Il messaggio era che coloro che in passato avevano avuto un contratto a termine, lavoro interinale o somministrato, lavoro a progetto o altre forme di cosiddetto "precariato", avrebbero potuto essere reintegrati e/o risarciti chiedendo alla magistratura la trasformazione del rapporto di lavoro nella forma a tempo indeterminato, nel caso in cui il contratto a termine avesse presentato illegittimità formali o sostanziali.
Quanti hanno preso il “biglietto vincente”?
Crediamo che in tanti si siano chiesti se sia corretto venir meno all'impegno assunto di fornire per un tempo limitato la propria prestazione a una azienda pretendendo, sulla base di vizi formali, il rapporto a tempo indeterminato.
Altri si saranno chiesti se sia ragionevole ritenere che in forza di una sentenza si possa creare occupazione là dove non ne esiste la necessità.
Ma oltre a questo, ciò che tutti dobbiamo chiederci è se possiamo permetterci il lusso di dare della nostra provincia l’immagine di terra inospitale e ineducata nei confronti di chi in essa esercita attività d'impresa.
Sta di fatto che il dilagare dei ricorsi seriali auspicato da alcuni non si è globalmente verificato, anche se in alcune aziende il numero dei ricorsi è decisamente impressionante, con picchi che sfiorano il 30% del personale occupato.
Rischiamo, dunque, che queste aziende, che essendo internazionalizzate hanno una maggiore facilità a rilocalizzarsi altrove, decidano di abbandonare definitivamente una comunità eticamente “in aleatorio vagabondaggio” come descrive De Rita la società italiana nell'ultimo rapporto Censis.
Certo, pur considerando le attuali difficoltà a trovare lavoro, e dal punto di vista delle imprese ad offrirlo, risulta difficile attribuire un giudizio benevolo per un mal interpretato senso di solidarietà a chi tenta di forzare la mano all'impresa costringendola ad assumere lavoratori di cui non ha bisogno.
Nonostante tutto, siamo convinti che la nostra non sia una comunità territoriale nella quale la tensione etica si è completamente allentata e si sia perso di vista quel rigore morale volto alla realizzazione di ognuno in virtù del merito e non del ricorso a scorciatoie.
Deve essere così, e auspichiamo che sia così, se vogliano dare realmente speranza ai giovani e a chi intende continuare a fare attività di impresa nella nostra provincia. Questo vuol dire perseguire il bene comune e tutelare gli interessi generali della nostra comunità».