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Piceno, urgente una terapia d'urto condita da idee
Bene gli studi, ma ora scegliamoci noi le imprese che devono insediarsi qui
Si sarebbe ottenuto un ultrafiltrato di contributi dai due eventi, quello organizzato dal Cup (Consorzio universitario piceno) sul “Valore delle idee” e l'altro svoltosi presso Confindustria con la presentazione dello studio “La competitività territoriale – Il governo dei fattori-chiave nel Piceno” (studio che prometto di leggere in un fiato e di ricavarne una riflessione). Al capezzale del Piceno devastato dalla crisi è il caso di dire che si sono così rincorse linee guida di “medicina alternativa” e di “medicina ufficiale”.
E alla medicina cosiddetta alternativa va detto che riconosco un grande merito, quello dell'innovazione che deve necessariamente coniugarsi al metodo scientifico più pragmatico che connota la medicina ufficiale.
Le linee guida però servono di norma per prescrivere cure con farmaci utili a far alzare il paziente dal letto e avviarlo alla guarigione.
La patologia diagnosticata da economisti, managers, imprenditori e politici è rimasta ai blocchi di partenza per la parte della medicina ufficiale: nel Piceno mancano attrattività e competitività, un lavoratore ascolano produce 11 mila euro in meno di un lavoratore italiano medio e se per attrattività il Piceno è situato al 52° posto in classifica, secondo uno studio di Confindustria, è relegato al 74° posto come produttività.
C'è poca scolarizzazione dove c'è maggiore industrializzazione, come nel “comprensorio del Tronto”, un fatto che ci penalizza per il futuro, ulteriormente, se non si porranno rimedi.
Avevo posto una critica nel corso delle presentazione dello studio commissionato dalla Fondazione Carisap e da Confindustria all'università Politecnica delle Marche: prima di oggi oltre dieci anni di chiacchiere senza approdare ad un risultato minimo per invertire la picchiata socioeconomica del territorio.
Luciano Vizioli, direttore di Confindustria, dice che stavolta c'è un metodo diverso, un “cruscotto” che monitorerà diverse variabili per non farsi sorprendere da imprevisti. Si vedrà. Forse siamo all'anno zero (devo leggere con attenzione, come dicevo). Intanto per il passato diagnosi su diagnosi senza infilzare una siringa nei glutei flaccidi di questo territorio.
Nessun ricostituente miscelato per renderlo tonico: ammortizzare, ammortizzare, ammortizzare. Vi rendete conto che c'è una radice “morte” in questa voce che vuol dire mantenere in coma farmacologico il Piceno malato?
Bene, allora prima di proseguire nell'indagine chimica dell'ultrafiltrato di idee, nel dibattito voglio lanciare un'idea progetto, una fatto concreto che risponda ad una richiesta di una possibile soluzione oggi e subito per aumentare attrattività e competitività del Piceno: Scegliamoci noi le aziende che investono qui.
Non è farina del mio sacco. E' nata da uno stimolo posto ad un imprenditore del quale per il momento non faccio il nome. Questa in sintesi la scommessa: creare un fondo d'investimento pubblico che veda la partecipazione della pubblica amministrazione (Regione, Provincia, Comuni), che risponda ad una prima necessità delle imprese: l'accesso agevolato al credito. No, non si tratta del fondo di garanzia, come alcuni staranno già pensando. La possibilità di attingere alle risorse del fondo d'investimento pubblico per un'impresa è data dal riuscire ad entrare in una graduatoria dopo aver superato i requisiti posti da un bando pubblico per attrarre imprese (si risponde così all'altra patologia: l'attrattività). Nel bando saranno fissati i settori innovativi sui quali l'impresa deve puntare. L'imprenditore dovrà garantire in cinque anni, cioè a regime, la creazione di un preciso numero di posti lavoro con risorse umane locali. Non dovrà intaccare il capitale sociale dell'impresa che resta a garanzia dei lavoratori. Un paradigma molto succinto per il momento sul quale si può operare al meglio in futuro. Intanto però c'è una base di partenza che potrebbe dare risposta ad una chiave di lettura sulla quale il professor Alberto Niccoli della Politecnica delle Marche ha puntato molto per cercare soluzioni efficaci alla ripresa: la fiducia. Insomma si tratterebbe di un piccolo germe, se si vuole, che potrebbe pilotare un trend. E per tornare al valore delle idee mi solletica molto il preside di Economia della Politecnica delle Marche, Gianluca Gregori, che provoca il mondo creditizio con concetto “marziano” per le banche: lasciare da parte il Pil come indice, o il Roe (Il R.O.E. non è altro che il rapporto tra il reddito netto conseguito nel corso dell’esercizio e il valore del capitale proprio impiegato in media nel corso dello stesso esercizio), per valutare un'impresa, valutiamo il suo capitale intangibile cioè quello che farà, il suo capitale umano, quello relazionale, una strategia pianificata, il capitale organizzativo.
Insomma dal Roe al capitale intellettuale. Si, è davvero marziano perché da qui a dire banca finanziami l'idea senza garantirti con un immobile di mia proprietà significa camminare sulle acque, allo stato attuale. Sta acchiappando per la coda la fiducia che un suo collega, Niccoli, sparge a piene pani sui partecipanti della Sala degli Specchi.
Quella fiducia che dovrebbe puntare sugli “spin off”, quelle costole dell'università che dagli Atenei succhiano idee e ricerca per farne carne da azienda, corpi costituiti da studio e business per produrre finalmente in settori non “maturi”, quelli cioè che tengono il Piceno e l'Italia fuori dalla competizione. Su questi temi tornerò in questi giorni perché è lungi dall'essere conclusa la riflessione sul valore delle idee. Spero nei vostri contributi.