riteniamo indispensabile pertanto costruire un percorso comune per affrontare questa fase, sia lavorando alla preparazione dello sciopero generale, sia mobilitandoci nei territori per aprire un ciclo di lotte nel Paese che ridefinisca il ruolo centrale del lavoro e dei lavoratori.

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