L'ex presidente della Provincia Massimo Rossi lancia una nuova sfida
Ieri sera nel chiostro di S. Francesco l'imprimatur al “laboratorio” su lavoro e occupazione è arrivato dalla presenza del segretario regionale del Prc Marco Savelli e del capogruppo in Regione Giuliano Brandoni. L'annuncio, di quella che pare una rivoluzione nella gestione della crisi industriale, nell'intervento di Massimo Rossi durante la tavola rotonda sulla crisi del Piceno. «Con i soldi pubblici si finanziano le banche – dice Massimo Rossi - Perché non si dovrebbe pensare ad una via d'uscita alla grave crisi del territorio con strumenti finanziari pubblici? Ci vogliono forza e coraggio per scelte di questo tipo».
Ecco, il sasso è piombato nello stagno. E si capisce subito che urlata così, a poche ore di distanza dalla doccia fredda romana sui lavoratori della Manuli con la riconferma dei licenziamenti, si tratta di una soluzione che sta emergendo da studi approfonditi e in via di definizione.
Nessuno scherza in questa atmosfera. Niente conigli dal cilindro. Viene da pensare a meccanismi regionali al di là dei soliti e fisiologici ammortizzatori sociali. Rossi non fornisce ulteriori particolari, ma pare di capire che è soltanto questione di qualche giorno perché sul tavolo sindacale e politico arrivi un progetto praticabile.
Il nuovo scenario d'intervento sulle fabbriche in chiusura nel Piceno arriva subito dopo l'intervento di Enzo Impiccini, lavoratore della cartiera Ahlstrom, che nel dibattito spinge a trarre esempio dalla vicenda della chiusura della sua fabbrica, quando aveva lanciato al sindacato l'ipotesi di autogestione vista la professionalità dei suoi compagni di lavoro ma tutti hanno atteso invano salvatori cinesi.
Rifondazione Comunista sta pensando dunque a rilevare le aziende in chiusura con risorse pubbliche? Ieri sera c'era questa forte percezione anche se in una cornice precisa: una lotta dura che veda coesi cittadini, istituzioni e operai e metta con le spalle al muro gli imprenditori che vogliono lasciare il Piceno. E' l'esempio sollevato da Claudio Stipa, ex Rsu della Sgl Carbon, che ricorda la vittoria di una città intera, Terni, quando la “ThyssenKrupp” voleva licenziare.
«Occorre far capire alla Manuli che c'è coesione – dice Massimo Rossi – che conosciamo, perché si possono leggere dai loro bilanci, a cosa servono i licenziamenti e le delocalizzazioni, forse a coprire le perdite dovute a speculazioni finanziarie del fondo d'investimento “Hedge Invest”, della famiglia Manuli. Si legge di movimenti di danaro in uscita che producono un utile che da 20 milioni di euro scende a 500 mila euro». E spesso per Rossi le delocalizzazioni di aziende produttive come la Manuli di Ascoli, magari gestite in modo sbagliato, sono frutto di scelte speculative e ideologiche.