Secondo il prof. Li Daokui la bolla speculativa cresciuta negli ultimi anni potrebbe esplodere con il rischio di provocare seri disordini sociali. I prezzi della case residenziali a Pechino dal giugno del 2005 sono aumentati di oltre il 60%. Un’ascesa continua dovuta all’effetto Olimpiadi che aveva contribuito tra il 2008 ed il 2009 a gonfiare il mercato immobiliare della capitale.
Ad aprile 2010 il prezzo medio al mq è arrivato a 637 dollari USA, valore elevatissimo per un paese in via di sviluppo con oltre 800 milioni di persone che vivono nelle campagne. Il boom immobiliare è dovuto ad una crescente domanda abitativa da soddisfare, per l’impetuosa urbanizzazione del paese.
Milioni di contadini lasciano le campagne in cerca di paghe più alte così i residenti a Pechino sono passati da 12 milioni del 1999 ad oltre 17 milioni nel 2009. In Cina i proventi per l’allocazione ad uso abitativo della terra costituiscono una fonte di entrata importante per le amministrazioni locali.In questo immenso paese la terra è di proprietà pubblica e viene concessa “in affitto” per un tempo massimo di cinquanta anni per i siti produttivi e commerciali e di settanta anni per la costruzione di edifici residenziali.
Un istituto di ricerca cinese sul settore immobiliare, ha rilevato che nel 2009 le entrate di cessione dei diritti di uso della terra nelle settanta principali città cinesi ammontavano a 1,08 trilioni di yuan, quasi 158 miliardi di dollari,in aumento del 140% rispetto al 2008.
Nella sola città di Shanghai nel 2010 la municipalità prevede di incassare 90 miliardi di yuan in crescita del 33% rispetto al 2009. Per porre un freno al boom immobiliare che rischia di innescare una speculazione diffusa,il governo ha annunciato ad aprile scorso una serie di misure restrittive al credito. Per l’acquisto delle seconde case il deposito obbligatorio è stato portato dal 40 al 50% del valore dell’immobile ed anche il tasso di interesse sui mutui è stato innalzato. L’acconto minimo per l’acquisto della prima casa, se più estesa di 90 mq, è stato fissato al 30%.
Il timore del governo cinese è che i prezzi fuori controllo alimentino la frustrazione dei “nuovi poveri” delle città che hanno abbandonato le campagne in vista di un avvenire migliore ma non possono permettersi di acquistare una casa.
Il recente intervento governativo volto a raffreddare il mercato rientra nel tentativo di spostare l’economia cinese dalle esportazioni e dall’investimento ad alta intensità di capitale, ai consumi interni.
Ma spezzare l’intreccio clientelare tra affari e politica che ha avuto nella speculazione immobiliare la sua manifestazione più alta, non è per nulla facile in quanto oltre un terzo dei miliardari cinesi ha interessi nel settore immobiliare in grandi città come Pechino, Hangzou, Shanghai, Shenzhen e questi nuovi ricchi godono spesso di influenti amicizie politiche.
E proprio di tassi di cambio e valuta cinese si parlerà al G20 in Canada senza però scendere al livello di puntare il dito contro Pechino, in quanto proprio ieri la Banca centrale cinese ha annunciato la riforma del tasso di cambio dello yuan. ”E’ un’ottima notizia – ha detto Dominique-Strauss Kahn del Fondo monetario internazionale - in quanto da una parte di riduce la competitività dei prodotti cinesi e dall’altra la Cina avrebbe maggiore potere d’acquisto per importare macchinari e tecnologie dall’Europa”.