Crisi del Piceno, mobilità per 2119 lavoratori nel 2008

Crisi del Piceno, mobilità per 2119 lavoratori nel 2008

Mandozzi: «Imprenditori, fate quadrato e rilevate le aziende in crisi»

servizio Politiche attive del lavoro Matilde Menicozzi, alla direttrice del centro per l’impiego di Ascoli Piceno Maria Di Santi e al funzionario della commissione lavori provinciale Antonello Antonini ha illustrato dati che non negano il momento negativo.  Se nel 2005 si poteva ipotizzare una difficoltà limitata al solo Piceno, oggi la crisi è regionale e nazionale tanto che l’altro ieri la Commissione europea ha certificato l’entrata dell’Italia in una fase di recessione tecnica che si chiuderà nel 2010 con una crescita zero.
Questi dati sono confermati anche dalla commissione provinciale per il lavoro: nel 2005 erano ben 2552 i lavoratori messi in mobilità, scesi poi sia nel 2006 sia nel 2007, rispettivamente a 1919 e a 1743 unità. Nel 2008, secondo i rilevamenti dello scorso 30 ottobre scorso, siamo già arrivati a 2119 e l’anno deve ancora finire.
Il settore Politiche del Lavoro ha risposto mettendo in campo azioni che hanno inciso profondamente, avviando una scia positiva nel 2005, di cui ancora si sentono i benefici, che si è comunque dovuta scontrare con la recente crisi della Ahlstrom (che concluderà la fase di chiusura a gennaio 2009 mettendo in mobilità altre 150 persone) e con quella della Novico, della Foodinvest, della Agos, della Ocma, della Roland e non ultima della Telecom che ieri ha licenziato 5.000 persone in Italia, di cui 22 impiegate nella nostra provincia.
Sono dati preoccupanti che rientrano comunque in una dinamica regionale e nazionale. Basti pensare che Ancona, da sempre la provincia con meno disoccupazione, si ritrova oggi con 3.000 unità in mobilità provenienti dalla Merloni oltre ai 1.500 già presenti.
“Di fronte a queste situazioni, ci viene spesso richiesto di intervenire – ha commentato l’assessore Mandozzi - La Provincia non ha però la funzione di riaprire le fabbriche o di assumere le persone ma di facilitare percorsi di creazione di posti di lavoro e di dare supporto e risposte. L’appello è agli imprenditori locali: è necessario fare quadrato e contribuire a rilevare aziende in crisi attraverso piani concreti e lungimiranti in grado di garantire il posto di lavoro. Alla crisi strutturale non dobbiamo affiancare solo la denuncia della situazione, noi dobbiamo far ripartire lo sviluppo, affiancare alle difficoltà la ripartenza dell’economia anche attraverso infrastrutture come la Mezzina”.
Matilde Menicozzi ha poi illustrato quali sono le azioni messe in campo per “contenere e ridurre il danno”: innanzitutto le work experience per laureati e diplomati partite nella prima metà dell’anno e quelle destinate a chi vuole lavorare negli enti locali e negli studi professionali il cui bando è tuttora aperto. Da qui a dicembre saranno quasi 2.000 le persone al lavoro con un investimento di circa 18 milioni di euro. C’è poi il progetto PARI (promosso insieme al Ministero del Lavoro e alla Regione) che destina 5.000 euro agli imprenditori che assumono a tempo indeterminato lavoratori appartenenti alle categorie svantaggiate (tra cui lavoratori in mobilità da almeno un anno, disoccupati di lunga durata, ultracinquantenni disoccupati, ex detenuti, disabili, vittime di tratta, tossicodipendenti, alcolisti, minori in situazioni di difficoltà). Lo stesso progetto nella precedente edizione ha dato lavoro a ben 159 persone e ha inserito 232 lavoratori in corsi di formazione breve per la riqualificazione rapida e quest’anno ci sono risorse sufficienti per 119 contributi a fondo perduto. Infine dal primo novembre sono partite le 217 borse lavoro da 10 mesi per alcune categorie svantaggiate (disabili o ultra 50enni espulsi dal mondo del lavoro) e, vista la risposta, è già in preparazione un nuovo bando. “Sono sempre a disposizione i nostri centri per l’impiego – ha ricordato Matilde Menicozzi – dove lavorano persone di grande volontà e disponibilità in grado anche di dare ottimi consigli che spesso bastano a rimettere in moto alcune situazioni bloccate”.
A ciò si aggiunge la possibilità offerta dal cosiddetto apprendistato professionalizzante che, come ha spiegato Antonello Antonini “consente l’utilizzo dell’apprendistato fino ai 30 anni non compiuti e può durare fino a 6 anni, consentendo un enorme sgravio contributivo alle aziende che poi possono effettuare le trasformazioni a tempo indeterminato”.